Il-cinema-che-no- c’è-più

Seconda tappa del viaggio di Varesefocus nelle sale di proiezione del territorio. Questa volta le porte si aprono (macchina fotografica al collo) su quegli spazi chiusi ormai da anni. Tra degrado, ricordi e progetti di rinascita

La parola “cinema” deriva dal greco antico κiνημα: movimento, quello stesso che viene generato da quei 24 fotogrammi al secondo, che vengono proiettati in rapida successione durante la riproduzione di un film. Il primo esperimento di questo genere lo si deve ai fratelli Lumiere, che il 18 dicembre del 1895 fecero la loro prima proiezione in un caffè di Parigi, per poi replicare l’esperienza in Italia l’anno successivo, a Roma e poi a Milano. L’entusiasmo per questa scoperta fece sì che nel giro di pochi anni si moltiplicassero le sale cinematografiche, come anche le produzioni di film italiani, che avevano a quei tempi un carattere prettamente storico. Un esempio: “La presa di Roma” del 1905, primo film a soggetto di Filoteo Alberini. Da allora film e sale cinematografiche crebbero in modo esponenziale fino agli anni ‘50, quando con la nascita della televisione ci fu una prima battuta d’arresto. Le sale in quegli anni avevano raggiunto il considerevole numero di 10mila. Seppure con una diminuzione di ingressi, la situazione rimase più o meno stabile fino al 1975, quando divenne attuativa la legge che proibiva il fumo nelle sale, con conseguente calo degli spettatori. Come se non bastasse, anche la mancanza di vincitori di premi Oscar del cinema italiano, determinò una discesa inesorabile, che trovò il suo culmine negli anni ‘90, quando il numero di sale rasentò la soglia di 3.000, con un numero pro capite di ingressi pari a 2, mentre nel 1936 aveva raggiunto il suo apice di 16. A partire dagli anni ‘90 la situazione cominciò a migliorare e nell’ultimo censimento del 2019, le sale in Italia erano cresciute a 3.542, in 1.218 cinema.

Ma che ne è stato di tutti quegli spazi che hanno chiuso i battenti? Varesefocus ha provato a fare un’indagine sui principali cinema di Varese, Gallarate e Busto Arsizio. Partendo proprio da quest’ultima: i cinema “Rivoli” e “Pozzi” sono diventati dei condomini, il “Castelli” è stato occupato dalla libreria Boragno, il “Nuovo Mignon” è diventato un centro di accoglienza per migranti, “L’Oscar”, che doveva prima essere trasformato in un centro commerciale poi in un centro benessere, è lì inagibile, in attesa di eventi. Per quanto riguarda Gallarate: quello che una volta era il cinema “Condominio” è diventato un teatro, il cinema “Impero” l’Agenzia delle Entrate. E dei nostri cinema varesini cosa ne è stato? Lo storico “Lyceum”, dopo essere stato sede del quotidiano “La Provincia di Varese”, oggi è un bar che porta il suo nome. Il cinema “Rivoli” è stato acquisito dal comune di Varese, che ne ha fatto un centro conferenze. Il cinema “Arca” è diventato una sala Bingo, il “Centrale” un negozio. Ne rimangono ancora 3 in attesa del loro destino e grazie alla disponibilità dei loro proprietari abbiamo potuto visitarli.

Il primo cinema in cui ci rechiamo è il “Vela”: inaugurato nel 1966, è stato chiuso nel 2008. Stupisce il suo ottimo stato di conservazione, si ha quasi l’impressione che la saracinesca sia stata abbassata solamente ieri

Il primo in cui ci rechiamo è il cinema “Vela”. Inaugurato nel 1966, è stato chiuso nel 2008. Stupisce il suo ottimo stato di conservazione, si ha quasi l’impressione che la saracinesca sia stata abbassata solamente ieri. A Paola Furega, nipote del proprietario, chiediamo se hanno qualche progetto per riqualificarlo: “Al momento non ci sono proposte di alcun tipo, ma non ci dispiacerebbe potesse essere considerato come alternativa per il nuovo Teatro di Varese: l’acustica è ottima, è di facile accessibilità e ha anche un parcheggio a disposizione”. Da qui ci spostiamo al cinema “Politeama”. Pensato come alternativa al Teatro Sociale, il “Politeama” è stato progettato a fine ‘800 per ospitare sia spettacoli di strada, che come sala da ballo. Purtroppo, la sua versione originaria è andata distrutta nel 1966, a causa di un grande incendio causato da un mozzicone di sigaretta. In origine aveva un cupolone altissimo dalla forma circolare, con all’interno oltre alla sala da ballo, una sala bar, un giardino e due sale di riserva dove organizzare conferenze ed esposizioni. La capacità del locale era di ben 2.000 persone. La versione di oggi, di proprietà della Fondazione Molina, è una ricostruzione in chiave più moderna datata 1969.

Ad accompagnarci nella visita, il responsabile dell’ufficio tecnico del Molina, che oltre alla visione della struttura, vuole mostrarci una curiosità. Al piano inferiore troviamo in una stanza grandi lettere di varie dimensioni, utilizzate per presentare i titoli dei film. La chiusura definitiva del “Politeama” avviene nel 2008. È stato poi sporadicamente affittato per presentazioni e conferenze. Per le sue caratteristiche e la sua posizione dovrebbe essere proprio lui il più papabile come sede del nuovo Teatro di Varese.

Il “Gran Cinema Vittoria” aprì i battenti il 17 luglio del 1917. Il cinema allora era muto e i fil venivano accompagnati dalla musica di un pianista. Con il passaggio al sonoro, nella sala nacquero dei seri problemi di acustica

L’ultimo cinema che andiamo a visitare è anche il più affascinante: il “Gran Cinema Vittoria”, la cui costruzione risale al periodo bellico. Ci fa da cicerone Renato Casnati, che oltre ad avervi lavorato in prima persona è anche imparentato con chi lo ha fatto costruire. Non senza un filo di commozione ce ne racconta un po’ la storia. “Il cognato di mio nonno, uomo molto facoltoso, ritornato da Parigi, aveva visto che in Francia il cinema stava spopolando; così propose a mio nonno a titolo di investimento, di finanziarlo nella costruzione di un cinema, a patto che lo avesse gestito in prima persona. Il cinema si sarebbe chiamato: ‘Gran Cinema Vittoria’”. Detto fatto, il cinema aprì i battenti il 17 luglio del 1917. Il cinema allora era muto e i film venivano accompagnati dalla musica di un pianista. Con il passaggio al sonoro, nella sala nacquero dei seri problemi di acustica. “Mia nonna, donna piena di iniziativa, cercò di porvi rimedio e appese delle reti da pesca alle pareti con il compito di attutirne il suono. Che funzionassero o meno questo non l’ho mai saputo”, precisa Casnati.

Il cinema chiuderà i battenti nel luglio del 2006, due giorni prima dell’anniversario della sua inaugurazione. Cominciamo la visita al suo interno. Parte delle poltrone sono già state rimosse, ma alzando gli occhi verso l’alto, si rimane estasiati dalla bellezza delle decorazioni sul soffitto e dai suoi fregi. “Allora Casnati, che fine farà questa meraviglia? Non le si stringe il cuore a volerla vendere?” “Non me ne parli, ma ormai non ha più senso tenerlo. Siamo stati lì lì per venderlo per ben due volte; la prima avevamo già il contratto firmato, poi l’acquirente si è ritirato all’ultimo momento. La seconda invece era una proposta senza consistenza, per cui abbiamo lasciato perdere”.

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