Nessuno si accorgerà della differenza, ma molti costumi che quest’estate vedremo sfoggiati sulle nostre spiagge hanno reso possibile ripulire il mare. La fantasia diventa realtà grazie al nuovo progetto di Yamamay, che, con il coinvolgimento di tutta una filiera varesina industriale e grazie alle competenze di economia circolare ormai sviluppate sul territorio, apporta un contributo al contrasto dell’inquinamento delle acque da materiali plastici. Si chiama Edit, sta per Eco-Designed Innovative Textile: una Capsule Collection di costumi 100% riciclati e 100% riciclabili. Un’alternativa sostenibile per un acquisto di costumi da bagno più consapevole ed ecologico, oltre che una novità assoluta nel mercato del beachwear, che arriva dal mare.

Sarà colorato, confortevole e di tendenza. Nulla di diverso dagli altri se non nelle origini. Questa volta è green e arriva dalla plastica raccolta dal mare. È il costume della Capsule Collection Edit di Yamamay dedicata alla donna, che contribuisce alla salute degli oceani. Un passo  ulteriore verso la sostenibilità che il famoso marchio di biancheria intima ha voluto ideare al fianco della Tiba Tricot di Castellanza. Ancora una volta, un progetto aziendale che guarda all’ambiente, made in Varese.

Ebbene sì, è con la plastica raccolta dagli oceani che Yamamay vestirà le clienti per l’estate 2021. Il marchio, come spiega Barbara Cimmino, Corporate Social Responsibility Director dell’azienda, “vuole essere parte integrante della riduzione della pressione esercitata sugli oceani, dando il proprio contributo per la diminuzione di contaminanti e rifiuti marini, favorendo il mantenimento della biodiversità. È in questa ottica che Yamamay sviluppa i progetti all’interno delle collezioni raggiungendo risultati concreti; un esempio tra tutti: la collezione mare 2021, che presenta il 30% di incidenza di prodotti sostenibili ed innovativi sul totale della produzione”. Più concretamente, la bottiglietta che viene gettata in mare diventa la materia prima per Tide Ocean Sa, multinazionale svizzera con sede a Basilea. Qui il rifiuto diventa polimero che poi passa a Tiba Tricot, azienda di Castellanza, specializzata nella produzione di tessuti indemagliabili, che dai granelli di plastica crea il filato, per poi venderlo a Yamamay che dà vita al prodotto finito: un costume in tessuto di poliestere monomateriale e privo di elastan per garantire la riciclabilità e la circolarità totale a fine vita. Un esempio concreto di progetto circolare targato made in Varese. Un prodotto che, come afferma Giovanni Brugnoli, Amministratore Delegato di Tiba Tricot e Vicepresidente di Confindustria per il Capitale umano, “è figlio della sinergia tra realtà territoriali che si sono messe in dialogo creando un connubio del bello e del ben fatto. Il bello del progetto? Sono le quattro strade che si aprono a partire dal recupero della plastica dagli oceani”. L’eliminazione di materie inquinanti dalle acque, la valorizzazione degli scarti, la creazione di un prodotto ecosostenibile e la possibilità di rivalorizzare il prodotto portandolo in negozio alla fine del suo ciclo di vita. “Con questo progetto il know-how dell’industria varesina trasforma il problema dei rifiuti di plastica gettati nel mare in una produzione del tutto innovativa e sostenibile” sottolinea Brugnoli rivendicando il ruolo dell’impresa tessile quale cerniera tra sogno e realtà, tra aspirazioni green e un consumo più consapevole. Fabbricare prodotti realizzati con tessuti riciclati determina un minor impatto ambientale a 360 gradi: non solo una riduzione di scarti, ma anche meno consumo di acqua e di energia. E ad essere circolare, oltre al costume, è tutta l’attività di promozione e confezionamento: dal packaging fino alle vetrine dei negozi di Yamamay che metteranno in mostra la nuova collezione mare Edit. Sono un esempio il cartellino in carta riciclata, l’etichetta in 100% poliestere riciclato, il sacchetto in polipropilene 100% riciclabile con 50% di materiale di recupero, gli inchiostri e la colla ad acqua. Un progetto che ha raggiunto un livello di circolarità pari all’80%, di gran lunga superiore al dato medio nazionale sulle imprese italiane del 26%. Una misurazione del grado di economia circolare, calcolato da un checkup tool applicato dal team di Ergo Srl, spinoff dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, messo a punto dalla stessa scuola e dall’Istituto di economia e politica dell’energia e dell’ambiente dell’Università Bocconi di Milano e messo a disposizione di Yamamay grazie al tramite di un’altra realtà varesina: Univa Servizi, la società di servizi alle imprese dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese. “Si tratta di un software che valuta la performance complessiva del prodot to in termini di circolarità prendendo in considerazione le diverse fasi della catena del valore e che, grazie alla collaborazione avviata da tempo con Ergo anche nell’ambito di alcuni progetti europei in cui l’Unione Industriali è stata protagonista, siamo in grado di mettere a disposizione delle imprese varesine”, commenta Marco De Battista, Presidente di Univa Servizi.

   

“IL MERCATO CHIEDE CIRCOLARITÀ”

Lo scopo del cammino di sostenibilità di Yamamay è collegato alla volontà di innovare riducendo le risorse, nel rispetto del nostro posizionamento e target di stile. Questo è l’unico modo che ci consentirà di stare nel nuovo mercato e di scalare posizioni”. Esordisce così Barbara Cimmino, CSR Director di Yamamay.

Da dove parte l’impegno nella sostenibilità della vostra azienda?

Il nostro percorso in ambito sostenibilità è nato nel 2016 e si èformalizzato nel 2019 con il primo Bilancio di Sostenibilità pubblicato ad ottobre del 2020. Consideriamo sostenibile un’opportunità per affrontare il cambiamento culturale ed organizzativo in atto a livello globale. Di fatto abbiamo sempre avuto un’anima green a partire dalla nostra nascita nel 2001, le prime campagne fatte per l’ambiente risalgono all’anno 2008. Manteniamo una visione olistica della sostenibilità dove certamente il prodotto ed il packaging hanno ruoli importantissimi.

Come si traduce questa strategia nel prodotto?

Il progetto EDIT nasce dalla consapevolezza che solamente considerando tutti gli aspetti di costruzione del prodotto, secondo le logiche dell’Eco Design, sia possibile garantire la circolarità degli indumenti e quindi la riduzione degli impatti ambientali dell’industria fashion. Intimo e costumi da bagno hanno una grandissima difficoltà ad essere prodotti circolari perché, per garantire comfort e vestibilità, sono prodotti con tessuti che contengono sempre percentuali di elastan che vanno dal 10 al 20%. Utilizzare un unico polimero declinato poi in filatotessuto- accessorio, ha risolto a monte la sfida della completa circolarità, soprattutto ha creato le premesse per la costruzione di un programma di take-back dei costumi da bagno, da realizzarsi nel 2022.

Come è nato questo progetto?

Siamo partiti dai polimeri di poliestere riciclato e riciclabile di una multinazionale svizzera e poi abbiamo realizzato partnership di collaborazione per il tessuto e gli accessori in quanto la particolarità di questi polimeri è proprio quella di essere adatti sia ai filati che agli accessori. Il livello di circolarità è stato misurato con un checkup tool da Ergo, spinoff della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, perché in materia di riduzione degli impatti ambientali, nulla ha valore se non misurato.

Qual è lo scenario che si prospetta per Yamamay?

C’è la possibilità di evolvere l’intera produzione al “100% riciclato e 100% riciclabile”? La nostra idea è che Yamamay diventi un brand sempre più sostenibile. Restiamo però con i piedi per terra perché siamo retailer, oltre che produttori, ed è nostra intenzione mantenere una relazione di comunicazione green sempre trasparente e solida con i clienti. Raccontare di poter convertire tutta la produzione in materiali riciclati e riciclabili non è sostenibile e significherebbe perdere di vista la visione alta ed olistica che ci caratterizza.



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