Che cos’è il nucleare di nuova generazione?
Sistemi di sicurezza in grado di disattivare i reattori in caso di emergenza. Riduzione nella quantità di scorie radioattive prodotte
Sistemi di sicurezza in grado di disattivare i reattori in caso di emergenza. Riduzione nella quantità di scorie radioattive prodotte, con la possibilità, in alcuni casi, di poterle riutilizzare come combustibile. Maggiore quantità di energia generata con minor fabbisogno di materiali fissili. Ecco cosa si intende quando si parla oggi di centrali a fissione. Breve lezione sulle evoluzioni di sfruttamento dell’atomo che passano anche dai cosiddetti Small Modular Reactors. Tra pro e contro. E qualche dato ancora da approfondire
All’inizio del 2023, in occasione di un Consiglio dei ministri dell’Energia a Bruxelles, i ministri e i rappresentanti di alto livello di 13 Stati membri (l’Italia era presente in qualità di “osservatore”) hanno riaffermato la loro volontà di rafforzare la cooperazione europea nel campo dell’energia nucleare ed ora, in Italia, il governo in carica ne parla con sempre maggiore interesse. Lo sguardo è diretto verso due possibili strade da percorrere che possono anche fondersi tra loro: quella delle centrali nucleari di “quarta generazione” e quella degli SMR (Small Modular Reactors – Piccoli Reattori Nucleari). Ma di cosa si tratta esattamente? Premesso che si tratta in tutti i casi di “centrali a fissione”, ossia centrali dove particolari atomi con elevato numero di protoni (di solito uranio) vengono bombardati da particelle che ne provocano la “fissione”, ovvero la rottura durante la quale fuoriescono particelle ed energia, le centrali nucleari di quarta generazione sono progettate per essere più sicure, efficienti e sostenibili rispetto alle tecnologie nucleari attuali.
Il termine “quarta generazione” si riferisce ad una nuova serie di tecnologie nucleari sviluppate dopo i reattori di prima, seconda e terza generazione e mirano a superare i limiti delle tecnologie precedenti, introducendo importanti miglioramenti in termini di sicurezza, efficienza e sostenibilità. Uno degli elementi più importanti è il fatto che utilizzano sistemi “passivi di sicurezza”, ossia sistemi in grado di intervenire autonomamente senza l’intervento umano o l’uso di energia esterna per disattivare il reattore in caso di emergenza. Questo dovrebbe ridurre il rischio di incidenti catastrofici come quelli di Chernobyl e Fukushima. Altri elementi che fanno da richiamo sono una riduzione della quantità di scorie radioattive prodotte e, in alcuni casi, la possibilità di riutilizzare le scorie dei reattori attuali come combustibile, diminuendo così sia il volume sia la radioattività a lungo termine dei rifiuti nucleari. Questi reattori poi sono progettati per utilizzare il combustibile nucleare in modo molto più efficiente, estraendo una maggiore quantità di energia e riducendo il bisogno di nuovi materiali fissili.
Alcuni modelli mirano ad utilizzare uranio “impoverito” (ossia con concentrazione di Uranio-235 inferiore a quella utilizzata nelle attuali centrali) e torio, risorse più abbondanti e meno costose. Ad oggi sono allo studio vari tipi di reattori di quarta generazione, come ad esempio i reattori veloci raffreddati a sodio (SFR) (utilizzano il sodio liquido come fluido di raffreddamento e sono capaci di utilizzare come combustibile le scorie nucleari dei reattori convenzionali); i reattori a gas ad alta temperatura (HTGR) (sono in grado di generare sia elettricità sia calore per scopi industriali): utilizzano un gas, solitamente elio, come fluido di raffreddamento; i reattori a metalli liquidi (LMR) (sfruttano metalli liquidi come piombo o bismuto come raffreddanti. Offrono un alto livello di sicurezza) e altri tipi. Ma l’altra faccia della medaglia di questi reattori vede enormi investimenti iniziali in ricerca, progettazione e infrastrutture, oltre a tempi di costruzione lunghi. Inoltre, anche se i reattori di quarta generazione promettono di ridurre le scorie, rimane il fatto che le producono e, quindi, vi è la necessità di un’adeguata regolamentazione e gestione a lungo termine dei rifiuti prodotti. Non ultimo vi è sempre il fatto che possono comunque incorrere in incedenti non prevedibili.
Ad oggi vi è una sola centrale nucleare di quarta generazione attiva, è la centrale di Shidaowan, nella provincia settentrionale cinese di Shandong. È un impianto di tipo HTGCR, da 200 megawatt (MW) e dunque rientra anche nel tipo degli Small Modular Reactors.
Il governo italiano si è più volte espresso proprio a favore di questi ultimi. Gli SMR hanno una potenza di molto inferiore rispetto ai reattori tradizionali, solitamente non superano i 300 MW, mentre le centrali nucleari classiche superano di gran lunga i 1.500 MW o più, ma sono dotati di maggiore flessibilità e sicurezza. Gli SMR sono progettati per essere costruiti in una fabbrica e assemblati in moduli nel sito di installazione, il che consente una maggiore flessibilità nella progettazione e nella gestione della capacità energetica. I singoli moduli, poi, possono essere utilizzati singolarmente o in combinazione, offrendo la possibilità di espandere l’impianto gradualmente in base alle esigenze. Sono progettati con sistemi di sicurezza passivi, cioè sistemi che non richiedono interventi attivi per prevenire incidenti, come le centrali di quarta generazione. Grazie alle dimensioni più contenute, gli SMR possono essere installati in siti dove i reattori convenzionali sarebbero impraticabili. Questo li rende particolarmente adatti per Paesi o regioni con infrastrutture limitate o per usi specifici come l’alimentazione di basi militari, miniere e comunità isolate.
Un altro fattore di richiamo sarebbe la riduzione dei costi e meno tempo per essere costruiti, riducendo così i rischi finanziari associati ai grandi progetti nucleari tradizionali. Essendo più piccoli rispetto alle grandi centrali, gli SMR richiedono meno spazio e possono essere installati vicino ai centri di consumo, minimizzando l’impatto territoriale e ambientale. Ma ci sono anche altri aspetti da tenere in considerazione, a partire dagli alti costi iniziali di ricerca e sviluppo: il design e la certificazione dei nuovi reattori SMR richiedono ingenti investimenti iniziali. Inoltre, bisogna fare i conti con l’economia di scala: anche se i costi di costruzione sono inferiori rispetto ai reattori tradizionali, la ridotta capacità produttiva degli SMR potrebbe comportare costi più elevati per unità di energia prodotta, almeno fino a che la tecnologia non sarà diffusa su larga scala. E sono proprio questi aspetti che hanno fatto sì, ad esempio, che a novembre dello scorso anno la NuScale Power, che sarebbe stata la prima azienda statunitense ad ottenere la licenza per una SMR, ha interrotto un proprio progetto da 462 MW da costruirsi nello Utah a causa del basso numero di sottoscrizioni, una volta scontratasi con i costi di produzione. E ad oggi, a fronte di alcune licenze e progetti, vi sono solo 2 SMR in attività (uno in Cina e uno galleggiante in Russia) e altri 5 in costruzione.