Alla_ricerca_di_un_modello_di_innovazione

C’è più di un fiume carsico della società e dell’economia varesina che spinge per uscire alla luce ed essere raccontato. Fenomeni che, però, al momento sfuggono ad un’analisi complessiva e che, forse proprio per questo, faticano a diventare un modello generale di cui, invece, abbiamo bisogno per risalire le graduatorie di crescita e dare nuove prospettive al nostro futuro.
Uno di questi campi sfuggevoli è quello dell’innovazione. Quanto innova Varese? È questa la domanda di fondo di questo numero di Varesefocus, le cui pagine di apertura vengono dedicate ancora una volta al Piano Strategico #Varese2050 lanciato da Confindustria Varese per contribuire al riposizionamento strategico del territorio. È bene ricordare le cinque linee di azione che l’associazione datoriale, editrice di questa rivista, propone a tutti i propri stakeholder politici, economici e sociali per garantire al Varesotto decenni di crescita e creazione di benessere. Il primo: la costruzione di una fabbrica del sapere e saper fare, da concretizzare attraverso la nascita a Castellanza, a fianco della LIUC – Università Cattaneo, di Mill – Manufacturing, Innovation, Learning, Logistics, un acceleratore di imprenditorialità di cui abbiamo ampiamente parlato nel numero scorso. Secondo: il posizionamento dei cluster industriali al centro delle politiche economiche territoriali. Terzo: la creazione di un ecosistema dell’innovazione di cui trattiamo nelle pagine che vi apprestate a sfogliare. Quarto: fare leva sul settore della logistica e su Malpensa quali principali driver di sviluppo. Quinto: trasformare Varese in una “wellness destination”, sfruttando natura, cultura e vocazione sportiva.

 

 

Tra queste cinque linee di azione, in questo nuovo numero, ci concentriamo sulla terza: la creazione di un ecosistema dell’innovazione. Partiamo da alcuni dati che ci restituiscono l’immagine di una Varese che innova meno di quanto potrebbe e che poco protegge con i brevetti le proprie capacità innovative. 
Intendiamoci, questo non vuol dire che per le imprese varesine l’innovazione sia un’attività totalmente sconosciuta. Il fatto è che siamo protagonisti di un’innovazione diffusa che è solo in parte all’altezza delle potenzialità del nostro sistema economico e che sfugge alle statistiche e alle banche dati. Non una cosa da poco in ottica di capacità di attrazione di investimenti, anche stranieri, che, sulla base delle classifiche certificate, spesso impostano le proprie decisioni. Denunciato il dato serve, però, parallelamente anche un racconto che vada oltre le graduatorie. La narrazione di un territorio è fatta di statistiche, ma anche di storie. Scopriamo così che Varese riesce a esprimere capacità imprenditoriali in grado di trasformare una startup in una “unicorno”, una società dal valore di 1 miliardo di dollari. Siamo in grado di creare nuove imprese in settori tra i più disparati, esprimendo primati di competenze su aree strategiche come quelle della cybersecurity, della sostenibilità e della medicina. Abbiamo primati tecnologici sul fronte della ricerca e soccorso (Leonardo Divisione Elicotteri docet), ma siamo anche una capitale internazionale della formazione per i medici di montagna. Le nostre Università sono in prima linea nell’innovazione della didattica e nella creazione di app che riescono anche a far “suonare l’arte”. Singole storie concrete che non si riconoscono tra loro e che non riusciamo, però, a ricondurre ad un sistema. Anzi, ad un ecosistema. Dell’innovazione, per l’appunto. È questo il vero punto debole su cui Varese deve intervenire: fare delle proprie singole eccellenze un metodo, un modello. Il Piano Strategico #Varese2050 punta proprio a questo.   



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