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L'impresa di padre Aguggiari


Un milione di lire imperiali. E' questa la somma iniziale, frutto delle oblazioni raccolte da padre Gian Battista Aguggiari con la quale ebbero inizio, nel 1604, i lavori per la costruzione del viale delle cappelle al Sacro Monte sopra Varese. Una cifra enorme, se si pensa che nel 1612 le entrate della città di Milano (dazi sulla macina, sul vino, sulla carne, sui polli; tasse sulle case e sulle botteghe; fitti dei terreni demaniali) ammontavano a 1.142.500 lire e che nel 1658 occorsero 10.000 lire per riparare i bastioni della città, comprese le prigioni, il palazzo pretorio e la manutenzione dei parapetti delle fortificazioni.
Nell'avviare l'opera, padre Aguggiari riprese un'idea non sua. In un pomeriggio d'autunno del 1603, facendo ritorno a Varese dal Monastero delle Romite Ambrosiane, di cui era il confessore, confidò al suo compagno di viaggio Giuseppe Bernascone, l'architetto che aveva costruito il campanile del santuario annesso al monastero, il desiderio di una monaca - Tecla Maria Cid, parente di Francesco Cid, generale dell'esercito spagnolo di stanza a Milano - di far costruire a proprie spese una cappella a metà del monte, per offrire una sosta ai pellegrini.
Padre Aguggiari rielaborò l'idea prefigurando subito la realizzazione di una via sacra, con un insieme di cappelle distribuite lungo un ampio viale, ornate di pitture e statue rappresentanti i misteri del rosario. L'architetto Bernascone si offrì di collaborare e, immediatamente, Padre Aguggiari propose di incominciare a segnare i luoghi dove sarebbero state costruite le cappelle con croci di legno e con apposite cassette per raccogliere le offerte dei pellegrini.
Da quel giorno, Padre Aguggiari non perse occasione per illustrare il progetto durante le sue numerose predicazioni allo scopo di raccogliere offerte. Cominciò da Malnate, il cui parroco era stato per sette anni confessore delle monache del Sacro Monte. Riuscì a trasmettere un tale entusiasmo che la popolazione del luogo fece offerte generose e mise persino a disposizione una nutrita squadra di operai per iniziare i lavori di sbancamento del terreno dove sarebbe sorto il complesso monumentale. La rilevanza che l'opera stava assumendo indusse padre Aguggiari a recarsi dal cardinale Federico Borromeo, arcivescovo di Milano, per chiedere l'approvazione del progetto e l'autorizzazione a predicare in tutta la diocesi e a raccogliere oblazioni. Il cardinale approvò e costituì una commissione di notabili e religiosi del borgo di Varese con l'incarico di amministrare le entrate e sovrintendere alle costruzioni.
La predicazione di padre Aguggiari si estese sempre più, passando dalla diocesi di Milano a quelle di Como, Novara, Pavia, Vercelli, Lodi, Vigevano, Santhià, dovunque trovasse l'appoggio dei rispettivi vescovi. Sono ricordate per la loro particolare entità le offerte delle popolazioni di Varese, Gallarate, Busto Arsizio, Caronno Varesino, Somma Lombardo, Biumo Inferiore, Romagnano Sesia, Carnago, Azzate, Lugano.
Contemporaneamente al clero e alle popolazioni, Padre Aguggiari coinvolse anche ricche famiglie, non solo del Varesotto: contribuirono la marchesa Parravicini di Como, la marchesa di Marignano, la signora Triulzia di Melzo, il conte e la contessa D'Adda in Settimo, i nobili Bianchi di Velate, i fratelli Francesco e Gerolamo Litta di Biumo, i nobili Pietro e Antonio Carcano, i nobili Omodeo. I lavori iniziarono nel 1604 e terminarono nel 1680: un periodo lungo, che lascia immaginare quante altre risorse economiche dovettero essere reperite e con quali difficoltà, se si considera che nel contado di Varese si svilupparono dapprima due epidemie di vaiolo nel 1609 e nel 1615 e che nel 1628, dopo una carestia, scoppiò la grande epidemia di peste.
Insieme al Bernascone, che progettò il viale, le cappelle e i tre archi che suddividono le cappelle secondo la scansione dei misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi del rosario mariano, nel complesso del Sacro Monte lavorarono numerosi artisti. Dionigi, Bussola e Prestinari cominciarono a preparare le statue da collocare nelle cappelle, mentre molti pittori, provenienti da diverse località, si alternarono al lavoro nella Fabbrica: Antonio Busca, milanese; Paolo Ghianda comasco; Carlo Francesco Panfilo, figlio del Nuvolone; Giovanni Ghisolfi; Andrea Villa; Bartolomeo Ghiandone da Oleggio; Francesco Mazzucchelli da Morazzone; Giovanni Battista e Giovanni Paolo Recchi, da Como; Carlo Zavattone; Stefano Maria Legnani, milanese; Isidoro Bianchi, da Campione; Giovanni Francesco e Giovanni Battista Legnani; Federico Bianchi da Masnago; Girolamo Giovanni Battista Grandi da Varese; Pietro Gilardi; Giovanni Battista Sassi; Salvatore Bianchi da Velate; i fratelli Lampugnani da Legnano. Padre Aguggiari si spense nel 1631. La sua opera venne continuata da padre Silvestro, un confratello cappuccino, anch'egli, come Aguggiari, originario di Monza, il quale continuò la predicazione e la raccolta di offerte finché morì, nel 1688. Possiamo riconoscere in padre Aguggiari molti tratti tipici della figura dell'imprenditore. La capacità, innanzi tutto, di passare da un'idea ad un progetto. Poi, quella di “pensare in grande”. Inoltre, quella di saper coinvolgere nel proprio progetto altri soggetti ritenuti idonei allo scopo: dapprima gli attori e i decisori del territorio (in quella che, oggi, verrebbe chiamata “logica di coalizione” o “di sistema”), poi i più validi collaboratori. Ancora, la capacità di mobilitare le necessarie risorse economiche. Infine, l'attitudine a “spendersi” nell'iniziativa con tutte le proprie forze e quella di infondere negli altri quell'entusiasmo che assicura la sopravvivenza dell'impresa dopo la propria scomparsa. Senza padre Aguggiari, il Sacro Monte sopra Varese non esisterebbe. La città gli ha dedicato una strada, un viale maestoso e alberato, che dal centro urbano conduce alle pendici del monte. Un monumento alla grande fede del religioso, ma anche alla sua, altrettanto grande, capacità di intraprendere.
(tratto da: “Concerto di Voci per il Sacro Monte di Varese. Testimonianze dedicate al più bel balcone di Lombardia”, edito da Lions Club Varese Host, Varese, 2003, a cura di Ambrogina Zanzi)

09/23/2005

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