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Devolution e Tfr, adelante con juicio
Il disegno riformatore del Governo Berlusconi ha avuto un'accelerazione sul finire del 2005 con l'approvazione di provvedimenti di grande respiro, anche se per talune disposizioni è stato previsto uno slittamento della loro entrata in vigore insolitamente dilatato nel tempo. Tra questi provvedimenti, anche la nuova legge sul sistema elettorale. Migliorerà la governabilità?
Devolution, sistema elettorale, Tfr, risparmio: numerosi sono stati gli interventi legislativi di ampio respiro varati dal Parlamento prima della fine del 2005 in una corsa contro il tempo per dimostrare di tenere fede agli impegni della maggioranza di governo in prossimità, ormai, della scadenza della legislatura.
Una singolarità di questa azione riformatrice è stata, peraltro, lo slittamento nel tempo di alcune disposizioni contenute nei provvedimenti approvati. Per la legge sulla cosiddetta devolution è stato previsto che talune norme entrino in vigore, anziché subito, dopo cinque anni e per altre, addirittura, dopo dieci anni. Per il Tfr, il silenzio-assenso per compiere, da parte del lavoratore, la scelta sul trasferimento dello stesso Tfr ai fondi complementari scatterà solo fra due anni, portati a tre per i dipendenti delle imprese con meno di venti addetti.
Resta, indubbiamente, la portata innovatrice delle riforme. Benché però il futuro Parlamento, come ogni nuova assemblea legislativa, abbia sempre la possibilità di modificare leggi varate in precedenza, l'effetto ritardato di quelle approvate ora sembra quasi suggerire la possibilità di nuovi interventi, lasciando così aperto l'interrogativo se davvero queste riforme entreranno in vigore così come sono state approvate ora.
La legge sulla devolution dovrebbe essere chiamata in altro modo. Infatti, si tratta di una riforma corposa della Costituzione che ha modificato l'assetto dei poteri dello Stato infondendo una caratterizzazione presidenzialista al ruolo del Capo del Governo, superando il cosiddetto "bicameralismo perfetto" e impedendo la formazione di governi di diverso orientamento politico, nella medesima legislatura, senza che si sia fatto ricorso alle urne. La parte relativa alla devoluzione di poteri dallo Stato alle Regioni in materia di sanità, scuola e polizia locale è assolutamente minoritaria nell'economia complessiva del provvedimento, che altro non ha fatto se non portare ad ulteriori conseguenze, sotto questo aspetto, la riforma del titolo V della Costituzione già modificato nella direzione del federalismo dal precedente governo di centro-sinistra.
Più che tali disposizioni, dunque, sono proprio quelle riguardanti i poteri degli organi costituzionali la novità più importante di questa riforma, grazie alla quale dovrebbe poter migliorare la governabilità. Non tutti sono però del medesimo avviso e inoltre puntano il dito non tanto su questa riforma, quanto su quella del sistema elettorale, che ha ripristinato il proporzionale prevedendo, peraltro, un premio di maggioranza. E sarà proprio l'intreccio tra queste due riforme a dire se l'Italia riuscirà a fare dei passi avanti, nei prossimi anni, sul piano della governabilità: senza la quale ogni processo riformatore, come ben noto, rischia di impantanarsi al di là delle migliori intenzioni dei suoi proponenti.
Per quanto riguarda, poi, la riforma in senso federale dello Stato, il suo pieno compimento è affidato ora al federalismo fiscale, cioè l'autonomia impositiva degli enti locali. Un tema, questo, che prescinde peraltro dalla nuova riforma del centro-destra in quanto già la riforma del titolo V della Costituzione aveva introdotto il principio per il quale i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni "hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa" (art. 119).
Ciò che si teme è che la riforma in senso federale abbia un costo per la collettività. Sembra tuttavia che i problemi maggiori non derivino dalla recente legge ma che sia l'impianto del federalismo in sé, dunque già quello prefigurato nella riforma del titolo V della Costituzione, a comportare dei costi. E si tratterebbe di costi notevoli. L'Isae li stima in 71 miliardi di euro, di cui 70 per finanziare il nuovo titolo V e 1 per dare attuazione alla recente devolution. Il solo trasferimento di dipendenti dall'amministrazione statale a quella locale comporterà un aggiornamento del loro regime contrattuale ed il contratto di lavoro dei dipendenti regionali è più oneroso di quello statale. E' evidente che occorrerà evitare che il federalismo, concepito per rendere più snella la macchina dello Stato, diventi causa di un ulteriore appesantimento dei conti pubblici. Occorrerà prevederlo, come stabilisce la nuova legge sulla devolution (art. 56), entro cinque anni dalla sua entrata in vigore, quando il governo dovrà individuare i beni e le risorse da trasferire alle regioni e agli enti locali.
Certo, le cifre in gioco per attuare il federalismo possono spaventare, ma occorre considerare, per contro, che anche il non-federalismo ha i suoi costi. In ogni caso, sarà fondamentale giungere ad un federalismo vero, eliminando ogni possibilità di sovrapposizione di competenze e anche ogni ridondanza nell'apparato amministrativo.
Come prevede la Costituzione, il testo della riforma potrà essere sottoposto a referendum confermativo, poiché non è stato approvato "nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti". Le opposizioni e le stesse forze di maggioranza hanno dichiarato di voler fare ricorso al referendum.
Non solo Devolution, cambia la governance dello Stato La legge nota come "Devolution" introduce in realtà numerose modificazioni alla Costituzione che stabiliscono un nuovo assetto e un diverso equilibrio tra gli organi costituzionali. Ecco le principali.
Bicameralismo: viene istituito il Senato federale, i cui componenti saranno eletti contestualmente ai rispettivi Consigli regionali. Vi faranno anche parte, senza diritto di voto, rappresentanti dei Consigli regionali e delle autonomie locali. Viene snellito l'iter di approvazione delle leggi: salvo alcune materie, riservate al procedimento collettivo delle due Camere, il modello prevalente è quello dei procedimenti monocamerali, rispettivamente di competenza della Camera e del Senato federale sulla base delle materie trattate. In base a tale sistema, non è più richiesta una doppia approvazione di Camera e Senato sullo stesso testo. Il ramo del Parlamento che non ha poteri decisionali sulla singola materia potrà invece proporre modifiche, sulle quali è chiamato ad esprimersi infine l'altro ramo. E' prevista, ma solo fra dieci anni, la riduzione del numero complessivo dei parlamentari (518 alla Camera dei deputati, 252 al Senato federale). Viene reso sempre possibile il ricorso al referendum sulle leggi cost
ituzionali.
Capo dello Stato: sono modificate le modalità di elezione e le funzioni del Presidente della Repubblica, quale supremo garante della Costituzione.
Capo del Governo: è rafforza il ruolo dell'Esecutivo, sia attraverso l'indicazione diretta del Primo ministro da parte del corpo elettorale, sia attraverso il ruolo che questi assume all'interno del Consiglio dei ministri, sia all'interno del procedimento legislativo. In particolare: il Primo ministro determina la politica generale del governo, nomina e revoca i ministri, può porre la questione di fiducia alla Camera dei deputati sulle proposte del Governo, può chiedere al Presidente della Repubblica di sciogliere la Camera dei deputati ed indire nuove elezioni. Sono previste alcune disposizioni dirette ad evitare i cosiddetti "ribaltoni".
Competenze Stato/Regioni: viene rimodulato l'assetto delle attuali competenze legislative: da un lato, ritornano allo Stato alcune materie difficilmente frazionabili (tra cui la promozione internazionale del sistema economico e produttivo nazionale, le grandi reti strategiche di trasporto di interesse nazionale, la produzione e distribuzione nazionali dell'energia, la sicurezza del lavoro); dall'altro lato, si valorizza il ruolo delle autonomie regionali, attraverso l'attribuzione di competenze esclusive attinenti alla sanità, alla scuola ed alla sicurezza pubblica (devolution). Sono indicati principi di leale collaborazione e di sussidiarietà nei rapporti tra i diversi livelli di governo, anche attraverso il potenziamento delle forme di coordinamento tra Stato e Regioni e mediante la previsione, in Costituzione, del sistema delle Conferenze. Il Governo può chiedere alle Regioni di modificare le leggi regionali ritenute pregiudizievoli per l'interesse nazionale. I Comuni, le Province e le Città metropoli
tane possono proporre questione di legittimità costituzionale davanti alla Corte costituzionale qualora ritengano che una legge dello Stato o della Regione leda le proprie competenze.
Trattati internazionali: la ratifica, con legge, dei trattati internazionali è limitata a quelli di natura politica o quando prevedano arbitrati o regolamenti giudiziari o importino variazioni del territorio dello Stato, oneri alle finanze o modificazioni di leggi.
Authority: è introdotto in Costituzione la figura delle Autorità amministrative indipendenti. |
Tfr, la riforma parte dal 2008. Un affare da tredici miliardi di euro Oltre 12 milioni di lavoratori dipendenti privati potenzialmente interessati e un flusso annuo di oltre 13 miliardi di euro di Tfr: la riforma della previdenza integrativa che partirà nel 2008, insieme alle norme sull'innalzamento dell'età necessaria per la pensione di anzianità, coinvolge tra aziende e lavoratori circa un terzo della popolazione italiana muovendo interessi politici, economici e finanziari. Ecco in sintesi come cambierà il sistema attuale con il decreto legislativo approvato oggi.
Silenzio assenso: nei primi sei mesi del 2008 il lavoratore potrà decidere se lasciare il suo Tfr in azienda o a quale fondo destinarlo. Se non si esprimerà, la sua liquidazione maturanda sarà versata nella forma prevista dai contratti collettivi, a meno di un diverso accordo aziendale.
Contributo datore di lavoro: il contributo del datore di lavoro previsto dai contratti in aggiunta al Tfr e al contributo del lavoratore dovrebbe essere versato dall'azienda al fondo solo se la forma previdenziale scelta dal lavoratore è prevista dal contratto. Se il contratto prevede che il contributo sia destinato solo ai fondi negoziali, il lavoratore perderà il diritto a questo contributo passando a un'altra forma di previdenza, ad esempio le polizze individuali gestite dalle assicurazioni. Sono possibili diversi accordi tra le parti.
Accesso al credito: per poter accedere al credito da parte delle banche (per l'importo del Tfr versato ai fondi) le imprese devono rispondere ad alcuni requisiti. Per le aziende con contabilità ordinaria, è necessario un patrimonio netto non inferiore al 5% del passivo e che gli ultimi due bilanci approvati non abbiano oneri finanziari superiori al 5%. Per le imprese con contabilità semplificata, il requisito è quello di avere un utile o un pareggio di bilancio negli ultimi due esercizi prima della richiesta del credito stesso. Il tasso per questi crediti è quello dell'euribor a sei mesi +2%. Attualmente sarebbe quindi del 4,60% circa.
Piccole imprese: prima del rinvio al 2008 era stata ipotizzata una moratoria di tre anni per il versamento del Tfr per le imprese che non hanno i requisiti per l'accesso al credito agevolato delle banche. Il ministro del Welfare Maroni ha dichiarato che si ipotizza che la moratoria valga fino al primo gennaio 2009 e che sia quindi di solo un anno rispetto all'entrata in vigore delle nuove norme.
Imposte su prestazioni integrative: sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche erogate dai fondi integrativi l'imposta è del 15%, con una riduzione di 0,30 punti percentuali per ogni anno di partecipazione al fondo oltre il quindicesimo (e un limite di sei punti di riduzione). Nell' ipotesi, ad esempio, di versamenti per 35 anni, si ha diritto ad una imposizione abbattuta al 9%.
Anticipazione: è possibile chiedere anticipazioni sul Tfr in qualsiasi momento fino al 75% dell'importo per spese sanitarie e, dopo otto anni dall'iscrizione, per l'acquisto della prima casa per sé o i figli (fino al 75% dell'importo). Possibile cambiare il fondo dopo due anni. |
01/20/2006
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