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I giovani puntano alla Cina

L'ingresso della Cina nel WTO la trasformerà nella nuova tentazione del secolo o l'Oriente dovrà cominciare a farci veramente paura? Ne hanno discusso i Giovani Imprenditori nella loro assemblea annuale.

Probabilmente chi tutti i giorni si trova a comprare oggetti nei negozi delle proprie città neppure sa che la Cina è entrata nel Wto, ma a chi quegli oggetti li produce ogni giorno l'ingresso della Cina nell'Organizzazione Mondiale del Commercio ha sicuramente fatto nascere un nuovo interesse.
Pensiamo soltanto al numero degli abitanti della Cina: un miliardo e 300 milioni di persone, che nell'ottica di un produttore diventano un miliardo e 300 milioni di consumatori, pensiamo ad un mercato che per anni ha vissuto guerre di dumping, conflitti di licenze per l'importazione e l'applicazione di pesanti dazi, infine pensiamo a quindici anni di estenuanti trattative, che alla fine si concludono con l'apertura cinese dei mercati. Quanto meno le imprese sono costrette a chiedersi che cosa succederà adesso, se la Cina diventerà la nuova tentazione del secolo o se l'Oriente dovrà cominciare a farci veramente paura.
Giovanni Brugnoli, presidente del Gruppo Giovani Imprenditori dell'Unione Industriali, durante l'assemblea annuale degli "under 40" ha tracciato il quadro attuale del mercato cinese, un quadro tutto sommato positivo, un mercato che nel corso di dieci anni ha attirato 320 miliardi di dollari di investimenti stranieri, contribuendo a creare una struttura industriale composita, specializzata inizialmente nelle fasce di base della produzione tessile, ma che è riuscita a conquistare negli anni in alcuni settori la leadership mondiale con oltre il 70% del mercato globale. Secondo una classifica pubblicata dall'Organizzazione Mondiale del Commercio relativa al 2000, la Repubblica Popolare Cinese si posiziona al settimo posto tra gli esportatori di beni (249,3 miliardi di dollari) ed all'ottavo per le importazioni (con un valore di 225,1 miliardi di dollari). L'Italia, in questa stessa classifica, si posiziona rispettivamente all'ottavo ed al settimo posto.
Un mercato appetibile, a vedere la descrizione fatta da Giovanni Brugnoli, ma anche un mercato complesso. Le difficoltà principali di approccio al mercato cinese sono sostanzialmente legate alla cultura, molto diversa dalla nostra, alle difficoltà burocratiche e soprattutto alla capacità dei produttori cinesi di contraffazione di qualsiasi prodotto e marchio, per poi rivendere gli stessi prodotti a prezzi bassissimi.
Data allora una breve analisi di costi-benefici legati allo sbarco in Cina degli imprenditori locali, cosa consigliano gli esperti presenti all'assemblea dei giovani?
Fra i consigli di chi l'esperienza cinese l'ha già vissuta, emerge la testimonianza di una capacità bidirezionale del mercato cinese: da un lato i bassi costi di produzione per la manodopera, dall'altro la possibilità di lanciare i propri prodotti in un mercato dal potenziale vastissimo. Ma gli esperti avvertono: se un tempo la qualità cinese era famosa per il suo lato negativo, oggi i cinesi non si accontentano più di prodotti scadenti, anzi pretendono uno standard legato al Made in Italy.
Siamo ormai all'apertura dell'ultima barriera ideologica verso il mondo della globalizzazione.

06/20/2002

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