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Qual è la nostra scusa?

Spesso ci crogioliamo nei nostri limiti, troviamo scuse banali per non affrontare i problemi. John Foppe, formatore e docente americano ha dimostrato che anche con un evidente handicap fisico è possibile vivere una vita normale. Basta volerlo.

Giovanni Brugnoli e Anna Maria Artoni, presidenti dei Giovani Imprenditori di Varese e ConfindustriaNon ci sono problemi impossibili da risolvere, ci sono solo scuse che non ci fanno superare i problemi. Stappare un bottiglia, versarsi un bicchiere d'acqua e bersi un lungo sorso sembra impossibile senza le braccia, ma John Foppe, formatore e docente americano ha dimostrato davanti alla platea del Gruppo Giovani Imprenditori dell'Unione Industriali riunito in assemblea - presente il presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, Anna Maria Artoni - che un handicap fisico è solo una condizione, come il fatto di essere uomini o donne, single o divorziati.
La storia di Foppe ha dell'incredibile, ma soprattutto sono incredibili le verità e gli insegnamenti che è possibile trarre dalla sua personale esperienza.
Nato trentadue anni fa, a Saint Louis nel Missouri, dalla nascita senza le braccia, ha saputo trovare in sé la tenacia per trasformare il suo handicap in inesauribile forza di volontà. Dalle sue parole si capisce che le motivazioni sono fondamentali per cercare di cambiare le cose, nel suo caso per cercare semplicemente di vivere una vita il più possibile normale. Poteva crescere ai margini, vivere del vittimismo e della pietà dei suoi familiari, che hanno saputo però mettere in atto contro di lui, o meglio per lui, un “duro”. Non lo aiutavano a vestirsi, gli mettevano i vestiti sul letto e gli dicevano di farlo da solo, non lo imboccavano, gli porgevano le posate dicendogli mangia, e lui ha imparato a gestire i suoi piedi come fossero due normalissime mani. Hanno rinunciato ad aiutarlo nel momento contingente, per offrirgli un'opportunità nel domani.
E un'opportunità l'ha trovata davvero, perché la sua agenda oggi è fitta di impegni, in tutto il mondo, dove tutti lo chiamano per la formazione dei manager, per la motivazione di squadre, per lo stimolo di gruppi di bambini e adolescenti.
Ma cosa centra la storia di un uomo senza braccia, che da solo è in grado di guidare, di vestirsi e di vivere quanto più normalmente possibile, con un gruppo di giovani imprenditori, abituati a vivere in azienda, e a gestire problemi di gestione delle risorse umane, di produzione e di vendita?
Foppe, con tutta la dignità della sua incredibile storia ha fatto capire quanto volontà e motivazione siano alla base del successo. L'amore “duro” che ha avuto dalla sua famiglia può e deve essere attuato anche nell'ambito aziendale. Ma l'amore “duro” non è quello che un allenatore pratica sulla proria squadra costringendo i suoi giocatori a 100 flessioni ogni giorno, o quello di un insegnante che pretende la lezione a memoria. L'amore “duro” è quello che bisogna attuare nei confronti di se stessi, pretendendo il massimo per raggiungere obiettivi difficili. Tutti abbiamo limiti, l'importante è riconoscerli, accettarli e trovare il modo di superarli, evitando di adagiarsi e cullarsi nella propria condizione.
La ricetta per il successo sembra semplice: occorre coraggio, per accettare la propria debolezza; occorre creatività nella ricerca di continue soluzioni, nella scelta delle opzioni possibili; occorre impegno, per la ricerca di soluzioni possibili; è importante comunicare con gli altri i nostri problemi, fidarsi di loro e cooperare, se necessario riconoscere che non possiamo fare tutto da soli, ma a volte è necessario delegare.
Una lezione di vita importante quella di Foppe, che si è tradotta in una lezione di gestione di sé e di gestione di azienda, di fronte alla continua tentazione di rinunciare a “pensare in grande” solo perché si intravedono i tanti problemi che la realtà riserva. Non resta che una domanda: qual è la nostra scusa?

06/26/2003

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