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Alla Madonna del Monte

Fede, storia, arte e natura a due passi da Varese: due chilometri unici al mondo, immersi in un silenzio mistico. E ora, la riapertura del Museo Baroffio.

"Trovarsi a Varese e non salire alla Madonna del Monte è come andare a Roma e non recarsi a veder San Pietro": così l'anonimo redattore de "Le cento città d'Italia", supplemento mensile illustrato del "Secolo" di Milano, nel numero del 30 giugno 1897.
Esagerazione, paragone azzardato, "colore" giornalistico? Niente affatto.
Da almeno quattrocento anni, vale a dire da quando esistono le Cappelle della Via Sacra e il Santuario, il Sacro Monte di Varese è meta di pellegrinaggi o semplici escursioni turistiche in un raggio che va ben oltre i confini provinciali o regionali.
Il motivo è semplice: oltre che per l'indubbia attrattiva religiosa (fra i tanti, hanno pregato davanti alla Vergine Nera il Cardinal Montini, Papa Giovanni Paolo II e, sembra, Sant'Ambrogio), la montagna varesina costituisce un balcone naturale verso la catena alpina a nord e la pianura milanese a sud, i rilievi comaschi e lecchesi a est, altri spazi montani ea ovest. Stendhal ne fu incantato, così come Guttuso che ai suoi piedi, in quel di Velate, vi fece addirittura il suo studio.
Cento motivi, dunque, per (ri)scoprire una passeggiata fuoriporta che si dà forse per scontata e invece rappresenta la maggiore possibilità in tutto il Varesotto e oltre, di incontrare natura, arte, storia, scienza in mezza giornata di cammino, anche se non semplicissimo come quelli cui ci ha abituati questa rubrica. Ma tant'è, ormai siamo allenati…
Se il giorno è festivo, l'idea migliore è lasciare l'auto prima del bivio di Sant'Ambrogio Olona, magari giù in città, e prendere l'autobus urbano linea C; altrimenti ci si può avvicinare alla nostra meta fino a raggiungere la località Prima Cappella, da dove ha inizio la Via Sacra (ma i più bravi potranno addirittura parcheggiare ad Oronco, da dove un sentiero poco frequentato si snoda fra le case e in dieci minuti conduce al punto di partenza).
Lasciata sulla sinistra la Chiesa della Immacolata Concezione (620 metri slm), eretta giusto quattro secoli or sono per farne punto d'incontro dei pellegrini, ecco davanti a noi l'Arco detto Porta del Cielo, il primo dei tre che scandiscono a cinque per volta i Misteri del Rosario, cui è dedicata la Via.
Se ci giriamo verso valle intravediamo il Lago di Varese, altrimenti inizia subito il bell'acciottolato ("rizada", in dialetto locale), ampio e ben conservato, che ci porta passo passo a visitare le Cappelle del XVII secolo, a spaziare sempre più con lo sguardo sulla pianura, infine a raggiungere il Santuario mariano a 843 metri di quota.
Sono quasi due chilometri unici al mondo, immersi in un silenzio mistico che è difficile scordare.
A metà dell'ultimo strappo, fra la XIV Cappella e la grande statua neoclassica del Mosè, sulla sinistra è l'ingresso della Casa-Museo di Lodovico Pogliaghi, illustre scultore milanese che però visse ed operò qui per lunghi decenni, fino alla morte che lo colse nel 1950, autore fra l'altro di una porta del Duomo di Milano e di alcuni gruppi marmorei per l'Altare della Patria a Roma. Purtroppo il luogo, custode di un'originale e variegata raccolta artistica, è chiuso da un decennio a causa dei lunghi e costosi lavori di restauro; di recente, un accordo fra Biblioteca Ambrosiana, Amministrazione Comunale e Fondazione Cariplo pare abbia rimesso in moto gli interventi, così che si parla di una possibile riapertura, almeno parziale, già alla fine di quest'anno.
Quello che invece è di imminente inaugurazione è il rinnovato Museo Baroffio, proprio a fianco del Santuario, realizzato negli Anni Trenta dall'architetto Tononi e dallo stesso Pogliaghi per ospitare la raccolta d'arte (miniature, sculture, pallii) radunati in una vita dal barone Baroffio Dall'Aglio e da questi donata al Santuario, la cui amministrazione ha provveduto alla completa riorganizzazione interna.
Visitato il Santuario (dove è possibile acquistare guide turistiche, libri e videocassette), che sorge accanto al monastero claustrale delle Romite Ambrosiane, e il borgo medievale di Santa Maria del Monte, caratteristico per le sue stradine pedonali, i sottopassi, gli scorci, proseguiamo verso piazzale Pogliaghi e imbocchiamo di fronte a noi via Monte Tre Croci, segnalato anche con il cartello "3V" (che sta per Via Verde Varesina) che seguiamo lungo un sentiero piuttosto ripido, immerso nel bosco sino a sbucare alla vecchia stazione d'arrivo della funicolare, al momento in pessime condizioni generali.
Dirigendoci verso il Grand Hotel, gigantesco esempio liberty (chiuso al pubblico) che conta nove decenni di storia, scopriamo sulla destra una scalinata che immette su un'altra Via Sacra, lastricata e dedicata negli Anni Settanta da monsignor Pigionatti ai Caduti di tutte le guerre, suddivisi per corpi militari.
In dieci minuti siamo ai 1.096 metri delle Tre Croci, da dove è d'obbligo una sosta per riempire occhi, cuore e… polmoni. Quanto al ritorno, è assai più breve dell'andata: si rifà il medesimo tragitto fino a Santa Maria del Monte; qui è d'obbligo (anche per la stanchezza…) scendere fino alla Prima Cappella con la funicolare (quando venne inaugurata, ad inizio Novecento, era fra le più ardite del mondo!), rinnovata nel settembre 2000 mantenendo le sue origini liberty dopo un periodo di chiusura durato ben quarantasette anni.

05/17/2001

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