Lo special one dei rally

Il primo capitolo è quello scritto in sella alle moto da cross. Il secondo si svolge oggi sulle quattro ruote. L’olgiatese Mauro Miele ha i motori nel proprio Dna. Una vita, la sua, che

Il primo capitolo è quello scritto in sella alle moto da cross. Il secondo si svolge oggi sulle quattro ruote. L’olgiatese Mauro Miele ha i motori nel proprio Dna. Una vita, la sua, che si divide tra impresa (la Stamperia Olonia di Gorla Minore) e competizioni sportive che ne fanno un pilota pluripremiato. Fino all’attuale avventura nel nuovissimo Campionato Master di rally, da lui stesso ideato

Più terra che asfalto nella vita sportiva dello “special one” del cross in sella a una moto o al volante di un’auto da rally. E l’ultima impresa conquistata al primo colpo è il Montecarlo alla guida della sua Fabia Skoda R5 Evo. Mauro Miele, bustocco di nascita, ma olgiatese di adozione, sa cosa significa fare impresa, poiché è Ceo della Stamperia Olonia di Gorla Minore, ma sa anche mettere a segno imprese sportive. Successi che rombano come i motori dei mezzi che nel corso della sua carriera sportiva ha guidato e portato in trionfo. Risultati che hanno segnato la storia del cross, del Camel Trophy o dei rally. Vittorie che spesso sono arrivate al primo colpo, un po’ come il Josè Mourinho dei tempi d’oro. Miele ha i motori nel Dna. Soprattutto quelli che si misurano dove finisce l’asfalto e inizia il terreno sconnesso. La genesi sportiva di questo campione evergreen inizia in sella a una moto da cross. Mauro Miele è il primo italiano a vincere una gara del Mondiale nel 1979. Un anno dopo, nel 1980, concede il “bis della prima volta” e vince (primo in Italia) una gara di cross indoor. Curiosità: la Genova Cross Superbowl fu anche la prima gara “al chiuso” che si disputava in Europa.

“Il motocross – racconta Miele – è stata la mia prima passione”. Possiamo dire il dress code per entrare nel mondo del fuoristrada. E Mauro Miele in questo mondo ha vinto un po’ ovunque e non solo in sella a una moto da cross. Non all’esordio, ma ha conquistato anche il Camel Trophy segnando anche il suo passaggio dalle due alle quattro ruote. Poi una pausa. “Con la nascita del mio secondo figlio – racconta – ho parcheggiato i mezzi e la passione ai box per 15 anni. Dopo di che il richiamo è stato forte e sono tornato a correre”. E così ha iniziato a scrivere il secondo capitolo da pilota. Una storia sempre con poco asfalto, corredata da successi. Sono i rally a tenere banco. E Mauro Miele in bacheca mette il diamante: il Montecarlo. Fresco, freschissimo. E bellissimo. Sia per il gradino più alto del podio, sia per la storia che ci sta dietro. Una storia raccontata proprio da Miele: “È vero – dice sorridendo e assaporando le grandi emozioni vissute – il Campionato Master che sto disputando è alla prima edizione. E devo dire che nasce da una mia sollecitazione alla Fia (Federazione Internazionale dell’Automobile ndr).

E tutto accade proprio al Montecarlo prima dello scoppio della pandemia. È lì che incrocio Jean Todt (ai tempi era Presidente della Federazione, ndr), con il quale scambio due chiacchiere e butto lì l’idea di dare vita a un campionato Master”. Detto fatto? Quasi. Perché lo sterrato non è l’asfalto: è terreno sconnesso e infido. Buche, salti e imprevisti. Ma per Mauro Miele tutto questo “è pane” per i suoi denti. “Torno a casa e scrivo una mail dettagliata alla Fia in cui illustro l’idea del nuovo campionato rally. E Todt mi risponde entusiasta”. All’ultima curva però spunta il Covid: “Già, solo la pandemia ha fermato tutto e rimandato. Ma il 2021 è servito per mettere tutto a punto e ora si corre”. Montecarlo (disputato e vinto); Svezia (disputata nel momento in cui questo numero è andato in stampa) Croazia, Portogallo e Sardegna sono le sei tappe Mondiali alle quali prenderà il via Miele. “Il Mondiale ha più date, ma ne occorrono sei per entrare in classifica. Vediamo…”, conclude il pilota olgiatese senza porre limiti.

E prima di tornare a parlare di cosa ancora oggi lo spinge a premere il pedale dell’acceleratore: “L’adrenalina. Sensazioni che sono rimaste vive dentro di me anche in quei 15 anni di pausa. Emozioni che ho ritrovato identiche nel momento in cui sono tornato a correre”. Ecco un ingrediente per restare vincente nel tempo. Ma non l’unico. “Adrenalina ed emozioni sono benzina importante, ma non bastano. Oggi mi alleno più di quando avevo vent’anni. Palestra, nuoto e corsa quasi tutti i giorni. Ormai stare in forma è diventata la mia seconda attività accanto a quella in Stamperia. Insomma, una bella fatica, ma dopo un po’ sento proprio il bisogno di rimettermi al volante. Ogni volta è così”.

Quella di Mauro Miele è una passione infinita. Talmente grande da averla incisa anche nel Dna di famiglia. Anche Simone, il più grande dei suoi due figli, è un pilota di rally. “Andrea vola – racconta il padre –, Simone corre nei rally. Ma non credo di essere io ‘il responsabile’. Forse è davvero un gene che abbiamo in comune”. Dna che romba nelle vene e fa vincere nelle gare. Poiché anche Simone può, tra i successi, vantare in bacheca un successo dal sapore particolare: un Rally dei Laghi. Vittoria conquistata nel 2016, a trent’anni esatti dal successo del padre (anno 1986). Insomma, una coincidenza da special one. 

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