La via europea per l’Intelligenza Artificiale

Con l’AI Act e un piano strategico dedicato, la Commissione Ue punta
a recuperare il divario con Stati Uniti e Cina. Tra strategie applicative
e nuovi standard, l’obiettivo è creare un ecosistema innovativo inclusivo anche per le Pmi. Come spiegato da Francesca Campolongo,
Direttrice per i Dati e la Trasformazione Digitale del JRC, durante
l’ultima Assemblea Generale di Confindustria Varese

Il mosaico globale in cui le aziende si trovano ad operare sta diventando, di giorno in giorno, sempre più complesso, caotico e frammentato. I tasselli che lo compongono si muovono in maniera estremamente veloce, imprevedibile e volatile. Ci sono nuovi equilibri da ristabilire e nuovi paradigmi a cui adeguarsi, uno su tutti l’avvento massivo dell’Intelligenza Artificiale. Francesca Campolongo, Direttrice per i Dati e Trasformazione Digitale del Centro Comune di Ricerca (JRC) della Commissione europea, intervenuta nel corso dell’Assemblea Generale di Confindustria Varese, ha tracciato un quadro delle sfide che le imprese europee si trovano ad affrontare, sottolineando il ruolo strategico della ricerca, della normazione tecnica e della collaborazione tra istituzioni, industria e territorio per governare il cambiamento e trasformare l’incertezza in opportunità. Di seguito uno stralcio della sua intervista andata in scena dal palco di Volandia – Parco e Museo del Volo che ha ospitato i lavori.

Quando si parla di Intelligenza Artificiale, oggi dominano la scena globale potenze come Stati Uniti e Cina, protagoniste di accordi miliardari su infrastrutture strategiche come data center e chip di ultima generazione, firmati con colossi come Nvidia. Eppure, con l’adozione dell’AI Act, anche l’Europa dimostra di voler giocare un ruolo da protagonista. Quali sono, dunque, le soluzioni che la Commissione europea sta mettendo in campo per sostenere lo sviluppo e l’adozione dell’AI?
In primo luogo, sono fermamente convinta che l’Intelligenza Artificiale rappresenti una grande opportunità e non credo sia tardi per recuperare la corsa con Stati Uniti e Cina. La precedente Commissione europea ha legiferato sull’AI Act, il primo quadro normativo sull’Intelligenza Artificiale per la gestione dei rischi ad essa connessi. L’AI Act è stato grandemente criticato, in molti hanno pensato che l’Europa si stesse soffermando solamente sulla regolamentazione, mentre il resto del mondo proseguiva nella pratica. Molti hanno interpretato l’AI Act come un freno all’innovazione. In realtà io sono convinta che fosse necessario regolamentare, affinché non fossero violati i nostri diritti fondamentali, la nostra privacy o, addirittura, si diffondesse disinformazione online. Non è quello di cui abbiamo bisogno, al contrario auspichiamo sistemi di Intelligenza Artificiale etici, sicuri e integrati nel mondo dell’industria. Anche perché, se non c’è fiducia nell’uso dell’AI, è difficile riuscire ad integrarla nel sistema industriale. La nuova Commissione si sta focalizzando proprio su questo, sullo sfruttare il potenziale delle nuove tecnologie.

E nella pratica cosa sta facendo la Commissione?
Il 9 aprile scorso la Commissione europea ha adottato un piano per fare dell’Europa il continente dell’Intelligenza Artificiale. Un piano chiamato AI Continent Action Plan, che si focalizza proprio sull’uso dell’AI nell’industria, con una serie di azioni. Ad esempio, la creazione di 13 AI factories, fabbriche dell’Intelligenza Artificiale dove si fornisce potenza di calcolo, super computer, laboratori di dati. In Italia ne è presente una a Bologna, ospitata da Cineca (consorzio interuniversitario italiano, a cui aderiscono 70 Università italiane, 2 ministeri, 46 istituzioni pubbliche nazionali, ndr) ed è proprio in sedi come queste che aziende e mondo della ricerca possono sperimentare le nuove soluzioni adatte all’industria. Stiamo, inoltre, lavorando come Commissione sulla Apply AI strategy, ovvero la strategia per applicare questa tecnologia: ad oggi purtroppo i dati ci dicono che in Europa solo il 13,5% delle imprese adotta veramente soluzioni basate sull’Intelligenza Artificiale.

Molte aziende sono scoraggiate dall’implementare soluzioni di Intelligenza Artificiale a causa della complessità del contesto normativo e organizzativo: quando ci si avvicina all’integrazione dell’AI, oltre alla gestione dei dati e alla tutela della privacy, si deve affrontare anche un notevole carico burocratico.
Stiamo lavorando anche su questo fronte. La semplificazione è una delle priorità della Commissione europea. Gli standard giocano un ruolo fondamentale: si tratta di norme tecniche che agevolano l’adeguamento alla regolamentazione, in quanto offrono una presunzione di conformità. In altre parole, il rispetto di questi standard implica automaticamente l’allineamento con i requisiti normativi. Per quanto riguarda l’Intelligenza Artificiale e le sue molteplici implicazioni, è in corso una stretta collaborazione con CEN e CENELEC, i due organismi europei responsabili dell’elaborazione degli standard tecnici, con l’obiettivo di facilitare l’attuazione dell’AI Act. Una particolare attenzione è rivolta alle piccole e medie imprese, affinché l’applicazione della normativa non si trasformi in un ostacolo alla loro crescita. In questo contesto, sarà inoltre istituito uno sportello unico normativo per offrire supporto concreto alle imprese nell’adeguamento agli standard e alla nuova regolamentazione.

Può farci qualche esempio di come il JRC sta collaborando con le imprese sul fronte dell’Intelligenza Artificiale?
La collaborazione tra il JRC e l’industria è di fondamentale importanza. Abbiamo recentemente pubblicato uno studio che offre una visione globale sul manifatturiero avanzato e ora ci stiamo concentrando sull’Intelligenza Artificiale: dove viene sviluppata, quali sono le sue vulnerabilità e i suoi punti di forza. Dai dati emerge un quadro interessante: sul fronte della ricerca, l’Europa e l’Italia in particolare, si posizionano bene. Circa il 27% degli attori impegnati nella ricerca sull’AI è europeo, una quota quasi doppia rispetto a quella di Stati Uniti e Cina. Tuttavia, quando si passa dalla ricerca all’innovazione applicata e si analizza il numero di imprese attive nel settore, la situazione cambia radicalmente: l’Europa rappresenta solo il 10%, contro il doppio degli Stati Uniti e ben quattro volte meno della Cina. Abbiamo anche esempi concreti sul territorio: il centro di Ispra ospita oltre 2.000 ricercatori e più di 40 laboratori. È un vero e proprio hub dove si sperimentano e si testano nuove tecnologie, con l’obiettivo di comprenderne a fondo il funzionamento. Credo fermamente in una collaborazione sempre più diretta e concreta con il mondo produttivo. Per questo vogliamo aprire le porte dei nostri laboratori alle imprese, incluse quelle del territorio, e avviare un numero crescente di progetti condivisi.

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