La competitività del Sistema lombardo

La regione Lombardia produce il 23% del Pil nazionale, il 26% dell’export e garantisce il 36% dell’occupazione manifatturiera italiana high tech

Come siamo, come ci vediamo e come ci vedono gli altri. Non c’è mai solo un punto di vista nelle cose e neppure nella percezione della propria carica competitiva. Così, nel riflettere su quale sia il peso dell’economia lombarda nel contesto nazionale ed in quello internazionale, cerchiamo di tracciarne un identikit attraverso i numeri più salienti. Competitività interna Iniziamo dai tratti caratterizzanti, ossia quelli del peso economico all’interno del nostro Paese. Vale la pena di esaminare con attenzione le proporzioni fi siche ed economiche. Il suo peso fisico ci dice che per superficie la Lombardia è appena l’8% dell’Italia (4° posto), ma concentra una popolazione pari al 17%: con i suoi 10 milioni di abitanti è la regione più popolata in assoluto. Queste proporzioni via via migliorano guardando gli indicatori di performance economico-tecnologica. Il 17% della popolazione concentra il 20% delle spese di R&D, il 23% del valore aggiunto totale nazionale, il 26% dell’export, sino a raggiungere il 27% della produzione manifatturiera e addirittura più di un terzo (il 36% per la precisione) degli occupati nel settore manifatturiero high tech. Come in un ritratto bisogna però saper superare la sindrome di Dorian Gray, avendo il coraggio di osservarsi nel confronto con altri per cogliere in tempo e prevenire i sintomi dell’invecchiamento competitivo. Tutto ciò a maggior ragione oggi, quando il riassestamento geopolitico mondiale ridisegna gli equilibri. Ci sono allora quattro strade per fare questo: cercare di allargare il campo del confronto tra i propri pari; guardare i fenomeni sotto l’aspetto dinamico, osservando come si muovono gli indicatori economici; verificare in un orizzonte internazionale più ampio quale Paese copre specializzazioni simili alle nostre; individuare il potenziale inespresso in termini di sviluppo futuro.

Il confronto tra pari

Una regione dei primati, ma anche una regione che si deve confrontare con l’esterno. Ed in primis con altre regioni o, a volte, anche Stati europei. Da questi confronti emergono alcune informazioni interessanti: se guardiamo al Prodotto Interno Lordo complessivo in una classifica mista Paesi e Regioni dell’Unione Europea secondo la ripartizione NUTS 2 (suddivisione statistica del territorio Ue per regioni come, ad esempio, Lombardia, Catalogna, Provenza[1]Alpi-Costa Azzurra…) emerge ad esempio che la Lombardia oltre ad essere la prima regione italiana, è la seconda regione europea, ma, cosa ancor più interessante, genera un Pil più elevato rispetto ad alcuni interi Paesi come Austria e Romania, che hanno una popolazione comparabile. Guardando poi al valore aggiunto manifatturiero, principale dorsale di sviluppo di un territorio, si vede che a livello sempre di regioni NUTS 2 rimane la prima italiana e la seconda europea di dimensioni comparabili dietro al Sud dell’Irlanda (elettronica, food e farmaceutica) e poco sopra la regione di Stoccarda (auto e meccanica) o dell’Oberbayern (automotive). Ad onor del vero a questo livello l’altra grande regione (questa volta di una dimensione superiore, NUTS 1, ossia basata su una classificazione statistica del territorio Ue per grandi aree come, ad esempio, Nord-Ovest Italia, Ovest della Germania, Sud dell’Inghilterra) con cui si confronta dovrebbe essere l’intero Baden-Württemberg, area che rientra insieme a Lombardia, Cataluña e Auvergne-Rhône-Alpes nei quattro Motori d’Europa.

Il confronto dinamico della Lombardia

Secondo il rapporto di competitività di Confindustria Lombardia nel 2023, la Lombardia ha generato circa il 23% del Pil nazionale, che ammonta complessivamente a 2.128 miliardi di euro. Il Pil regionale, stimato intorno ai 490 miliardi di euro a prezzi correnti, deriva per circa 1/5 dal settore manifatturiero. La previsione di crescita per l’anno in corso si è rimodulata attestandosi intorno allo 0,8%. L’inflazione, dopo il rallentamento subìto nel 2024 quando si è attesta all’0,8%, ha segnato una contenuta ripresa a causa dei beni energetici con una punta dell’1,8% nel mese di marzo. I settori meno dinamici in questi mesi sono risultati la moda, la siderurgia, sino ad arrivare alla meccanica. Migliore invece l’andamento nell’industria chimico farmaceutica e alimentare. La dinamica delle esportazioni nel 2024 è rimasta debole (appena +0,57%), con i principali mercati di sbocco situati in Germania (19,44 miliardi, -2,3%) e Francia (15,14 miliardi, -2,7%), seguiti dagli Stati Uniti (-3,6%). Il dato annuale segnala invece una forte crescita verso la Spagna (+11,1%), che supera la Svizzera, e verso mercati emergenti come Arabia Saudita (+19,7%), Emirati Arabi Uniti (+12,9%) e India (+9,5%). Se invece si allarga il confronto dinamico in un trend temporale più lungo ai quattro Motori d’Europa allora, da un’analisi del Centro studi di Confindustria Varese, emerge che, tra il 2015 ed il 2024, la Lombardia ha registrato una crescita del 14,4%, seconda solo alla Cataluña e, cosa ancor più interessante, dal pre[1]Covid in avanti (2019-2024) è stata la regione con un recupero più forte (+8,3%). Insomma, abbiamo dato prova non solo di resilienza, ma anche di dinamismo. Questa la fotografi a sintetica a birilli fermi.

Competitività extra Ue

Ma la realtà supera l’immaginazione e la competitività sta trovando un baricentro diverso nel pianeta. Passando ad un livello di analisi superiore (nazionale) è particolarmente interessante il confronto fatto da uno studio di Bce su dati Unctad (Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo) sull’evoluzione dei vantaggi comparati di competitività (RCA). La Lombardia, abbiamo visto, rappresenta una buona proxy dei dati nazionali sia per peso sia per presenza di un mix produttivo completo in ambito manifatturiero che va dall’aeronautico all’automotive, al tessile, passando poi per la chimica, la farmaceutica, la plastica e tutte le specializzazioni della meccanica di precisione. Azzardando una proporzione nemmeno troppo spuria, possiamo ritenere che quello che è valido per l’Italia sia abbastanza vicino a quello che è valido anche per la nostra regione. Il radar dei vantaggi comparati di Unctad RCA mostra quanto le specializzazioni italiane di export siano in realtà molto simili a quelle del grande gigante cinese. In gran parte sovrapponibili ad esso. Sulle orme della Bce il Centro studi di Confindustria Varese ha calcolato che la Cina si sovrappone in 65 categorie produttive su 259 rilevate con il nostro Paese contro le 50 della Germania, le circa 43 del Giappone, le 45 della Francia, le circa 42 della Spagna e le 27 per gli Stati Uniti. Siamo tra i Paesi, e di conseguenza la regione, con maggior sovrapponibilità tra i grandi europei e quindi con maggior potenziale danno competitivo. Abbiamo reso questa analisi ancor più granulare in modo da comprendere quali siano i comparti dove l’attacco competitivo, lato export, sia più significativo. Nel grafico (alla pagina successiva) sono riportate le categorie di prodotto in cui sono specializzate sia Cina sia Italia: emerge con chiarezza quanto intuitivamente già sospettavamo. Delle 65 specializzazioni comuni con la Cina in 33 l’Italia mostra un’intensità di specializzazione più forte (RCA più elevato). Ciò non toglie che i volumi siano sempre a favore della Cina. La competizione diretta è molto forte in tutta la filiera tessile dalla materia prima alle lavorazioni, riusciamo a mantenere un indice di specializzazione superiore alla Cina solo “other textile fabrics woven” o nell’abbigliamento uomo e donna (esclusa la maglieria) e le calzature, dove però i volumi giocano a sfavore. Il confronto è diretto nei manufatti in metallo, nella power generation, nei macchinari e nelle loro componenti dove abbiamo volumi inferiori, ma manteniamo spesso degli indici di specializzazione superiori alla Cina. Lo stesso avviene per la nautica e nell’ottica. La domanda è una sola: come uscirne?

Il potenziale inespresso per la crescita

“Le cose sono due, lacrime mie o lacrime tue…” direbbe una famosa cantante. L’esperienza insegna che, quando stiamo per essere raggiunti, bisogna aumentare il passo per ripristinare la distanza e questo, in termini competitivi, significa guardare ai potenziali inespressi che sono in linea con i trend di sviluppo futuri. Ed i due macro-trend sono quelli della sfida della capacità di generare innovazione, con un focus particolare in termini di digitalizzazione, e applicazioni in sostenibilità. Gli indicatori riguardo la prima sfida, quella innovativa, sono buoni rispetto ad un confronto interno Lombardia vs altre regioni italiane, ma faticano a tenere il passo con altri territori nostri benchmark in Europa. Come Paese e come regione dobbiamo rafforzarci in termini di sforzi innovativi: investimenti in R&S ed anche tutelarci maggiormente in termini di output innovativo, brevetti e proprietà intellettuale sono ancora poco utilizzati. Creare le condizioni perché i nostri ricercatori diano un contributo nel Paese. Secondo un Booklet di Assolombarda dei 406 ricercatori italiani vincitori di un ERC Grant (finanziamento assegnato dal Consiglio Europeo della Ricerca con l’obiettivo di sostenere la ricerca scientifica di frontiera condotta da ricercatori eccellenti in Europa), il 41% va all’estero contro il 26% della Germania che a conti fatti riesce a tenere in patria circa il doppio dei ricercatori 493 contro 239. Occorre far cresce e sviluppare startup e metterle in relazione con le imprese già esistenti. Ne abbiamo ancora troppo poche per la nostra necessità: 2,6% sul totale delle imprese attive nel settore industriale. Bisogna agire sulla crescita dimensionale o sull’integrazione delle Pmi perché si raggiunga anche quella capacità di investimento minima da cui si parte per fare ricerca sempre più avanzata. Utilizziamo ancora troppo poco i fondi europei. Dobbiamo diffondere capillarmente la digitalizzazione e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle nostre imprese. Anche da qui passa il recupero di produttività e di competitività in un mondo in cui la demografia non ci assiste. E poi c’è tutto il mondo della sostenibilità. Gioie e dolori di una produzione che verrà e che avanzando muove equilibri settoriali e cambia le catene di specializzazione. Processo tutt’altro che indolore che porta con sé ragionamenti sia sull’auto elettrica, che su microchip e microelettronica, su tecnologie di sicurezza e molto altro. Ma passando dal livello macro-settoriale ad una valutazione molto micro sul cammino intrapreso dalle aziende per aderire al modello Esg, lo stesso Booklet di Assolombarda sulla sostenibilità rileva che analizzando la media dei rating prodotti da Moody’s, Refinitiv e Sustainalytics, le imprese della Lombardia sono seconde tra i Paesi benchmark dei quattro Motori d’Europa con valutazioni positive in ambito sociale e di Governance. La Lombardia si colloca con un 57,8 dietro la Catalunya (62,9), poco sopra l’Auvergne-Rhône-Alpes (56,6) e sopra il Baden-Württemberg (50,8). Un risultato inatteso? Forse. Ma è anche un risultato che premia lo sforzo continuo delle nostre imprese per progredire. Ciò fa ben sperare anche verso il futuro.

Per saperne di più

Indicatori di vantaggio comparato rivelato per l’Italia

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