Gli aspetti fiscali dei contributi aziendali
Sono sempre più numerose le realtà produttive di piccole, medie o grandi dimensioni, che decidono di sostenere iniziative culturali. I motivi per cui scelgono di farlo sono diversi. Il
Sono sempre più numerose le realtà produttive di piccole, medie o grandi dimensioni, che decidono di sostenere iniziative culturali. I motivi per cui scelgono di farlo sono diversi. Il vantaggio in termini di risparmi nei confronti dell’Erario è probabilmente in fondo alla lista. Ma alcuni accorgimenti potrebbero dare ulteriori stimoli al supporto del mondo delle imprese alla valorizzazione dell’arte. Il punto della situazione e gli auspicabili sviluppi attraverso l’analisi del professor Giuseppe Zizzo della LIUC – Università Cattaneo
Da un punto di vista puramente fiscale, l’investimento nell’arte da parte delle imprese può avvenire secondo due prospettive. La prima è quella del finanziamento, attraverso erogazioni liberali (in denaro elargito da un benefattore senza obblighi di controprestazione o riconoscimenti di natura economica) oppure attraverso la sponsorizzazione di iniziative nel campo artistico, come mostre, ristrutturazioni di oggetti architettonici, chiese o edifici. In questo caso si tratta, per le imprese o per gli enti, di un’attività di pura rappresentanza, promozione o di immagine legata al proprio brand. La seconda prospettiva, invece, riguarda l’acquisizione da parte delle aziende di opere d’arte o di grandi collezioni. In questo caso, si tratta di un vero e proprio impegno sociale che l’impresa assume nei confronti della comunità e dei propri dipendenti. L’obiettivo è quello di diffondere e promuovere la cultura artistica sul territorio. Un atteggiamento mosso, spesso, da passioni che si tramandano di generazione in generazione, soprattutto nelle aziende a conduzione familiare. Ma non solo, ovviamente. Sempre di più, anche le realtà di grandi dimensioni e ben strutturate, scelgono di portare avanti questo impegno.

“Sarebbe utile estendere l’Art Bonus, utilizzando una percentuale più moderata ed eventualmente richiedendo la possibilità di una fruizione pubblica delle opere, all’acquisto di pezzi d’arte da parte delle imprese, in modo da incentivare, mediante un risparmio d’imposta, l’investimento in questo ambito”
Altro strumento a cui possono ricorrere le realtà manifatturiere, diverso, però, dalle erogazioni liberali, è quello delle sponsorizzazioni. “Se un’impresa sceglie di finanziare un museo durante specifici eventi o in modo sistematico – continua Zizzo –, quest’ultima si impegna ad esporre e utilizzare nella comunicazione istituzionale il logo o a consentire di dare visibilità all’iniziativa nella propria comunicazione. L’onere potrebbe essere fiscalmente deducibile in quanto assimilabile ad una spesa pubblicitaria”. Ad oggi, quindi, non esiste una vera e propria legge sull’arte e sul collezionismo che riguardi le imprese. Ci sono delle agevolazioni fiscali previste, appunto, dall’Art Bonus. Ma si potrebbe fare qualcosa di più per venire incontro alle necessità delle aziende e anche per diffondere in maniera capillare la cultura artistica. “Sarebbe utile estendere l’Art Bonus, utilizzando una percentuale più moderata ed eventualmente richiedendo la possibilità di una fruizione pubblica delle opere, all’acquisto di pezzi d’arte da parte delle imprese – sottolinea il professore della LIUC –, in modo da incentivare, mediante un risparmio d’imposta, l’investimento in questo ambito”. Oppure, un’altra idea, potrebbe essere quella della deduzione. Giuseppe Zizzo specifica: “Si potrebbe pensare di ammettere in deduzione, distribuita su un certo numero di anni, una quota del costo dei manufatti artistici acquistati dalle imprese, anche in questo caso concedendo loro un risparmio d’imposta in abbinamento all’acquisto.
A differenza di quello prodotto dal credito, il risparmio d’imposta generato dalla deduzione verrebbe recuperato in caso di successiva cessione delle opere (la deduzione riducendo il costo fiscale su cui calcolare successive plusvalenze o minusvalenze, ndr)”. Una grande novità in cantiere, invece, riguarda sempre l’ambito culturale e artistico, ma sotto l’aspetto dell’attività di collezionismo. “C’è la necessità di regolare l’attività dei collezionisti per assicurare certezza sulle conseguenze fiscali delle vendite degli oggetti da collezione, su cui attualmente è agevole trovarsi in lite con l’amministrazione finanziaria”, conclude il professor Zizzo. Un tema, quello degli aspetti fiscali dell’arte e del collezionismo, compreso quello riguardante i cosiddetti nuovi collectibles (criptoasset e Nft), che è stato discusso anche durante un evento organizzato dalla LIUC – Università Cattaneo di Castellanza e che si è tenuto nell’alveo della Commissione di studio sul Family Business dell’ODCEC (Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili) di Busto Arsizio, presieduta dal professor Fernando Alberti. Si tratta, infatti, di una tematica centrale anche in relazione alle famiglie imprenditoriali e al passaggio generazionale.
Per saperne di più
- L’incontro tra cultura e manifattura
- Il valore dell’arte per le imprese
- L’Art Bonus nel Varesotto vale 2,7 milioni
- Mondo culturale e partnership pubblico-privato
- Le “illuminate” Bergamo e Brescia
- L’impresa che recupera la bellezza
- Vittore Frattini, tra arte e industria


