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Se le accise italiane sulla birra a gennaio anziché aumentare si fossero assestate a livello di Germania e Spagna l’industria del settore sarebbe stata in grado di generare 20 posti di lavoro al giorno, 7mila in un anno. Questa volta a chiedere #piùcoraggio alle istituzioni è il Presidente Assobirra, Alberto Frausin. Che, in qualità di Amministratore Delegato di Carlsberg Italia, è a capo di una delle più importanti imprese del comparto alimentari e bevande del Varesotto: lo storio Birrificio Poretti di Induno Olona.
Presidente Frausin, quali sono le conseguenze dell'aumento delle accise sulle capacità di sviluppo del settore della birra in Italia?
Nell’autunno 2013 il Parlamento ha approvato due decreti legge che, per reperire risorse da destinare alla scuola e alla cultura, hanno aumentato le accise sulla birra del 30% in 15 mesi (l’ultimo aumento è scattato il 1° gennaio). Per essere chiari: oggi la metà del prezzo di una birra da 66cl acquistata al supermercato se ne va in tasse o, come diciamo noi, un sorso su due. Il settore Birra nel suo complesso dà lavoro a 136 mila persone e porta allo Stato 4 miliardi di euro di entrate all’anno se sommiamo accise, Iva, imposte sui redditi, ecc. Negli ultimi 5 anni ha creato opportunità imprenditoriali e nuova occupazione (il boom dei microbirrifici è sotto gli occhi di tutti), soprattutto per i giovani. Dal 2006 a oggi le esportazioni sono praticamente triplicate. E’ chiaro che di fronte ad una situazione fiscale di questo tipo è difficile confermare questo cammino.

Tra accise, Iva e imposte l’erario si beve un sorso ogni due di una bottiglia di 66cl di bevanda al luppolo. Eppure se la tassazione fosse ai livelli di Germania e Spagna il settore potrebbe creare 7mila posti di lavoro in un anno
Alla crisi generale dell'economia del Paese, come ha reagito il settore della birra, sia da un punto di vista produttivo, sia da un punto di vista degli investimenti messi in campo dalle imprese?
Il 2014 è stato un anno molto difficile. Negli ultimi mesi dell’anno, c’è stato un calo di vendite di circa il 5%, in linea con quanto ipotizzato dallo studio REF Ricerche, peraltro in un mercato che non vede crescita dei consumi da 10 anni. Ciò nonostante abbiamo continuato ad investire nei nostri siti produttivi dal punto di vista di tecnologia, di sostenibilità (solo per citare uno degli ingredienti fondamentali della birra: negli ultimi 20 anni l’acqua utilizzata nei processi produttivi è stata ridotta di 2/3), di qualità e sicurezza del prodotto (ad esempio: sono circa 70mila all’anno i controlli di qualità e sicurezza fatti da tutti i produttori, industriali e artigianali, e grazie a questi nel settore birra non ci sono mai stati “scandali” relativi al prodotto). Continuiamo a produrre birre di eccellenza che sempre più i mercati esteri riconoscono come tali. E comunque continuiamo a combattere la nostra battaglia: la campagna Salvalatuabirra ha già raccolto oltre 115.000 firme (e continuerà a raccoglierne) di italiani che hanno così dimostrato di essere contrari a questi aumenti. Vi invito a vedere i contatori aggiornati sul sito “Più accise, meno birra nel bicchiere” e “Meno accise, più posti di lavoro” per avere il polso della situazione.
Aumentare l'attrattività del Paese per gli investimenti esteri è uno degli obiettivi dell'attuale governo. Ma l'aumento delle accise non va contro il raggiungimento di questo intento? Come reagisce un investitore estero del settore ad una decisione del genere?
In Italia siamo bravissimi a complicarci la vita e a renderci un enigma di difficile interpretazione all’estero. Gli investitori stranieri rimangono perplessi dalla situazione nel complesso: aumenti fiscali sui settori ad alta potenzialità, complessità burocratiche, incertezze di ogni genere. Credono nella serietà dei manager e delle persone che lavorano, meno in uno Stato che rende la loro vita e il loro approccio al business complicato.

Il Presidente di Assobirra, Alberto Frausin: “Le maggiori entrate hanno come contraltare effetti depressivi sull’intera filiera. Per quanto riguarda l’occupazione si calcolano 2.400 posti di lavoro in meno”
Quali sono le potenzialità del mercato della birra in Italia?
Quando parliamo di questo argomento dobbiamo tenere in considerazione il fatto che non parliamo solo dei produttori di birra, ma di tutta una filiera che comprende produttori di materie prime, distributori del prodotto, punti vendita ecc. Questo significa che le previste maggiori entrate hanno come contraltare effetti depressivi sull’intera filiera (per quanto riguarda l’occupazione si calcolano 2.400 posti di lavoro in meno). E pensare che se le accise sulla birra in Italia fossero analoghe a quelle tedesche e spagnole, si genererebbero altri 7mila posti di lavoro. E’ un esempio delle distorsioni derivanti da una politica fiscale che ha un respiro breve e, mi permetto di aggiungere, che si dimostra anche discriminatoria visto che la birra è l’unica bevanda da pasto in Italia a pagare le accise. Bisogna inoltre tenere in considerazione che con 29lt di birra consumata siamo il Paese europeo con il consumo pro capite più basso.
Assobirra ha calcolato le ripercussioni dell'aumento delle accise sull'indotto nazionale della birra. Ma quali sono i numeri dell'indotto della birra in provincia di Varese che girano intorno allo storico stabilimento di Induno Olona della Poretti?
Lo stabilimento di Induno produce ormai oltre 1,1 milioni di HL di birra (su un totale produttivo italiano di circa 13): siamo una realtà tutto sommato piccola sulla scena nazionale, ma sul territorio negli ultimi anni abbiamo lavorato molto. Inoltre, essendo la birra ufficiale di Padiglione Italia cercheremo di sfruttare al meglio l’occasione di EXPO 2015 per raccontare le nostre birre e far conoscere il nostro gioiello liberty. Certo che trovarsi ad affrontare l’ostacolo accisa in un anno dove poter investire era importante e non ci ha certo facilitato la vita.
Come risponde a chi sostiene che, di fronte alle esigenze di cassa dello Stato, è comunque meglio tassare un prodotto alcolico che non alzare le imposte su un bene di prima necessità?
Dico che in questo modo non diamo spazio alle ragioni dello sviluppo. La birra è un prodotto moderatamente alcolico e in Italia consumata per lo più a pasto, ma è innanzitutto un settore che ha dimostrato di saper crescere, investire ed essere competitivo. E che chiede solo di poter continuare a farlo, soprattutto considerando che un mercato interno debole è una zavorra anche per le possibilità di sviluppo internazionale dove abbiamo grandi opportunità da cogliere.


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