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La storia di Adele Cossi, mezzosoprano luinese, che dopo teatro e televisione e una vita senza compromessi ha deciso di tornare alla pittura, sua grande passione sin dall’infanzia

Adele Cossi è donna di grande temperamento e vitalità, mossa da una inesauribile passione per l’arte e la bellezza, entusiasta della vita e trascinatrice di chi le sta accanto. La sua splendida carriera teatrale come mezzosoprano, il successo avuto in televisione in importanti trasmissioni, i riconoscimenti per la sua nuova attività di pittrice, non hanno mutato il suo carattere schietto né la semplicità affettuosa dei suoi modi.
Diplomata in canto al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, allieva di Leyla Gencer, uno dei più grandi soprani del ‘900, Adele, donna di grande bellezza tanto da essere premiata nel 1981 dalla rivista “Amica” come sosia di Bo Derek, è stata anche un notissimo volto televisivo, grazie alla sua partecipazione alle trasmissioni di Rai 2 “Ci pensiamo lunedì”, “Forte Fortissimo” e “Casa Rai” di Giletti. 

Come è nata la passione per il canto? Aveva musicisti in famiglia?
“Sin da bambina il mio sogno più grande era quello di diventare una cantante lirica; a sei sette anni mi arrampicavo sugli alberi per vedere il mondo dall’alto, come da un palcoscenico, per cantare inventando le melodie. I miei genitori non sono musicisti, ma hanno sempre avuto il gusto per l’arte e il buon ascolto. Poi iniziai a studiare pianoforte privatamente, ma dovetti attendere di dare la maturità per potermi iscrivere al conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, sotto la guida del grande tenore Pier Miranda Ferraro. Nel contempo, coltivavo già l’altra mia passione, quella per la pittura, ma l’accademia di Brera è rimasta un sogno nel cassetto”. 

“Fin da bambina amavo dipingere, ma poi ho privilegiato la mia voce che subito mi ha dato enormi soddisfazioni”

Quali sono i suoi maestri e i cantanti a cui si è ispirata? 
“In conservatorio ebbi la fortuna di avere un insegnante, il maestro Ferraro, che oltre a insegnarmi la tecnica, seppe trasmettermi la capacità fondamentale di esprimere e interpretare ciò che cantavo. A ventun anni vinsi il concorso più importante, l’Aslico, che mi aprì le porte dei più grandi teatri, come interprete protagonista. Durante il mio percorso iniziale ebbi anche la fortuna di entrare a far parte dei prescelti dal maestro Rodolfo Celletti, che mi aiutò ulteriormente nella formazione dei diversi aspetti della tecnica vocale, dello stile e dell’interpretazione del Belcanto italiano”. 

Quali sono i ruoli a cui è più affezionata e i colleghi che più ha ammirato negli anni di teatro? 
“Il ruolo che più mi appassiona è quello di Carmen, in cui vocalità e temperamento sono in gioco costante. In ogni opera ho imparato qualcosa attraverso il lavoro in palcoscenico accanto ai colleghi: dettagli, sfumature, tenuta scenica, tutti particolari che mi hanno fatta crescere. È stato determinante lavorare accanto alla grande Raina Kabaivanska o all’elegante Renato Bruson”.

Quanto conta la bellezza nella vita e nella carriera di una cantante? 
“La bellezza è un’arma a doppio taglio, apre sicuramente molte più porte, ma poi devi metter bene in chiaro che non vuoi scendere a compromessi. Questo mio atteggiamento mi ha spesso fatto tagliare i ponti con teatri importanti”.  

Accanto alla lirica lei ha avuto una carriera televisiva: come la ricorda e quali soddisfazioni le ha dato?
“Fui chiamata per un programma di varietà in prima serata, “Ci pensiamo lunedì”, in onda la domenica sera su Rai 2. Quattordici puntate, in cui uno spazio era dedicato all’operetta. Il successo fu eclatante; arrivarono richieste anche dal cinema. Il direttore di Rai 1 mi propose di condurre e presentare il varietà del sabato sera, dove avrei anche dovuto ballare oltre che naturalmente cantare. Ma l’emozione che mi dava il teatro era ineguagliabile, così rinunciai, per dare maggior spazio al palcoscenico, la passione della mia vita”. 

“Dopo aver realizzato successi e calpestato palcoscenici, metto in discussione ancora me stessa nell’indagine psicologica che scaturisce dal colore e dal tratto”

Oggi Adele si è trasformata in Eleda e dipinge: come mai questa scelta? Ha fatto studi artistici o è autodidatta?
“Fin da bambina amavo dipingere, ma poi ho privilegiato la mia voce che subito mi ha dato enormi soddisfazioni. Ora, lasciato il palcoscenico per dedicarmi alla famiglia, ho pensato di riprendere i pennelli. Attraverso la pittura voglio catturare l’essenza del carattere, come facevo con le eroine che interpretavo sulla scena, per regalare, a chi osserva le mie tele, lampi di sentimento e guizzi di passione, con il colore che si muove come note musicali”.

La scelta dei soggetti come avviene? Quali sono le tecniche che adopera?
“Dopo aver realizzato successi e calpestato palcoscenici, metto in discussione ancora me stessa nell’indagine psicologica che scaturisce dal colore e dal tratto. La tecnica a olio è l’aspetto fisico delle mie creazioni. Amo i ritratti, in cui voglio cogliere l’essenza dell’anima rivelata dagli occhi, per far sì che ogni spettatore ne possa cogliere un proprio significato. Canto e pittura sono ormai due elementi vitali di ricerca artistica quotidiana”.

Lei è nata e cresciuta a Luino dove tuttora vive: come si trova? 
“L’amenità della natura che circonda Luino e l’energia che sento nel vedere il lago, ogni giorno aprendo gli occhi, sono la vitalità che ho dentro. È perciò che ogni giorno ringrazio il Signore per avermi fatto nascere in un posto come questo”. 



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