Tra-misticismo-e-leggende-nel-Varesotto

Luoghi sacri meno conosciuti, cappelle campestri e antiche mitologie pagane. Varesefocus accompagna i propri lettori in un itinerario inedito, alla scoperta di località, a volte, difficilmente accessibili ma dall’enorme fascino spirituale. In attesa di poterle visitare di persona...

Santuari e monasteri silenziosi, cripte segrete, leggende e misticismo: c’è una chiave di lettura che va in profondità tra Varese e la sua provincia e passa per tanti luoghi di Fede e misticismo che hanno permeato da sempre città, edifici sacri, ma anche boschi e luoghi naturali. I luoghi della Fede hanno lasciato testimonianze di arte, storia e cultura divenute ricchezza per tutta la comunità del Varesotto. A partire dai suoi esempi più lampanti, come il Sacro Monte di Varese, Patrimonio Unesco, il Monastero di Torba bene Fai, quello di Cairate, il Chiostro di Voltorre affacciato sul lago di Varese e altri monumenti ed edifici religiosi da sempre noti e visitati.

Ma i luoghi della spiritualità del Varesotto sono molti di più, a volte difficilmente accessibili, ma non meno affascinanti. Torniamo al Sacro Monte varesino, dopo aver percorso la Via delle Cappelle e visitato il santuario. Nel sottosuolo, è stata scoperta una cripta di origine romanica, ricca di affreschi e reperti che testimoniano in loco l’esistenza di un antichissimo edificio di culto mariano, a oggi non noto. Questa antica chiesa originaria venne abbattuta in età carolingio-ottoniana per edificare, ex novo e in forma ampliata, una nuova cappella, il cui presbiterio absidato è arrivato fino ai giorni nostri, la Cripta romanica del Sacro Monte. Uno degli aspetti più suggestivi della cripta sono gli affreschi, con scene devozionali, databili tra il 1360 e il 1370 circa; secondo altri la loro esecuzione va avanzata ai primi anni del XV secolo, a causa di caratteri stilistici simili a quelli presentati dagli affreschi della Schirannetta di Casbeno datati 1408.

Dal Varesotto passano anche i luoghi mistici di un antico pellegrinaggio da poco riqualificato, la Via Francisca del Lucomagno: un’antica via romana-longobarda che da Costanza, nel centro Europa, porta a Pavia passando dalla Svizzera. È lunga 510 chilometri, di cui 135 in Italia. Alcuni tratti sono accessibili alle persone a ridotta capacità motoria. Il tracciato è ben segnalato e in sicurezza. La Via può essere percorsa tutto l’anno, a piedi o in bicicletta, grazie al fatto che il passo del Lucomagno in Svizzera, con i suoi 1.915 metri di altezza è il più basso dell’area alpina e difficilmente presenta condizioni avverse ai camminatori.

Tre le tappe varesine del percorso: a Lavena Ponte Tresa, Torba e Varese. Misticismo e sacralità penetrano fino ai luoghi più remoti della provincia, intrecciando storie di Fede e di Santi ad antiche leggende pagane. Come la figura di San Gemolo a Ganna: la cappelletta campestre è un cameo che spicca all’interno del parco del Campo dei Fiori. Da lì partono numerosi sentieri nel verde, tra cui quello che accompagna alla “fontana dei sassi rossi” o Fonte di San Gemolo. La credenza popolare narra che i sassi di quel punto fossero tinti dal sangue del martire. Secondo la tradizione infatti il giovane diacono Gemolo, verso l’inizio dell’XI secolo, fu decapitato da alcuni briganti nel tentativo di difendere il proprio zio Vescovo, nei pressi di una sorgente in Valganna. Al sacrificio seguirono diversi miracoli e la santificazione del giovane con dedicazione della chiesa che oggi è conosciuta come la Badia di San Gemolo. Ubicata poco più avanti, nel comune di Valganna: nata come cappella alla fine dell’XI secolo, venne eretta in stile lombardo nel 1125 con campanile romanico. Il complesso ospitò una comunità ermetica benedettina divenuta nei secoli sempre più influente e ricca, tanto da rendere la Badia un importante punto di snodo e transito. Oggi è arricchita da un museo.

Misticismo e sacralità penetrano fino ai luoghi più remoti della provincia, intrecciando storie di Fede e di Santi ad antiche leggende pagane. Come la figura di San Gemolo a Ghirla: la cappelletta campestre è un cameo che spicca all’interno del parco del Campo dei Fiori

Non solo testimonianze sacre e cappellette campestri: la provincia di Varese è costellata anche da luoghi naturali e siti considerati leggendari o mistici, a cui sono legate storie e leggende. Restando in Valganna ad esempio, c’è la “leggenda del Faggio guerriero”: ogni primavera, nella zona del lago di Ghirla, nel mese di aprile, c’è un albero maestoso che si colora di verde e fiorisce prima di tutti gli altri. Come se fosse un “generale” che dà per primo il via alla fioritura di tutti gli altri. A questo fenomeno singolare è legata una leggenda: un condottiero sanguinario si tolse la vita dopo essersi pentito di un’esistenza violenta e dopo aver mandato a morte il suo esercito. Una strega, gli concesse un ultimo desiderio: il condottiero chiese di poter essere, almeno per una volta, portatore di vita e non di morte. Così è da allora.

Un’altra leggenda che riguarda alberi e luoghi naturali è quella della “fontana dell’Avvocato”, lungo la strada che da Brinzio porta a Cuvio passando per Castello Cabiaglio. Si chiama così perché il terreno in passato apparteneva ad un avvocato, appunto. Qui, proprio affacciata sulla strada, si trova una fonte a cui è legata una strana leggenda: si dice che da qui sgorghi acqua afrodisiaca. Spesso ne hanno parlato anche giornali e ricerche, ma ancora un fondo scientifico a questa credenza, che resiste agli anni, non è stata scoperta. “Ul funtanin de l’avucatt”, come si chiama in dialetto, sgorga sotto le radici di un faggio secolare e pare le sue acque venissero considerate una sorta di Viagra naturale... credenza, verità o speranza?

Sulle sponde del fiume Ticino è nata una delle civiltà antiche più famose dell’area insubrica, la Civiltà di Golasecca, cultura protoceltica molto evoluta, di cui ancora oggi si possono osservare usi e costumi in musei ma anche in passeggiate nel bosco. Un luogo “mistico” è senza dubbio nel bosco di Golasecca, a pochi metri di distanza dalla cosiddetta spiaggia Melissa: addentrandosi nel sentiero del Parco del Ticino, si può scoprire il sentiero del Monsorino, estremamente suggestivo, perché immerso all’interno di un’importante area archeologica, che ha permesso di studiare nel corso degli anni passati le popolazioni della Cultura di Golasecca. Dalla riva del fiume Ticino, attraverso boschi di querce, castagni, sambuchi e biancospini, il sentiero raggiunge la zona archeologica, in cui sono ancora oggi visibili i circoli di pietre funerari (cromlech, termine gallese che indica un recinto circolare di pietre) dei golasecchiani.

Oltre a quelli del Monsorino, sono stati trovati nel Varesotto ulteriori cromlech, precisamente nei pressi delle località Garzonera di Vergiate e a Vigano di Somma Lombardo (dove è presente il cromlech di dimensioni maggiori, avente un diametro di 17 metri). Il lago Maggiore invece, ad Angera, custodisce l’unica testimonianza di culto mitriaco in Lombardia e una delle pochissime in Italia. Un culto antichissimo di cui si conosce poco e che qui veniva celebrato in una grotta lungo la parete di roccia che porta alla Rocca Borromeo. L’antro mitriaco di Angera, detto anche “Tana del Lupo” (tana del luf, in angerese), è una cavità naturale in cui sono stati ritrovati importanti reperti del mesolitico, risalenti a circa 7.000 anni prima di Cristo. In età romana, dal II secolo d.C. in poi, la grotta venne adibita al culto del dio persiano Mitra, i cui riti venivano celebrati in locali sotterranei. Al suo interno sono presenti antiche incisioni legate ai culti misterici, oltre a diversi incavi rettangolari predisposti per accogliere lapidi e rilievi votivi. A questo luogo, inaccessibile al pubblico, ma che è possibile conoscere nel museo locale cittadino, è legata una leggenda: questo misterioso passaggio rappresenterebbe un’apertura verso altre realtà e dimensioni, ma solo in rari e particolari momenti.



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