Tesori_nascosti_al_Castello_di_Masnago

Una serie di opere d’arte e preziosi reperti del territorio, per lo più soggetti sacri, provenienti da diversi paesi e cittadine, a partire da Varese fino ad arrivare a Cassano Magnago passando per Venegono Inferiore, finalmente restituiti alla comunità. Dimenticati da tempo oppure semplicemente bisognosi di restauri. Al loro recupero hanno concorso illustri studiosi e la Fondazione Comunitaria del Varesotto

Al Castello di Masnago si continuano a proporre ottime mostre. È visitabile, fino al 23 marzo 2023, la nuova rassegna “Tesori Nascosti”, organizzata dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto e dal Comune di Varese, in collaborazione con la pertinente Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. La rassegna, curata da Daniele Cassinelli e Massimiliano Pavanello, permette di avvicinare interessanti opere e preziosi reperti del territorio varesino poco conosciuti o addirittura celati ai più. Opere, che saranno restituite, dopo i lavori di restauro e la mostra, alle comunità del Varesotto, cui spetta poi la ricollocazione alla vista del pubblico. 

Si tratta di soggetti per lo più sacri, provenienti da diversi paesi e cittadine, da Varese a Velate, Venegono Inferiore, Gorla Minore e Arsago Seprio, Gallarate, Cassano Magnago, Golasecca e Besano, Castel Cabiaglio e Porto Valtravaglia. Dimenticati da anni o comunque bisognosi di restauri, al loro recupero hanno concorso illustri studiosi dell’arte e i migliori restauratori. La rassegna è ben allestita e documentata da pannelli esplicativi, con informazioni sulla storia e sulla provenienza delle opere, nonché da video che raccontano le ricerche e i lavori di restauro compiuti. Ancor più gratificante, come sottolineato dall’Assessore alla Cultura del Comune di Varese, Enzo Laforgia e dal Presidente della Fondazione Comunitaria del Varesotto Maurizio Ampollini, è l’aspetto etico-politico dell’operazione. Una ricerca nel passato che porta non solo al recupero, oggi, delle opere bisognose di cure, ma soprattutto alla loro salvaguardia per il futuro. 

Perché, come spiegano, “salvaguardare il paesaggio e il patrimonio storico-artistico della nazione è uno dei compiti affidatici dalla Costituzione”. La restituzione dei tesori ritrovati e risanati alle comunità del territorio che hanno aderito all’iniziativa è dunque aspetto fondamentale dell’intera e complessa operazione. Il percorso della mostra si snoda partendo dalle sale al piano superiore del castello e prosegue in una sala al piano terra, unica dedicata a tre esemplari di importanti fossili di Besano, ritrovati nel 1886 e nel 1887, ora restaurati e riproposti nel racconto della loro antica storia. Appare davvero emozionante l’incontro con opere preziose, come il “Dio Padre circondato da quattro angeli” (1540-1545) di Gaudenzio Ferrari, rappresentato, in una tavola ovale, coi tratti della maestosa dolcezza che appartiene in pieno al gesto pittorico e all’intendere dell’autore. Proviene dalla chiesa prepositurale dei Santi Pietro e Paolo di Saronno, città dove il Ferrari lasciò ampia testimonianza della sua arte. Accanto, tre opere di Callisto Piazza. Sono due pregiate tavole, si presume “Un Profeta e un Apostolo” (del 1542) e il grande quadro “Lo Sposalizio mistico di S. Caterina d’Alessandria con San Gerolamo e il donatore Egidio Bossi” (1542), proveniente dalla chiesa della Natività di Santa Maria vergine di Azzate. 

Il percorso della mostra si snoda partendo dalle sale al piano superiore del castello e prosegue in una sala al piano terra, unica dedicata a tre esemplari di importanti fossili di Besano, ritrovati nel 1886 e nel 1887, ora restaurati e riproposti nel racconto della loro antica storia

Le ricerche degli studiosi hanno ben messo in luce e ricordato i legami tra la nota famiglia dei Bossi e il territorio. Da vedere anche l’importante tempera su tela del San Tommaso d’Aquino, proveniente dal collegio Rotondi di Gorla Minore (probabile scuola lombarda). La delicatissima opera della “Madonna della neve col Bambino e i Santi Lucia e Francesco d’Assisi” (ante 28 gennaio 1686), proveniente dalla chiesa di Santo Stefano di Velate, opera di Salvatore Bianchi, è stata a sua volta recuperata al meglio grazie al restauro dello studio Villa. Emozionante l’indagine che ha permesso, tra l’altro, di riportare alla luce i fiocchi di neve nascosti da precedenti interventi. Elementi fondamentali per togliere ogni dubbio all’identificazione della Vergine.

A proposito di devozioni alla Vergine, s’incontra in mostra una statua lignea di ottima fattura, intagliata, dipinta e dorata, di attribuzione a Giuseppe Antignati, proveniente dalla chiesa parrocchiale dei Santi Giacomo e Filippo, custodita nella cappella della Madonna del Rosario di Venegono Inferiore. Anche in questo caso la mano sapiente dei restauratori ha riavvicinato l’opera, della seconda metà del XVIII secolo, all’aspetto originario, eliminando alcuni elementi estranei intervenuti nel tempo e riparando danni, arrecati per esempio nel tentativo di applicare, come si usava, orecchini d’oro ai lobi della Madonna. Crocifissi dimenticati, riscoperti dopo anni di abbandono, sono quelli lignei di buona fattura provenienti da Porto Valtravaglia (parrocchiale di Santa Maria Assunta, dove è anche il prezioso ciborio del fonte battesimale) e Arsago Seprio (prepositurale di San Vittore), e i quattro reliquiari a busto di martiri, realizzati nel 1668, di ottima ma ignota mano scultorea, anch’essi restaurati, provenienti dalla chiesa parrocchiale di Sant’Appiano in Castel Cabiaglio: si tratta dei Santi Felice, Fiorentino, Asterio e Valentino.

Imponente il Cristo deposto di Golasecca, nella sala principale del percorso, attribuito a un intagliatore lombardo-piemontese e databile tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo. Ricavata da un unico blocco di legno, l’opera è ricordata nella chiesa sussidiaria dei Santi Simone e Giuda, detta del Lazzaretto, destinata, come si legge nel catino absidale della stessa, alla cura, al ricovero e alla sepoltura degli ammalati colpiti da epidemia e pandemia. La statua del Cristo, sempre secondo la scritta, era ritenuta miracolosa per pandemie e siccità. Tra le opere più interessanti di manifattura lombarda è lo stendardo processionale di P. Grossi, del 1898, proveniente dalla chiesa prepositurale di San Giulio in Cassano Magnago, in seta ricamata e dipinta, dedicata alla gloria di San Giulio e trionfo dell’Eucarestia.

Così come lo è lo stendardo processionale in raso ricamato, con teletta d’oro e d’argento del XVII secolo, dedicato alla circoncisione di Gesù e l’Agnus Dei, proveniente dalla Chiesa di Santa Maria Assunta di Gallarate. È la stessa chiesa che ospita il prezioso “San Cristoforo con il Bambino”, una tela (che è in realtà un affresco strappato). Un lavoro raffinato e imponente, il cui restauro è stato finanziato dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto Onlus, soprattutto legato al ricordo storico delle inondazioni dell’Arnetta, se ne contano dal 1580 al 1852 almeno una decina, che muovevano i cittadini a ricorrere alle preghiere, perché il Santo protettore di chi ha a che fare con l’acqua “guardasse giù”. La tela, rappresentante il Santo nell’atto di reggere il bambino al disopra delle acque, reca sullo sfondo una rappresentazione del borgo con la vecchia parrocchiale e viene esposta nella Basilica gallaratese il 25 luglio di ogni anno. Le due belle opere di Fondazione Cariplo, un busto maschile incoronato, in marmo (1225-1250) di scultore federiciano e un olio su tela di Vincent Malò (attribuzione di Andrea Spiriti) arricchiscono infine il percorso.

Un viaggio piacevolissimo tra tesori ritrovati, che induce a riflettere sull’imponente e altissimo lavoro di menti e mani, celato dietro ogni opera in mostra. Dove, attraverso l’arte e la storia, si capisce la vita. 

Tesori nascosti

Opere d’arte restituite alle comunità del Varesotto

Castello di Masnago, via Cola di Rienzo 40, Varese 
Dal 3 dicembre 2022 al 26 marzo 2023 
Da martedì a domenica, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 18.00
 

Alcune delle opere in mostra



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