A Villa Panza la luce dell’artista di origini irlandesi che attraverso dipinti, sculture, fotografie, installazioni e video trasporta i visitatori in un mondo di poetica espressiva e minimalista 

Sean Scully (Dublino, 1945), artista dalla poetica espressiva e minimalista allo stesso tempo, è a Varese e resterà fino al prossimo gennaio. Ci accompagnerà per tutta l’estate e ben oltre con la mostra “Long Light”, curata da Anna Bernardini per Villa Panza. Ha portato qui un’ottantina di opere, dagli anni Settanta ad oggi. Sono dipinti, sculture, fotografie, installazioni, video che ripercorrono il cammino dell’artista americano di radici irlandesi, membro della Royal Academy of Arts di Londra, che dal 1975 vive a New York.   
La sua labirintica e dotta - come documenta l’importante biografia - ma anche divertente e poetica arte, abituata a giocare con le strisce (orizzontali e verticali) e i loro infiniti intrecci e colori, ha leggiadramente invaso le sale di Villa Panza, dalle scuderie al piano nobile, allo studio di Giuseppe Panza, alla serra del grande parco. Qui le colorate lamine in pasta di vetro, da lui create appositamente per “Looking Outward” - un omaggio all’Ospite - accendono di rossi e di gialli, di verdi e di blu, le pareti trasparenti messe a difesa delle piante accolte nella storica “gabbia” per vegetali. 

Sean Scully è a Varese e ci resterà fino al prossimo gennaio, con la mostra “Long Light”, curata da Anna Bernardini per Villa Panza. Esposte un’ottantina di opere, dagli anni Settanta ad oggi

Il motivo della finestra - motivo fondamentale e dominante - che si rincorre nelle sue opere, così come quello della gabbia, non necessariamente nato come tale, ma introiettato dall’artista per esempio nelle sue stampe e nelle foto, veri e propri taccuini da viaggio in cui fissa i momenti della sua vita, occhieggia e ammicca ovunque nell’arte di Scully e dunque anche nel percorso espositivo dell’antica dimora. Perché ovunque vada, sia Londra o il Nord America o il Messico, siano le spiagge delle Bahamas o i muri a secco dell’Irlanda, siano i templi dorici della Grecia o la nostra emozionante Assisi, Scully spalanca le finestre della sua arte e da quelle finestre osserva e “spia” il mondo e se stesso immerso tra cieli e terre. La prima volta fu da piccolo profugo irlandese, correva lontano dalla paura e dal disagio, correva su di un pullman e un traghetto con sua madre non sapendo se e dove la corsa sarebbe finita. 

Troverete in mostra, al piano nobile della villa, delle bellissime opere dai colori caldi nel cui intreccio, tra elementi verticali e orizzontali, si profilano nette delle finestrelle color bianco o ocra. Questa è la riproposizione che Scully fa, nella serie “Passenger”, di quel momento: e i colori sono caldi, rassicuranti, quasi a testimoniare che dietro la corsa verso l’ignoto c’era tutto un mondo che gli avrebbe spalancato le braccia, concedendogli fama e onori. La sua arte avrebbe poi saputo restituire e raccontare ogni particolare di quel momento di vita, riabilitando in positivo un destino ancora tutto da capire e inventare. Lo stesso titolo della mostra prende nome da un’opera, che doveva essere in mostra e purtroppo non è arrivata, che a sua volta trae ispirazione dalla luce di Assisi: una “luce lunga”, osservata guardando dall’alto di una finestra il luminoso paesaggio sottostante la città di Francesco su cui si perdeva infinita la vista. 

Il motivo della finestra, motivo fondamentale e dominante, che si rincorre nelle sue opere, occhieggia e ammicca ovunque nell’arte di Scully e dunque anche nel percorso espositivo dell’antica dimora

Se c’è una cosa fondamentale che Scully ci consegna, aldilà dei tecnicismi, della sua ricerca di materiali - adesivi dalle tonalità forti, legno o lino, ma anche il metallo sul quale distribuire con una resa sempre più brillante, spesso con generosità, il colore - è questo sguardo luminoso e mobile sul mondo, come se la vita, sua, ma di tutti noi, dovesse sempre essere un interminabile viaggio. In questa mostra c’è tutto l’andare, forse anche un po’ frenetico, di Scully - testimoniato dalle tante fotografie e dai video - che ci sfila sotto gli occhi, ma ci siamo soprattutto noi che stiamo al di qua, che cerchiamo di intrufolarci nelle finestre e nelle gabbie (si veda la bella serie delle Super-griglie con Backcloth) della sua vita, che spesso restano fisicamente chiuse. Gabbie magiche e allettanti di colore, ma sempre gabbie per noi che guardiamo: lui è dentro che ci aspetta, che vorrebbe farci da guida, che cerca e stuzzica: perché dentro c’è il gioco da ragazzi - con la memoria sopita dell’infanzia - l’ebbrezza degli anni giovani e la nostalgia, quella della maturità che cede al velo dei ricordi.   
E c’è anche quell’uso del colore che, a un certo punto del cammino, rifiuta il lino della tela, preferendogli il metallo, perché è Sean stesso che rifiuta la superficialità della superficie che si beve il colore. E vuole che il colore ci venga incontro, si faccia volume e sostanza, quasi sangue e corpo di quel corpo palpitante di creatura che è ogni vera opera d’arte.  

Soffermatevi in proposito sulle opere esposte nelle rimesse delle carrozze della villa, gli oli su alluminio di “Wall of Light” e ancor più sulle opere inedite e recenti della serie “Madonna” (2019), dove l’artista passa dall’informale alla figurazione. Con leggerezza di illustratore, l’impegno artistico non è però da meno, ci racconta la sua particolare “preghiera”: quella davanti a una Madonna che è la madre di suo figlio. E che è forse anche rimpianto di quella madre con cui era iniziato il viaggio della sua vita.
Nulla di celebrativo o ieratico però. La scena è riproposizione radiosa di un momento vissuto, della famigliola sulla spiaggia di un’isola delle Bahamas, sospesa tra mare e cielo: il bambino, il piccolo Oisìn, ha occhiali da sole e un buffo copricapo forse di paglia, la donna lo tiene a sé stringendolo tra le braccia. Di queste opere Scully ci svela fotografie e progetti preparatori, e poi, nei video, la stesura dell’intero lavoro, le linee scure e sottili del disegno, della serpentina e del cerchio e il colore forte che dà profondità e consistenza al tutto. 
C’è una gioia di vivere che parla di un oggi dove strisce e gabbie sembrano infine libere di galleggiare nel cielo, come nuvole disperse agganciate al treno del passato. E dove sfolgora il sole largo sul mare, in un abbraccio circolare, in una esultanza matissiana in cui tutto sembra ricomporsi e nessuna ombra, né dolore, ha più diritto d’accesso. 

LONG LIGHT
Sean Scully a Villa e Collezione Panza, Varese
Fino al 6 gennaio 2020

Piazza Litta, 1
Dalle ore 10:00 alle 18:00, tutti i giorni, esclusi i lunedì non festivi

tel.0332 283960

 



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