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Quante ore i bambini dovrebbero rimanere a scuola? Come conciliare l’impegno nelle aule con i compiti a casa? Che valore ha per genitori e figli il tempo libero? Queste le domande che sorgono dopo l’ultima proposta del Governo di aumentare gradualmente la permanenza degli studenti negli istituti primari

Migliaia di famiglie sono chiamate in questi giorni a scegliere la scuola primaria a cui iscrivere i propri figli. Si tratta di una decisione importante, condizionata da diversi fattori, tra i quali l’orario scolastico previsto. Tema, quest’ultimo, al centro anche delle attenzioni dell’attuale governo, che ha proposto un’introduzione graduale del tempo pieno in tutte le scuole primarie italiane. Attualmente in Italia esistono due sistemi: il tempo modulare e il tempo pieno. Nel primo caso l’orario settimanale prevede 30 ore, nel secondo caso invece le ore salgono a 40. L’organizzazione del tempo pieno prevede che le diverse attività laboratoriali siano un tutt’uno con le ore curriculari (in aula), rappresentando così un’opportunità di approfondimento dell’attività didattica. 

Ma indipendente dall’organizzazione tecnica del tempo pieno, il punto cruciale è - posto al centro del quesito lo studente - se una soluzione sia migliore o migliorativa rispetto all’altra. Inevitabile la creazione di due fronti contrapposti: genitori a favore del tempo modulare e genitori a favore del tempo pieno. Dove la differenza sta sostanzialmente nel tempo di permanenza a scuola. Più corto nel primo caso, full time nel secondo. Dunque, meglio il tempo pieno? Per i genitori contrari a questa organizzazione oraria la possibilità di gestire autonomamente il tempo è un aspetto fondamentale. I bambini hanno in questo modo la possibilità di imparare prima a gestire l’ordine di priorità dei loro impegni, oltre ad acquisire un proprio metodo di studio senza la costante presenza di un insegnante a supporto. Altro aspetto non di secondaria importanza è la possibilità per i bambini di avere dei momenti di relax prima di dedicarsi ai compiti. Trascorrere 8 ore a scuola rappresenta, secondo i genitori che scelgono il tempo modulare, un sovraccarico eccessivo sia dal punto di vista intellettivo, sia dal punto di vista fisico.

Alberto Pellai su Facebook: “I bambini hanno diritto al tempo libero. Ai bambini servono ampi spazi di vita vuoti e destrutturati da riempire con la propria creatività”

Per i genitori sostenitori del tempo pieno invece trascorrere a scuola 8 ore risulta funzionale ad un maggiore apprendimento, sostenuto anche dalla partecipazione a laboratori, lavori di gruppo e a una maggiore offerta di attività. Una prolungata permanenza a scuola permette una maggiore emancipazione dall’ambiente familiare, avendo la possibilità e più occasioni per socializzare con i compagni, sia durante le lezioni sia durante le attività ricreative.
Uno dei temi centrali per le famiglie che sostengono il tempo pieno è quello dei compiti a casa. Che si tratti di una lettura, di un ripasso veloce oppure di esercizi che richiedano più o meno impegno, i compiti dopo il tempo pieno non raccolgono il favore dei genitori e tantomeno dei bambini.

Un diritto quello del tempo libero sostenuto in un post Facebook di novembre 2018 anche da Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva e figura di riferimento per molti genitori. Scrive così sul social network: “I bambini hanno diritto al tempo libero. Nella settimana in cui si celebra la giornata mondiale dei diritti dell’infanzia, voglio condividere con voi alcuni diritti che sono da tutelare nel percorso di crescita dei nostri figli. Oggi vorrei ribadire l’importanza che ha per i bambini poter avere a disposizione un tempo che non è già tutto occupato da attività, addestramenti, apprendimenti sempre gestiti da un adulto che dice che cosa si deve fare e che cosa si deve imparare. Ai bambini servono ampi spazi di vita ‘vuoti e destrutturati’ da riempire con la propria creatività e da nutrire con ciò che un tempo era uno dei principali motori dell’infanzia, ovvero la fantasia”.

I commenti in risposta al post di Alberto Pellai forniscono una fotografia delle due diverse correnti di pensiero. Per una mamma la noia è l’essenza fondamentale della creatività, dunque preziosa ed essenziale. Dall’altra parte, i commenti di genitori che si domandano se veramente sussistano alternative qualitativamente migliori che non siano rappresentate da tablet, cellulari e videogiochi e che permettano una “sana” socializzazione. Difficile dunque sostenere quale soluzione sia migliore. Diversi sono i fattori che entrano in gioco: due genitori che lavorano e la mancanza di un sostegno di familiari implica che il tempo pieno diventi l’unica soluzione. C’è da considerare poi che esistono contesti in cui il tempo pieno non viene attivato e situazioni in cui la scelta della scuola e quindi dell’organizzazione scolastica, è determinata dal contesto abitativo. L’obiettivo è quello di prendere la decisione migliore per il bambino, considerando variabili e imprevisti. È pur vero che spesso i bambini riescono a stupire mostrando capacità e spirito di adattamento al di sopra di ogni attesa. 

Paola Benetti dell’Ufficio Scolastico di Varese: “Qualsiasi sia la scelta, ad ogni famiglia la scuola deve comunque offrire non tanto la possibilità di una frequenza più o meno lunga, quanto garantire che tutti gli alunni siano esposti a insegnamenti, attività, progetti qualitativamente validi”

Per Paola Benetti, referente alternanza scuola lavoro, Orientamento, Curricolo verticale, Istruzione degli Adulti, Eventi culturali e valorizzazione della cultura artistica e musicale dell’Ufficio Scolastico provinciale di Varese “dal momento che la scuola svolge una funzione pubblica che per mandato istituzionale le assegna il compito di educare, formare e istruire gli studenti, ne consegue che la permanenza più o meno prolungata a scuola degli stessi non si può ridurre ad una questione relativa soltanto alla quantificazione oraria della loro permanenza entro le mura scolastiche. ‘Fare scuola’ significa valorizzare negli apprendenti le loro potenzialità, costruire saperi e consolidare competenze, prepararli ad essere cittadini responsabili e attenti costruttori di serena convivenza civile”. In particolare, secondo Benetti, è necessaria “un’attenta collaborazione fra scuola e famiglia in quanto con i genitori la scuola può costruire una alleanza educativa fondamentale per lo sviluppo e la crescita umana e culturale dei bambini e dei ragazzi. In questo progetto educativo condiviso la scelta di usufruire di un ‘tempo scuola’ per un monte ore settimane più o meno lungo non può quindi non essere rimessa ad una serie di valutazioni che le famiglie devono pesare, rispetto alle diverse situazioni personali e di contesto e rispetto a ciò che può favorire il benessere dei bambini in base alle loro caratteristiche individuali. Qualsiasi sia la scelta, ad ogni famiglia la scuola deve comunque offrire non tanto la possibilità di una frequenza più o meno lunga quanto garantire che nel tempo trascorso a scuola, indipendentemente dalla sua durata, tutti gli alunni siano esposti a insegnamenti, attività, progetti qualitativamente validi e finalizzati ad una educazione culturalmente e umanamente ricca”. 



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