Ritorno-alla-fabbrica

Hanno un core business immateriale ma un cuore orientato alla concretezza dell’azienda e alla consapevolezza della filiera. Ecco perché due punte di diamante del terziario avanzato varesino, come EOLO ed Elmec, nelle loro strategie di sviluppo si rifanno al concetto di “factory” e investono nella manifattura digitale

Il professor Maurizio Vertemati, ricercatore dell’Università degli Studi di Milano, osserva soddisfatto la fedele riproduzione in 3D di una parte di cervello mentre simula le fasi di un’operazione per ridurre le probabilità di errore. Il tecnico di rete Gabriele Peccenati sfida l’altezza e la copiosa neve caduta su Colmine di Crevoladossola per ripulire dal ghiaccio i pannelli fotovoltaici che alimentano il ripetitore radio che diffonde internet nell’area montuosa circostante. Elmec ed EOLO sono due delle più grandi e importanti aziende del territorio di Varese e fanno parte del settore terziario avanzato. Il loro core business è rappresentato da qualcosa che difficilmente si tocca con mano, servizi e commodities appunto, eppure l’aspetto materiale e materico e la dimensione della fabbrica, per quanto spesso assente nell’esperienza quotidiana delle persone che vivono una relazione con queste aziende, è elemento fondamentale della filiera o parte di una progettualità che mette la manifattura al centro interpretandola con gli occhi del digitale, dell’industria 4.0 e delle grandi opportunità derivanti da un uso consapevole ed etico dei dati. 

 

Luca Spada, Ceo di EOLO: “Con il Campus Tecnologico inaugurato da pochi mesi ribadiamo di essere fabbrica dell’innovazione e azienda che segue l’intera filiera di produzione della propria rete, con ambiziosi obiettivi di crescita”

EOLO Factory
“Ho voluto dare vita al nuovo Campus Tecnologico e alla fabbrica italiana del wireless perché mi ero reso conto che i nostri manager inviavano troppe mail di notte ed era quindi necessario un nuovo luogo accogliente e bello da vivere in cui i miei collaboratori potessero lavorare nelle migliori condizioni possibili”, dice Luca Spada, ceo di EOLO: “E con il Campus Tecnologico inaugurato da pochi mesi ribadiamo di essere fabbrica dell’innovazione e azienda che segue l’intera filiera di produzione della propria rete, con ambiziosi obiettivi di crescita”. La rete di EOLO non è solo l’invisibile commodity che offre l’azienda ma anche un aspetto concreto che si materializza nella dimensione territoriale. Il territorio è il luogo di intense relazioni tra i nodi pulsanti che ne costituiscono la maglia: imprese, università, centri di ricerca, istituzioni e la società. È il punto di contatto tra la tradizione e l’innovazione e della conoscenza che viene prodotta e che può diventare progettualità futuribile e il concetto di Campus Tecnologico come luogo fisico delle relazioni possibili è certamente affascinante. Quando un’azienda come EOLO innova e cresce, fa crescere con sé anche la rete del territorio che abita: dei 400 collaboratori della sede di Busto Arsizio, 150 sono stati assunti negli ultimi quattro mesi e la previsione, mentre l’azienda si attrezza per una business unit dedicata alle piccole e medie imprese, è di assumerne almeno altri 80 entro la fine del 2018 grazie a un progetto che non a caso evoca ancora una volta la dimensione della fabbrica. “EOLO Factory nasce dalla consapevolezza di essere radicati qui e da un senso di responsabilità e di restituzione nei confronti del territorio a cui apparteniamo e che ci consente di crescere” dice Marzia Farè, head of communications di EOLO. Per l’azienda, quindi, il territorio è un’opportunità che viene interpretata anche con la consapevolezza di essere attori protagonisti di un necessario processo di riallineamento tra la domanda e l’offerta di competenze, grazie a un percorso che punta a formare tecnici e operatori di rete. Un percorso che avviene in quella che Luca Spada stesso ha voluto definire “la fabbrica italiana del wireless” sottolineando il fatto che EOLO rappresenta in realtà un’intera filiera di questa tecnologia e si occupa dal momento zero alla post-vendita dell’esperienza del cliente, creando e brevettando i prodotti, installandoli nel territorio ed erogando il proprio servizio a una customer base che cresce annualmente del 36%. L’idea di una fabbrica Campus Tecnologico risponde anche all’esigenza di essere un hub di continua innovazione in grado di pensare a sempre nuove soluzioni capaci di rispondere ad esigenze sempre più sofisticate. Dalla previsione di qualche anno fa rispetto al fatto che i 30 mega non sarebbero più bastati, che ha portato allo sviluppo del 100 mega, alle prossime sfide che abbracciano la gestione delle fasce orarie nel breve periodo e la domotica e l’internet delle cose nel prossimo futuro, con la chiara missione di connettere sempre di più le persone e gli oggetti dei territori dell’Italia.

Elmec ha dato vita a una business unit dedicata alla stampa 3D, con un laboratorio e una fabbrica che coinvolge quasi 20 persone che hanno competenze “hard” di tipo ingegneristico, chimico, meccanico, di design industriale 

Elmec e la stampa 3D
La sempre più evidente connessione tra digitale, dati e oggetti è tangibile anche nel settore manifatturiero. Come ha ricordato di recente anche il board del World Manifacturing Forum di Cernobbio, la manifattura ha avuto un ruolo importante nella società lungo tutto l’arco della sua storia, guidando l’innovazione e il progresso umano. Oggi questo settore si arricchisce di nuove dimensioni tra cui la mass personalisation, gli hybrid e smart materials e in generale un approccio digitale e data-driven, con evidenti conseguenze sul piano della gestione sicura ed etica dei dati. La manifattura digitale, come la stampa 3D, è un crocevia tra le tecnologie di produzione tradizionali e le nuove tecnologie di interconnessione. Tutto questo ha spinto un’azienda come Elmec a entrare in questo settore dando vita a una business unit dedicata alla stampa 3D, con un laboratorio e una fabbrica che coinvolge quasi 20 persone che hanno competenze “hard” di tipo ingegneristico, chimico, meccanico, di design industriale e legate alla produzione. “Tutte competenze che in Elmec non ci sono mai state”, dice Martina Ballerio, manager della business unit sviluppata con tecnologia HP e interessante esempio di giovane donna leader in un settore generalmente organizzato da leader uomini: “Elmec si occupa di informatica da tanti anni e il suo cuore è la gestione di servizi informativi per le aziende. Ci prendiamo cura dei dati delle aziende e ci occupiamo di infrastrutture informatiche e digitali e queste cose sono fondamentali da sempre. Con Elmec 3D la nostra progettualità guarda anche alla manifattura definita sempre più da macchinari digitali, elettronici e connessi tra loro. Le competenze informatiche, digitali e di gestione dei processi diventano fondamentali e aprono a tematiche come la gestione dei dati e la protezione dei file dei progetti”. L’intuizione di Elmec 3D è quindi quella di sviluppare un business sulla capacità di creare valore e vantaggio competitivo per le aziende che decidono di integrare le tecnologie di manifattura digitale nei loro processi, basandosi sulla gestione dei dati che possono essere raccolti rispetto a un processo produttivo. Una manifattura sempre più connessa e intelligente, capace di ottimizzare i processi produttivi imparando dagli errori o attraverso processi di smart procurement, grazie all’intelligence dei dati. Tutto questo ha un impatto sull’importanza di dimensioni come il know-how, la compressione dei tempi, la gestione logistica e del magazzino e la flessibilità con cui poter gestire il rischio di nuovi prodotti da lanciare sul mercato. 
Ogni territorio e azienda si dà una strategia ed è bene tenerne conto nel racconto della sua economia e delle conseguenze che ne derivano in termini di benessere e di sviluppo. L’instancabile ricercatore e il coraggioso tecnico di rete sono due immagini che forse consentono di cogliere ancora meglio la bellezza dei dettagli di due imprese, EOLO ed Elmec, che hanno un core business immateriale ma un cuore orientato alla concretezza dell’azienda e alla consapevolezza della filiera. Quella bellezza, d’altronde, che è stata definita dall’architetto Renzo Piano durante il suo TED Talk a Vancouver nell’aprile del 2018 proprio come quel momento in cui l’invisibile si unisce al visibile affiorando in superficie, generando anche qualcosa di buono per la propria comunità. 

         



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