VF cop. 6_2020.jpg

Al Paese manca una visione, un piano di sviluppo in grado di guardare al lungo periodo. Come industriali varesini lo stiamo dicendo da tempo. Ancor prima dello scoppio della pandemia. Non c’è solo l’incertezza legata all’andamento del contagio da Covid-19, infatti, a preoccupare le imprese. Le tensioni internazionali e il calo dell’export iniziato prima dell’apparizione del Coronavirus, la capacità del Paese di cogliere le opportunità del Recovery Fund, la questione Malpensa. Sono tutti fattori di destabilizzazione che rischiano di frenare le capacità di crescita del nostro territorio. Come uscirne? Una strada l’abbiamo indicata in un recente evento digitale, “Disegniamo il futuro”, che l’Unione degli Industriali della Provincia di Varese ha organizzato in collaborazione con Il Sole 24 Ore. Innanzitutto, serve individuare le priorità che a nostro parere sono essenzialmente cinque. Primo: parità di condizioni con i nostri competitor (almeno quelli europei, iniziamo da lì). Secondo: equità e sostenibilità fiscale (la tassazione sul lavoro è più alta della tassazione sulle rendite finanziarie, è logico?). Terzo: un contesto in cui il lavoro possa tornare a crescere (dobbiamo investire sulla crescita della produttività e un aumento delle competenze). Quarto: semplificazione (siamo sempre tutti d’accordo, serve solo passare all’azione). Quinto: attrattività per i giovani (se mancano loro il gioco si conclude qui).

E poi ci sono le sfide. Tre essenzialmente quelle da cui dipenderà la nostra capacità di traghettare il sistema economico locale vero l’impresa moderna. La sfida dell’innovazione: tutte le nostre aziende, vuoi per i prodotti, vuoi per processi, vuoi per la distribuzione al mercato saranno impegnate nei prossimi anni nella trasformazione digitale. La sfida dell’internazionalizzazione per il riposizionamento nelle nuove catene del valore che si stanno creando in un mondo in profondo stravolgimento. La sfida della sostenibilità, interpretata a tutto tondo, da quella ambientale con lo sviluppo dei nuovi materiali, a quella sociale con la conciliazione lavoro/famiglia. È proprio a questo tema, quello della sostenibilità, che Varesefocus dedica, in questa edizione, ampio spazio. Con un obiettivo: far comprendere, attraverso racconti concreti, quanto l’economia circolare e i progetti di ripensamento delle imprese in chiave ambientale siano già da tempo percorsi avviati nel nostro sistema produttivo locale. Qualcosa di più di un’ambizione o di un progetto futuro. La green economy in molte aziende varesine è realtà. Anzi è proprio nel mondo dell’impresa che sta prendendo corpo il vero pensiero ambientalista. Non quello ideologico, imposto per strappi, attraverso, per esempio, la leva fiscale, come si è cercato di fare, con un pizzico di ipocrisia, con la Plastic Tax. Bensì, quello dei progetti concreti, portati avanti a suon di investimenti, di idee innovative, di collaborazione con centri di ricerca, mondo universitario e tra imprese stesse. 

È solo l’impresa, d’altronde, il soggetto che può giocare in questa sfida il ruolo di cerniera tra ambizioni ambientaliste e fattibilità economica di progetti green. Ciò fa dell’impresa la vera protagonista di questo fenomeno che sta rivoluzionando, al pari del digitale, la nostra società. E i risultati già si vedono. Anche sul nostro territorio. L’economia circolare è una trasformazione già in atto che sta cambiando modelli di business, creando nuove opportunità e nuove aziende, dando vita a nuove competenze e conoscenze.
Anche l’Unione Industriali, come raccontiamo nelle pagine che seguono, è in prima fila attraverso la partecipazione come partner italiano, insieme al Centro Tessile Cotoniero di Busto Arsizio, a due progetti europei che hanno proprio l’obiettivo di permettere agli scarti industriali di alcune imprese di diventare materia prima per altre aziende. Ciò attraverso un incontro tra domanda e offerta basato su piattaforme digitali. Il primo passo per un sistema economico e sociale più sostenibile è proprio questo: diminuire la quantità di rifiuti che finisce in discarica. Dare nuova vita ai materiali è la strada più ovvia, anche se spesso non è la più semplice. Non solo per limiti tecnologici, ma anche per le lacune infrastrutturali e logistiche del nostro Paese. La strada, però, è tracciata e, come Univa, vogliamo percorrerla fino in fondo. Sapendo che l’economia varesina diventerà circolare o non sarà. Inseguire la sostenibilità non è più un’opzione. Chi non si impegna su questo versante è destinato a scomparire dalla mappa dello sviluppo locale, nazionale e internazionale.  



Articolo precedente Articolo successivo
Edit