Università-del-lavoro

Il lavoro e la sua dignità. Le imprese e il loro ruolo di inclusione sociale. Sono stati questi i temi posti al centro dell’inaugurazione dell’anno accademico 2018/2019 della LIUC – Università Cattaneo. Un evento durante il quale “l’Università nata dalle imprese”, come vuole lo slogan che da sempre ne ripercorre le origini, ha voluto rimarcare il proprio posto nel mondo delle nuove generazioni. Come la rivendicazione di un ruolo che è anche difesa dei principi che furono e sono ancora le fondamenta dell’operare quotidiano di un ateneo dove “ogni giorno insegniamo ai giovani a guardare lontano e a sapersi confrontare con culture diverse, offrendo ai nostri studenti conoscenze scientifiche, opportunità di esperienze in paesi stranieri, stage in importanti aziende”. Le parole del Presidente della LIUC, Michele Graglia, tracciano un’immagine lineare: solo il lavoro può dare dignità alle persone. E il lavoro viene creato dalle imprese. Ma chi può mettere in contatto le due sponde di un fiume sempre più in piena, sempre più complicato da guadare se non il ponte rappresentato dall’Università? Soprattutto se è un’Università, appunto, nata dalla spinta propulsiva del sistema industriale, come la LIUC: “Siamo convinti - scandisce bene le parole Graglia - che tutto il Paese debba fortemente credere nel valore insostituibile del lavoro inteso come strumento per realizzarsi come persone, riconoscendo il ruolo insostituibile di chi il lavoro lo crea giorno dopo giorno, le aziende”.

Sostenere le imprese per sostenere il Paese

Il riferimento nemmeno troppo implicito è all’azione di politica economica del Governo, al reddito di cittadinanza e al Decreto Dignità. La precisazione, dunque, per il Presidente della LIUC, è d’obbligo: “Ogni Paese moderno e civile ha il dovere di sostenere le fasce di popolazione in difficoltà”. Questo non può essere messo in discussione. Anzi: “È responsabilità di tutti e non può essere solo un’iniziativa di una parte politica, qualunque essa sia”. C’è, un però nelle parole di Graglia: “Chi conosce il mondo delle tipiche imprese italiane, medio-piccole, familiari, sa che proprio dall’interno delle aziende molto spesso si creano le condizioni di sostegno e solidarietà per coloro che maggiormente hanno bisogno”. Solo sostenendo le imprese, si sostiene il Paese con politiche di vera inclusione sociale, secondo Graglia: “La dignità di contribuire con il proprio sforzo, in fabbrica, negli uffici, garantendo i servizi necessari alla comunità, è l’unico vero obiettivo che dobbiamo porci ricercando e garantendo le condizioni più favorevoli per creare lavoro, nuovo lavoro, aiutando così, concretamente ed in maniera sostenibile, i più deboli”. Quella del Presidente della LIUC, però, non vuole essere “una difesa acritica del mondo delle imprese: molto va cambiato nei metodi di gestione, di sviluppo, di capacità di operare con orizzonti molto più ampi”. Ma è proprio qui che si fa centrale il ruolo di un’istituzione formativa come la LIUC: “Il nostro compito come Università è formare giovani capaci di aiutare questo sviluppo e questo cambiamento”. Il problema, però, e qui Graglia torna ad un tono amaro, è che “la percezione culturale dell’ambiente in cui le nostre aziende operano non dipende solo da noi. Tutti abbiamo bisogno di vedere che chi guida il nostro Paese sia convinto di questo e operi coerentemente”. La sfida, da un certo punto di vista, è allo stesso tempo difficile ed epica: “Non dobbiamo accontentarci di creare dei bravi giovani manager capaci di gestire le imprese”. Non basterebbe lo svolgimento di questo compito per prendere una lode, che semmai passa dal raggiungimento di un obiettivo più ambizioso: “È necessario da parte di tutti - spiega Michele Graglia - un grande sforzo perché queste capacità si concretizzino in un tessuto produttivo che cresce e si sviluppa garantendo così anche maggiore equità sociale”.

Nuovi orizzonti per gli studenti

Occorre dare nuovi orizzonti a ragazzi e ragazze. La chiosa di Graglia non è un semplice slogan programmatico, bensì la dichiarazione di voler continuare su un percorso che da anni sta già dando buoni risultati. Come quelli che traduce in numeri il Rettore della LIUC – Università Cattaneo, Federico Visconti. Anche qui è la voce “lavoro” a dare la misura di tutto: “Lo scorso anno accademico il Career Service del nostro ateneo ha gestito 4.289 opportunità di occupazionali e di stage, un dato in crescita del 10% rispetto al periodo precedente”. È anche grazie a questa capacità di fare da ponte tra lo studio e il lavoro che l’offerta didattica e formativa della LIUC piace ad una fascia sempre più ampia di giovani. Il Rettore fa parlare i numeri: “Questo nostro nuovo anno accademico si apre con una crescita delle immatricolazioni rispetto al 2017/2018 che si assesterà intorno al 20%, passando da 750 studenti a oltre 900 e portando così la popolazione studentesca nell’intorno di 2.200 iscritti”. Una crescita che pone delle sfide: “L’incremento del numero di studenti - spiega Visconti - sta imponendo un rigoroso presidio delle attività didattiche, a livello di composizione delle classi, corsi propedeutici all’apprendimento delle materie più complesse, tutoraggio, assistenza nello svolgimento delle tesi di laurea”. D’altronde lo stesso Rettore lo aveva dichiarato già a metà ottobre, quando i dati sulle iscrizioni ai corsi si erano chiuse con il segno più: “Ai buoni risultati delle immatricolazioni si aggiungono novità nell’ambito del reclutamento dei docenti: sono stati chiamati 5 nuovi docenti di ruolo (la componente principale della nostra faculty) e aperte posizioni per altri 3. Gli assegni di ricerca, invece, sono raddoppiati passando da 8 a 16, garantendo nuovi posti per giovani colleghi. Inoltre, attraverso un bando per il ‘rientro dei cervelli’ richiameremo come professore Associato un docente ‘nato’ alla LIUC che oggi insegna all’estero”. 

 

Un ateneo di ispirazione industriale

Il segreto, ormai da anni, è l’apertura internazionale di questo ateneo. “Sono 130 gli accordi che abbiamo con altre Università collocate in una cinquantina Paesi europei ed extra europei”, spiega Visconti. Non potrebbe essere altrimenti per un ateneo di ispirazione industriale. “Non creiamo l’illusione che isolandoci possiamo cambiare il mondo”, sostiene il Presidente Michele Graglia: “Fuori dai nostri confini le aziende ed i prodotti italiani, tutti, non solo moda e cibo, godono di grande rispetto sui mercati internazionali: siamo geneticamente bravi a fare industria”. Come dire: la dimensione internazionale è una necessità. Condivisa nel suo intervento di saluto portato all’inaugurazione dell’anno accademico anche dal Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia: “Siamo cittadini europei di nazionalità italiana”. Una convinzione, quella del leader degli industriali, più volte ripetuta, ma che ci tiene a ribadire rivolgendosi direttamente agli studenti della LIUC, definita “un luogo della conoscenza dove si gioca il futuro del Paese”. Un futuro che sarà industriale o non sarà. In questa visione, che si riallaccia a quella di Graglia, la Ferrari diventa “un oggetto di sinistra”, dice provocatoriamente, ma non troppo, il Presidente di Confindustria: “La Ferrari, come tutti gli altri prodotti del made in Italy del lusso, la comprano i ricchi del mondo. Per questo dico che è un fattore di riduzione di divario sociale: perché permette di far arrivare in Italia una parte della ricchezza internazionale”. Che con il lavoro in fabbrica viene ridistribuito. 

 



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