Lo-Zambo-della-politica-italiana

La nascita della Protezione Civile di cui è stato anima e creatore. Il ruolo politico nella Dc, interpretato in chiave di “gollista cattolico”. Il rapporto con la sua Varese e i legami con Salvatore Furia. Nell’ultimo libro di Gianni Spartà, “La luna sulle ali”, il racconto della storia del grande varesino Giuseppe Zamberletti si incrocia con la narrazione di un’intera epoca storica del nostro Paese 

Esuberante, empatico, affabulatore straordinario e pianista “a orecchio”, gran fumatore, ma nel contempo uomo pragmatico e decisionista, amico quasi fraterno di Sandro Pertini, “pompiere” con De Mita e Cossiga, e capace di dimettersi (una rarità in Italia...) perché un suo segretario in Friuli si era appropriato di 14 milioni di fondi per i terremotati. Di Giuseppe Zamberletti, detto “Zambo” nell’ambiente della politica, e “Zorro” tra gli amici radioamatori, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricorda “il tratto cordiale, qualità riconosciuta della sua personalità, la capacità di dialogo, la naturale disposizione a servire le istituzioni e la comunità”. Lo scrive nell’introduzione al libro “La luna sulle ali – La Protezione Civile, il ritratto di un’epoca(Pietro Macchione Editore), che il giornalista varesino Gianni Spartà, con l’aiuto di Lorenzo Alessandrini, ha dedicato all’uomo del Sacro Monte, mutuando il titolo dal riflesso di luce mandato dalla luna sulle ali dell’aereo che ogni settimana portava il giovane Zamberletti a Palermo, dove doveva sbrogliare una intricata matassa di correnti interne alla locale Democrazia Cristiana. Era il 1968, e il trentacinquenne Zambo si preparava a una strepitosa carriera politica e a diventare il riferimento unico e costante in occasione delle calamità naturali che colpivano il Paese. Giuseppe “Peppino” Zamberletti se ne andò il 26 gennaio del 2019 alle 23, e tre giorni dopo l’Italia delle istituzioni era tutta lì, in San Vittore, a dargli l’ultimo saluto, con i funerali di Stato riservati di solito ai presidenti, omaggio a chi ha saputo creare dal nulla la Protezione Civile, catapultato in Friuli nel maggio 1976 per cercare di fare qualcosa in mezzo a quel pandemonio.

Gianni Spartà ha raccolto il materiale delle molte interviste fatte a Zamberletti negli anni, coadiuvato dal funzionario della Protezione Civile Lorenzo Alessandrini, anche lui in possesso di molte registrazioni in cui il senatore, ultima carica ricoperta, si confessa a ruota libera. 
“Lui era un gollista cattolico, non di destra, ed ebbe anche diverse ‘illuminazioni’ politiche, come quella della Repubblica presidenziale, un’eresia ai suoi tempi. Invece, se pensiamo che gli ultimi sei governi sono stati scelti dal Quirinale, vediamo che la tesi di Zambo non era campata in aria. Propugnava governi di solidarietà nazionale, come successe in Friuli dopo la seconda scossa, e con Craxi e Spadolini in Irpinia”, dice Gianni Spartà, autore tra le altre di una fortunata biografia di Giovanni Borghi.

Il libro percorre passo passo la vita di Zamberletti, nato il 17 dicembre 1933 a Santa Maria del Monte da una famiglia di ristoratori, la madre era una Camponovo, fratello di Domenichino, morto giovanissimo e proposto per la beatificazione, e avviato alla politica da Lorenzo Morcelli, allora direttore de “La Prealpina del lunedì” e intellettuale democristiano. Cavallo di razza, il ragazzo che suonava a memoria le canzonette della radio dialoga con Berlinguer davanti alle macerie del Friuli, si scontra con De Mita e il malaffare quando è alle prese con il terremoto in Irpinia, salva mille boat-people vietnamiti su incarico di Giulio Andreotti con tre navi della Marina Militare Italiana, diventa ministro per il Coordinamento della Protezione Civile nel 1982 e tiene a battesimo il Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio, tutelato dalla legge del 24 febbraio 1992 n. 225.

Giuseppe “Peppino” Zamberletti se ne andò il 26 gennaio del 2019 alle 23, e tre giorni dopo l’Italia delle istituzioni era tutta lì, in San Vittore, a dargli l’ultimo saluto, con i funerali di Stato riservati di solito ai presidenti, omaggio a chi ha saputo creare dal nulla la Protezione Civile

“Qualcuno mi ha detto: ‘Zamberletti l’ha faa nagott per Vares’, ma lui stesso, quando Fontana gli consegnò la Girometta d’oro, massima onorificenza varesina, lo riconobbe, era quasi in imbarazzo. Era sempre in giro a salvare qualcosa o qualcuno. Così ‘schivò’ anche la Lega, quando Leoni gli propose di fare il sindaco di Varese dopo Fassa, ricevendo un netto rifiuto. Zorro, radioamatore come Cossiga, era una miniera di aneddoti, come quello che riguarda il corazziere che seguiva Pertini nei diversi alberghi stranieri, sempre con una valigetta in mano. A domanda, il Presidente rispose che dentro alla valigetta c’era il necessaire per cucinare gli spaghetti aglio e olio e peperoncino, perché all’estero non li preparavano a dovere”, racconta Spartà.

Zamberletti collaborò anche parecchio con Salvatore Furia, padre dell’Osservatorio astronomico di Campo dei Fiori, che gli inviava precise previsioni meteo ovunque si trovasse. “Quando ero in Friuli - ricordava l’ex ministro - telefonava tutti i giorni attraverso la Batteria del Viminale per illustrarmi la situazione. Le sue previsioni erano fondamentali per programmare gli interventi. Furia venne a Montoro, in Irpinia, e partecipò a diverse riunioni operative. Se della Protezione Civile mi attribuiscono la paternità, Furia è stato generoso e disinteressato partner”. Dopo il terremoto del Friuli, Zambo avrebbe voluto inserire l’amico nella Commissione Grandi Rischi, ma il “Prof” disse di no, gli premeva troppo lavorare per Varese e l’osservatorio, in mezzo ai suoi ragazzi.

Un libro, quello scritto da Spartà, informatissimo che fa scoprire i lati nascosti del carattere del Commissario straordinario del Governo, ma getta anche luce su molte vicende di retroscena, su tutte il sequestro Moro.  



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