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Tornano nella Sala degli Arazzi del Museo Ma*Ga di Gallarate i colori di Ottavio e Rosita Missoni. L’occasione è rappresentata dai cento anni dalla nascita dell’industriale che scelse Sumirago come fonte di ispirazione per la sua arte con cui ancora oggi la casa di moda varesina veste donne e uomini di tutto il mondo

Nello sport aveva già raggiunto traguardi stellari. Entrato nel gotha dell’atletica con la Società ginnastica gallaratese, per partecipare alle Olimpiadi del 1948, Ottavio Missoni si piazzò sesto, nella finale dei 400 metri a ostacoli. E fu lì, nel dopoguerra londinese che preludeva alla Swinging London, che incontrò la donna della sua vita, Rosita Jelmini. Timida e giovanissima lei, più intraprendente lui, scoccò comunque la scintilla. Che avrebbe acceso non solo la fiamma di un amore durato una vita, e mai spento, ma anche la miccia della fantasia imprenditoriale di una coppia e di un’intera famiglia. Lui artista, innamorato dei colori accesi e contrastati, lei più pratica ed esperta, già cresciuta in un’azienda familiare di Golasecca che produceva scialli e tessuti ricamati. Partita con un’attività iniziale di tute sportive negli anni Cinquanta, in Via Cattaneo, la Missoni, trasferitasi a Sumirago nel 1968, è oggi una grande azienda di famiglia, conosciuta e diffusa nel mondo, retta, oltre che da Rosita, dai figli Angela e Luca. E per lungo tempo, fino alla tragica scomparsa, anche da Vittorio.  

Raccontava Ottavio che era cominciato tutto da un appartamento di cento metri quadrati e un seminterrato adibito a laboratorio. “Avevamo quattro o cinque macchine e una dozzina di dipendenti. E noi due, membri della società, che facevamo un po’ di tutto.” Alle tute sportive avevano aggiunto un piccolo campionario di capi femminili. Cominciarono a produrre per Biki, poi per La Rinascente. A farli conoscere fu l’abito camicia in maglia di lana. Era la primavera del ‘58. Fu battezzato come “l’abito Milano Simpathy”: era a righe verticali, coloratissime, e venne ripreso dalla disegnatrice Brunetta in una pagina pubblicitaria del Corriere della Sera. Quel capo portava finalmente la piccola, ma prestigiosa, etichetta Missoni.  

Oggi il marchio Missoni è ovunque conosciuto per l’originalità cromatica dei suoi abiti, della biancheria e degli arredi per la casa, dei tappeti. E di quegli arazzi strepitosi che sono pura arte, tanto da avere trovato posto in alcuni tra i più importanti musei internazionali. Al Ma*ga furono dedicate nel 2015, in concomitanza con l’Expo di Milano, la mostra-evento “Missoni, l’Arte, il Colore” e una sala, allestita dal figlio Luca e da Angelo Jelmini, dedicata agli arazzi del patriarca. Fu un successo. Lo scorso mese la stessa Sala degli Arazzi è stata riallestita, in collaborazione con La Fondazione Ottavio e Rosita Missoni, per il centenario della nascita dell’imprenditore. Nato l’11 febbraio del 1921 a Ragusa, si era spento a 92 anni, il 9 maggio del 2013, nella sua Sumirago. 

Il Ma*Ga mette in mostra una scelta di estrosi tessuti in maglia esposti a Venezia nel ’35, nonché una selezione di studi originali, da lui sempre eseguiti con pennarelli colorati su carta quadrettata, e la serie di dipinti policromi in acrilico su tavola, creati in forma sperimentale nei primi anni ‘70

Sono ora esposti documenti, foto e oggetti che ne ricordano l’attività di atleta premiatissimo sempre, versato in diverse specialità, e iniziata ai più alti livelli già nel ’37. Interrotta nel tempo, fu poi ripresa nella frequentazione dei Master. Dell’imprenditore artista sono invece presenti una scelta di estrosi  tessuti in maglia esposti a Venezia nel ’35, nonché una selezione di studi originali, da lui sempre eseguiti con pennarelli colorati su carta quadrettata, e la serie di dipinti policromi in acrilico su tavola, creati in forma sperimentale nei primi anni ‘70. 
Poggiati per terra, o sospesi nell’ ampia sala dedicata, che si trova al piano superiore del Museo, sono poi i suoi Arazzi, realizzati con la tecnica patchwork in tessuto di maglia. Fu Renato Cardazzo, su segnalazione di Andrea Cascella, a portare Ottavio alla Galleria Navigliovenezia di Guido Ballo, nel 1975, con la mostra “Missoni e la ‘macchina-mago’ e quei campioni di tessuti oggi presenti proprio in Sala Arazzi. Sottolineandone in catalogo le già evidenti doti artistiche, alla base della creatività imprenditoriale, scriveva Ballo:“La tavolozza, e anche i disegni in nero, richiamano i tessuti di Mackintosh, Klimt e la Scuola Viennese, ma anche certo Klee, certo Kandinsky del cavaliere Azzurro di Monaco: agli inizi della sua attività non aveva ancora una coscienza culturale chiara come oggi, ma da anni nell’ambiente milanese Missoni frequenta artisti, mostre e ha potuto studiare meglio i rapporti con le fonti che hanno stimolato in lui affinità di simpatie”.  

Nel ‘78 la coppia Missoni festeggiava i venticinque anni di attività con una mostra alla Rotonda di Via Besana a Milano. E Ottavio pensò di ricoprire le colonne dello spazio espositivo, alte venti metri, con enormi patchwork fatti coi loro tessuti. Il risultato fu entusiasmante.
Enzo Biagi, nel 1981, in occasione di un’altra rassegna, “I nuovi arazzi di Missoni”, questa volta a Milano, Galleria del Naviglio, così descriveva le prodigiose creazioni: “Ottavio Missoni rompe gli schemi, e offre ancora una prova di straordinaria immaginazione (...) I tessuti che inventa potrebbero stare benissimo in cornice, c’è dentro l’esperienza astratta e parecchia arte di avanguardia, qualcosa che eccita, come certe musiche”. E rivelava tutto il suo entusiasmo per “quei pezzetti di lana, mischiati come nei giochi di un caleidoscopio” che “compongono miraggi e chimere, ma prendono poi anche una consistenza fisica. Sembra la terra vista da lontanissimi cieli, aride spiagge, laghi nordici, deserti rosa, foreste cupe e campi appena arati. Tramonti estenuanti, soffici schiume di mari gialli, bianchi, marroni, prati di fiori sconosciuti, e poi composizioni di un rigore che non si concilia con altri schemi. Ottavio non è un naîf, ha visto e capito”. Di Kandinsky si sa che Ottavio amava gli azzurri, perché gli ricordavano il cielo e il mare della sua Zara, la città in cui era arrivato a dieci anni dalla nativa Ragusa. Così come la scelta di Sumirago fu per amore della vista delle montagne e del verde. Lo stesso giardino attorno alla ditta è stato allestito e curato dal patriarca. 

Tutto questo è noto. La natura, nel lavoro di Ottavio, è stata sempre presenza costante. E fondamentale fonte di ispirazione. Benché, sull’ispirazione, la pensasse come ogni vero artista, lasciando aperta ogni possibile risposta. “Difficile - spiegava Ottavio - stabilire che cosa ci ispira. Le fonti sono tante e variegate... una lettura, un tramonto, un bicchiere di vino, un fiore, anche un’opera d’arte... sarebbe semplice stabilire che la natura è l’ispiratrice di tutte le arti e le arti primitive sono le più vicine alla natura e che noi siamo sempre stati affascinati da queste forme di arte popolare, folcloristica”.  Al colore, componente fondamentale della sua arte, riconosceva invece il merito di poter condurre al più alto traguardo possibile di qualunque ricerca umana, professionale, spirituale, o dilettantistica che fosse: l’armonia. “A me piace paragonare il colore alla musica, sette note appena, ma infinite melodie sono state composte con queste sette note. Quanti colori di base ci sono? Non ricordo, forse sette come le note musicali, ma i colori quanti toni? Infiniti, come infiniti sono i cromatismi che compongono un’opera d’arte”. E concludeva:“Ecco, armonia, un termine che va bene per la musica ma anche per il colore”. È stata questa la parola magica di Tai, il patriarca. Armonia. L’ha avuta e l’ha regalata. Non solo nel lavoro, ma nella vita di ogni giorno. Nell’amicizia, in famiglia, nell’impegno civile - era sindaco del libero comune di Zara in esilio - e ovunque all’antico atleta fosse consentito spingere cuore e gambe.

Il Ma*Ga diventa polo culturale

Da centro espositivo e sede permanente delle importanti collezioni nate dal Premio Arti Visive Città di Gallarate, fondato nel 1949 da Luigi Zanella, a polo culturale aperto a sempre nuove iniziative. Il Ma*ga, in un progetto condiviso con il Comune e la biblioteca Lugi Majno, si propone ora quale centro propulsore della vita culturale gallaratese e della intera provincia, a partire già da questa primavera. Le attività intraprese saranno rivolte al design, alla musica, alla scrittura, alla letteratura, alla moda, e coinvolgeranno particolarmente i giovani. Non solo in quanto destinatari di nuove conoscenze, ma perché nel tempo guidati e orientati anche professionalmente. È il caso di Academy Young, progetto nel progetto - vincitore di un bando della Regione Lombardia - cui partecipano, accanto al Ma*ga e alla biblioteca, diversi partner. Tra questi anche due associazioni di giovani under 35: Mondo Internazionale - presieduto da Michele Pavan - che si interessa di progettazione, organizzazione e produzione delle attività, e Il Colorificio che si occuperà di un open call e di un progetto espositivo per artisti emergenti. 



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