La-voce-barocca-di-Varese-nel-mondo

Francesca Lombardi Mazzulli è una vera e propria stella del canto barocco a livello internazionale. Va in scena con le più acclamate star del genere. Una storia, la sua, partita da San Fermo, dal coro varesino “Josquin Despres” e costellata di tanti studi, tra cui quelli con Luciano Pavarotti

Alla vigilia di un concerto i cantanti di solito si ritirano in quarantena, non vogliono vedere nessuno, controllano ogni spiffero, rimangono muti e fanno gargarismi con l’erisimo. Francesca Lombardi Mazzulli invece ci riceve nella sua bella casa alla Rasa di Varese il giorno prima del suo recital monteverdiano al Salone Estense per la Stagione musicale comunale, con l’ensemble La Venexiana e il sassofonista Emanuele Cisi, chiacchiera amenamente per due ore, sicura di sé e dei suoi mezzi vocali, che l’hanno portata a diventare una stella del canto barocco nel mondo. Ha una volontà di ferro Francesca, partita da San Fermo giovanissima con la passione per la musica, tanto da cantare nel coro varesino “Josquin Despres” del maestro Francesco Miotti, suo primo insegnante assieme ad Alessandra Molinari, per poi diplomarsi al Conservatorio di Milano e perfezionarsi in quello di Ferrara con Mirella Freni, proseguire gli studi con Luciano Pavarotti e Sonia Prina e incominciare una carriera solistica che l’ha portata ai vertici del repertorio barocco, non senza qualche rinuncia.

La sua è una voce del tutto particolare, “lirica ma con una testa barocca”, come ama definirla, e proprio questa unicità colpì un direttore come Ottavio Dantone, fondatore dell’Accademia Bizantina, che le consigliò di dedicarsi al repertorio barocco tralasciando l’opera lirica. Oggi Francesca Lombardi Mazzulli è tra le più acclamate interpreti del genere, e collabora con i migliori ensemble -dall’Accademia Bizantina a La Venexiana, da Europa Galante di Fabio Biondi a Les Talens Lyriques di Christophe Rousset fino alla Cappella Neapolitana di Toni Florio - e con cantanti del calibro di Sonia Prina, Roberto Invernizzi e Vivica Genaux, la star americana con cui ha portato in scena la “Veremonda” di Francesco Cavalli a Charleston, negli Stati Uniti. “Vivica è una grande amica, oltre che una straordinaria collega. Studio con lei e con Fernando Cordero Opa, un ex tenore portoghese che insegna a Bologna e mi ha suggerito di virare dal repertorio barocco all’opera del Settecento. Il barocco mi dà tanto, mi ha fatto conoscere, ma non si va contro la natura, se la voce aumenta di spessore e volume, occorre indirizzarla verso un diverso repertorio.

A 35 anni ho voglia di percorrere nuove strade, ma con molta cautela, il nostro è un mondo in cui non sono ammessi errori”, spiega Francesca, che nel 2012 ha cantato al Festival di Innsbruck ne “L’incoronazione di Poppea”, con Alan Curtis, e l’anno successivo la tournée a Timphu, nel Bhutan, dove per la prima volta è stata rappresentata un’opera occidentale, l’“Acis and Galathea” di Haendel, con gli studenti dell’università di El Paso diretto da Aaron Carpane e la regia italiana di Stefano Vizioli. 

“Due recenti incontri sono stati importanti per me: quello con Fabio Biondi e la sua Europa Galante, con cui nel 2016 ho inciso per Glossa il ‘Lucio Cornelio Silla’ di Haendel e quest’anno sarò al Festival di Bucarest, e il direttore tedesco Michael Hofstetter, con il quale è in atto una lunga e proficua collaborazione al Teatro di Giessen. Con lui ho cantato la trilogia mozartiana, ‘Don Giovanni’, ‘Così fan tutte’ e ‘Nozze di Figaro’, ruoli che dovrei fare in Italia se qualcuno mi chiamasse. Ora a Giessen sto cantando ‘La Resurrezione’ di Haendel, che porterò al teatro Massimo di Palermo il prossimo giugno, mentre a luglio sarò a Innsbruck con Ottavio Dantone e l’Accademia Bizantina con la ‘Dori’ di Cesti e quindi a Bayreuth con l’’Antigone’ di Gluck».

“Il barocco mi dà tanto, mi ha fatto conoscere, ma non si va contro la natura, se la voce aumenta di spessore e volume, occorre indirizzarla verso un diverso repertorio. A 35 anni ho voglia di percorrere nuove strade”

Tra una tournée e l’altra, il soprano riesce pure a incidere dischi, e la sua discografia è già molto ricca: tra i titoli di spicco, oltre al già citato “Lucio Cornelio Silla”, ci sono “La scuola dei gelosi” di Salieri per Deutsche Harmonia Mundi, “Et in Arcadia ego”, il “Marc’Antonio e Cleopatra” di Hasse, l’“Oberto” di Verdi per Ohems Classic, l’“Artemisia” di Francesco Cavalli per Glossa e l’“Adriano in Siria” di Pergolesi, uscito in dvd. A marzo Francesca registrerà per la Sony “La fiera di Venezia” di Antonio Salieri nel ruolo di Falsirena, molto acuto e difficile, con l’ensemble Arte del Mondo. “Ho ricordi indimenticabili tra i miei concerti, come quello legato alla residenza dei sovrani di Svezia a Drottningholm, vicino a Stoccolma, dove lo scorso agosto ho cantato nel teatro più antico del mondo, quello di corte, dove sono in funzione macchine teatrali settecentesche mosse da venti persone. Abbiamo messo in scena ‘I fratelli di Mantova’, di Salomone Rossi, musicista ebreo alla corte dei Gonzaga, e poi eseguito musiche di autori contemporanei, alla presenza di re e regina. Poi la tournée in Corea del Sud del 2017 con l’’Orlando finto pazzo’ di Vivaldi, in cui interpretavo Ersilla, la strega cattiva»” ricorda la cantante varesina, che nel 2015 ha sostenuto un’audizione al Metropolitan di New York. “Ero stata presa, ma ho detto di no, avrei fatto la cover, cioè la sostituta dei cantanti titolari, ho preferito continuare la carriera nella musica barocca, anche se non nego che con lo stipendio del Met avrei tranquillamente potuto comperare casa a New York. Ora non vedo l’ora di fare il mio vero debutto da protagonista, che avverrà al Teatro Real di Madrid nel 2020 con il ruolo di Deidamia nell’opera ‘Achille in Sciro’ di Francesco Scarlini diretta da Ivor Bolton».

Cosa vuol fare da grande Francesca ancora non lo sa: “Il repertorio barocco ha bloccato la drammaticità lirica della mia voce, perciò ora sto virando lentamente sull’opera del Settecento, mettendo in repertorio Mozart e Salieri. Rossini? Non è detto, in Italia però lo si canta con una vocalità troppo pesante. Non nego che mi piacerebbe interpretare Musetta nella ‘Bohème’ pucciniana, magari in un piccolo teatro, per mettermi alla prova, anche se Pavarotti quando mi dava lezione mi ripeteva ‘tu sarai Mimì!’. Luciano era un tesoro, le lezioni con lui sono state una splendida esperienza di vita. Affittava il teatro di Modena per vedere se la voce di noi allievi girava bene in palcoscenico: si metteva al centro e ci spiegava come muoverci. Dico però che il mio vero e unico maestro è stato ed è Francesco Miotti di Masnago, dal quale vado tuttora quando devo preparare un’opera nuova o ripassare una parte. È una persona straordinaria, umanamente e musicalmente”, afferma Francesca, che trova anche il tempo per insegnare al Liceo musicale di Varese.

Oggi tutto fa spettacolo, così anche gli allestimenti teatrali sono spesso ostaggio di registi d’avanguardia che per stupire il pubblico inventano rappresentazioni al limite della volgarità: “Oggi tutto è molto fisico, in scena si recita e si canta e bisogna essere disponibili a qualsiasi cosa. Spesso si canta nudi o seminudi, io però non accetterò mai di scoprirmi completamente, la trovo una volgarità gratuita. Piuttosto cerco di trasformare il volgare in sottile erotismo. Le cantanti sono sempre più simili a modelle, e la cura del proprio corpo diventa fondamentale, la voce da sola non basta più, devi eccellere come cantante ma anche come attrice”. 



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