La-rivoluzione-di-assumersi-le-proprie-responsabilità

La ricerca della normalità sta prendendo inevitabilmente varie direzioni. Ogni ambito della vita dell’individuo ne è coinvolto. Dobbiamo convivere con il Covid-19 negli ambienti di lavoro, nelle scuole (quando riapriranno), nelle città, nel modo di vestirsi, nel modo di viaggiare, di visitare un museo o un parco, di andare in gita. Perfino di innovare e riprendere confidenza con noi stessi.

Varesefocus accompagna i propri lettori in questo percorso. A partire dal racconto di come si stanno riorganizzando le nostre città e, con esse, anche i piccoli luoghi delle nostre comunità montane, da anni sotto la pressione competitiva di altre aree geografiche lombarde e di confine e che proprio in tempo di pandemia possono riscoprire spazi di vivibilità da mettere sul piatto di una nuova normalità. Lo sviluppo dell’area milanese, d’altronde, pone da tempo delle sfide alla provincia di Varese. È una partita il cui fischio di inizio è stato dato ben prima dello scoppio della pandemia. Se dobbiamo individuare proprio un kick-off del derby, possiamo puntare lo sguardo all’avvio di Expo, ad un’esuberanza e dinamicità milanese che ha posto più di un dubbio sulle capacità dei territori circostanti di essere in grado di attrarre nuovi investimenti di fronte ad una calamità meneghina sempre più competitiva a livello internazionale.

Le nostre comunità che sono a caccia di una nuova normalità si ritrovano dunque di fronte a vecchi e nuovi nodi da sciogliere per la costruzione del proprio futuro. Le parole d’ordine sono vivibilità, sostenibilità, occupazione, innovazione, sviluppo digitale, crescita economica, dinamicità culturale. Parliamo di progetti alti che richiedono una capacità di visione da parte di tutti, dei nostri amministratori in primis. Serve soprattutto ambizione. Quella che il nostro territorio sembra un po’ aver perso nel tempo. Da una parte, ci siamo crogiolati a lungo in primati che, ancora oggi, per carità, manteniamo, come per esempio quelli che possiamo ancora vantare a livello di reddito pro capite, di internazionalizzazione, di produzioni industriali, ma che non ci devono far perdere di vista i problemi. Dall’altra, ci siamo fatti prendere spesso da un senso di disfattismo alimentato dalla percezione di un passato glorioso che rischia di non poter essere ripetuto.

Esiste però una terza via di approccio. Quella di saper riconoscere i problemi, per affrontarli forti delle nostre capacità. Serve ambizione, non possiamo accontentarci. Serve voglia di ripensare il nuovo, non disfattismo. Per anni abbiamo sentito parlare della necessità di uno shock positivo. In realtà questa ripartenza potrebbe fare da stimolo con un sentimento opposto, quello di uno shock negativo, dettato da una pandemia che rimette tutto in discussione e che dunque ci richiama a ricostruire un nuovo modello di territorio. Con tutte le declinazioni che questa espressione comporta: sociale, economica, urbana, formativa, artistica, scientifica.

Ambizione, dunque. Ecco cosa manca. Sentiamo nelle istituzioni e in chi ha responsabilità di governo come una paura di sbagliare che immobilizza e anestetizza tutto. Lo si vede dall’assenza di un chiaro piano di sviluppo nazionale. Che per essere tale deve partire dall’individuazione delle priorità. Serve il coraggio di scegliere. Non si va da nessuna parte se si cerca di accontentare tutti con grandi o piccoli bonus. Con incentivi a pioggia o con interventi che spargono briciole di “non decisioni”, così tutti possono dire di aver avuto la loro parte. Nelle loro grandi e piccole dinamiche, in realtà, i nostri Comuni, le nostre comunità si stanno dotando di una programmazione. Giusta o sbagliata che sia, questo lo facciamo giudicare ai nostri lettori durante la lettura delle interviste ai vari primi cittadini con cui si apre questo numero. Ma almeno vediamo nelle amministrazioni comunali delle scelte.

Si parlava una volta del partito dei sindaci. Definizione sbagliata, che come spesso avviene in Italia cerca di politicizzare tutto, ma che individuava però un giusto metodo di governo: quello del buon padre di famiglia a capo di una comunità, che ha il coraggio di prendersi le proprie responsabilità anche a costo dell’impopolarità. La nuova normalità non ha bisogno di eroi, ma di normali gesti di presa di coscienza delle proprie responsabilità. Già questo sarebbe per il nostro Paese un gesto rivoluzionario.



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