Le imprese della Lombardia reagiranno alla crisi economica innescata dalla pandemia prima e più di quelle di altre aree del Paese. A spiegare il perché sono le stime dei ricercatori della LIUC – Università Cattaneo 

Le imprese italiane come hanno affrontato e come stanno tutt’ora affrontando la pandemia da Covid-19 che ha così duramente colpito il sistema economico del nostro Paese? Qual è l’impatto finanziario e occupazionale che il Coronavirus ha avuto sul mondo industriale italico? A dare risposta a questi e a molti altri quesiti è un’analisi condotta dall’Istat rinominata “Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19”. Un titolo che è tutto un programma. La rilevazione, divisa per regioni e macro-aggregati territoriali, ha lo scopo di tracciare il quadro delle misure introdotte dalle imprese per superare la crisi sociosanitaria. Serve inoltre a tratteggiare la loro visione strategica e a valutarne il grado di fiducia nelle prospettive di ripartenza della domanda e del ciclo economico globale.
Ciascun territorio è stato, perciò, analizzato in termini di adattamento e resilienza, stimando quanto il Covid abbia impattato sulle aspettative di sviluppo dei diversi tessuti produttivi regionali. “Analisi di questo tipo sono importanti per delineare le dinamiche di transizione del sistema economico nel breve periodo e consentire ai responsabili delle politiche di intervenire per riorientarle laddove necessario. Possono anche rappresentare un valido strumento di benchmarking per imprenditori e manager, dando loro modo di confrontare il proprio orientamento strategico con quello del sistema produttivo cui appartengono”, commenta Federico Visconti, Rettore della LIUC – Università Cattaneo e recentemente nominato membro del Consiglio dell’Istat, che insieme ai professori e i ricercatori dell’Ateneo di Castellanza ha inquadrato a livello territoriale lo studio. 

I dati dell’analisi Istat
Dall’analisi Istat emerge che nella fase 1 dell’emergenza sanitaria (tra il 9 marzo e il 4 maggio) il 45% delle imprese italiane con 3 e più addetti (458mila, equivalenti al 27,5% degli addetti per il 18% del fatturato) ha sospeso l’attività. Oltre la metà delle aziende prevede una mancanza di liquidità per far fronte alle spese che si presenteranno fino alla fine del 2020. Il 38% segnala rischi operativi e di sostenibilità della propria attività e il 42,8% ha richiesto il sostegno per liquidità e credito. Le principali opzioni adottate per fronteggiare la crisi sono riorganizzazione di spazi e processi (23,2% delle imprese) e modifica o ampliamento dei metodi di fornitura dei prodotti/servizi (13,6%). A livello settoriale, sono soprattutto le imprese delle costruzioni e dei servizi ad aver sospeso l’attività, rispettivamente il 58,9% e il 53,3%. Oltre il 70% delle imprese dichiara una riduzione del fatturato nel bimestre marzo-aprile 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019: nel 41,4% dei casi il fatturato si è più che dimezzato, nel 27,1% si è ridotto tra il 10% e il 50% e nel 3% dei casi meno del 10%. Nell’8,9% delle aziende il valore del fatturato è invece rimasto stabile.

La Lombardia e l’internazionalizzazione
Un quadro, quello delineato dall’Istituto nazionale di statistica, in cui la regione Lombardia e le sue imprese emergono come le maggiormente colpite dalla pandemia. Massimiliano Serati, Professore Associato di Politica Economica della LIUC, chiarisce le molteplici dinamiche innescate dalla crisi a livello locale. “L’analisi Istat evidenzia come la differente esposizione ai mercati internazionali possa giocare un ruolo decisivo in questa fase e ci restituisce un quadro del diverso approccio alla globalizzazione dei sistemi produttivi settentrionali, con il Nord-Est più preoccupato dai possibili contraccolpi sulla domanda estera e il Nord-Ovest concentrato sugli effetti della trasformazione delle catene del valore internazionali. In particolare, si distinguono le evidenze raccolte per la Lombardia, i cui imprenditori si mostrano convinti che l’impatto portato dalla riduzione della domanda proveniente dall’estero risulterà moderato, mentre appaiono i più preoccupati dalla contrazione dei mercati di approvvigionamento e dal conseguente aumento dei costi degli input”.

Adattamento e resilienza 
Secondo Fausto Pacicco, ricercatore LIUC, la strategia delle imprese lombarde sembra orientata ad un trasferimento di risorse dalle funzioni di produzione alle funzioni di vendita. “Con particolare focus sull’ampliamento e il rinnovamento della rete di fornitura, che si accompagna ad una rimodulazione al ribasso degli ordinativi di materie prime e semilavorati. Infatti, il 14,2% degli imprenditori lombardi si dichiara intenzionato a modificare o ampliare i canali di vendita o i metodi di fornitura/consegna dei prodotti o servizi (contro una media del 13,7% nel Nord-Ovest e 13,6% in Italia). L’8,7%, invece, punta sulla modifica della quantità di ordini di fattori di input (8,1% la media nel Nord-Ovest, del 7,6% in Italia)”. A ulteriore dimostrazione delle capacità di adattamento e resilienza agli shock negativi dell’economia lombarda, c’è la quota di imprese pari al solo 8,9% che, come conseguenza dell’emergenza da Covid per il 2020, prevede di ridurre il proprio personale (contro una media Nord-Ovest del 9,3% e quella italiana ben più alta dell’11,8%). Anche la previsione della chiusura di una o più sedi operative è più bassa in Lombardia che in altre parti d’Italia: la quota regionale è dell’1,1% contro l’1,9% del Nord-Ovest e la media nazionale dell’1,6%. Morale, i dati portano alla conclusione che le ripercussioni sulla traiettoria di sviluppo delle imprese della regione Lombardia saranno più contenute che altrove. In altre parole, la ripresa dell’industria lombarda sarà più rapida. 

La LIUC riparte dagli investimenti

“Dietro la ripresa delle lezioni c’è un lavoro meticoloso, svolto in condizioni di forte incertezza dal professor Ravarini, dal gruppo Nuova Didattica e dal learning and teaching hub della LIUC. Abbiamo lavorato tutta l’estate, simulando la capacità ricettiva delle aule: attualmente siamo attorno alle 1.500 presenze, rispettando normative e distanziamenti, per una capacità produttiva di circa il 50%”, spiega il Rettore della LIUC – Università Cattaneo, Federico Visconti. Ma non di sola Amuchina e di scanner vive un ateneo. È necessario spostare l’attenzione sulla didattica: “Che sarà in presenza, ma anche a distanza, con modalità innovative, ci saranno video a supporto delle lezioni, esercitazioni online – precisa Visconti –. Al centro dell’attenzione c’è e ci sarà sempre il tempo dello studente. Siamo stati stimolati ad innovare i metodi: tutti i docenti, me compreso, sono stati sollecitati a modelli innovativi. La vera sfida è un ateneo che cambia alla ricerca di un nuovo equilibrio di medio periodo”. Ma per innovare, si sa, servono i fondi: “Abbiamo deliberato un piano di investimenti per tecnologie a supporto delle aule, come telecamere e app per la rilevazione delle presenze. È stata un’occasione per rimettere in fila l’importanza degli investimenti nelle infrastrutture”, conclude il Rettore LIUC. 



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