Da una parte c’è chi la definisce ancora l’arte della persuasione, attribuendole così un’accezione negativa. Dall’altra c’è invece chi la ritiene una funzione centrale sia per la crescita delle imprese, sia per dare un servizio di valore ai consumatori. Intervista a Chiara Mauri, vice direttore della Scuola di Economia e Managament della LIUC–Università Cattaneo, sul futuro (sempre più digitale) della professione di gestione dei brand

Ma quale persuasione, la seconda vita del marketing è giovane e digitale. Ne è convinta Chiara Mauri, docente di marketing e vice direttore della Scuola di economia e Management alla LIUC–Università Cattaneo. Porta la sua firma una recente e interessante ricerca sulla reputazione del marketing in Italia, presentata nel corso dell’evento annuale promosso dalla Società Italiana di Marketing, la SIM Conference, organizzato quest’anno in partnership con l’ateneo di Castellanza. Se in termini generali il marketing in Italia viene vissuto come una sorta di dottor Jekyll e mister Hyde, cioè perennemente in bilico tra il bene e il male, la ricerca della LIUC riserva almeno due sorprese. La prima: per i 1.530 manager e imprenditori intervistati il marketing è ritenuto importante nella vita delle persone e potenzialmente in grado di migliorarla. La seconda: pur persistendo sul fronte dei consumatori il pregiudizio circa l’esistenza di un lato oscuro, si riconosce al marketing la capacità di aiutare le persone a trovare il prodotto adatto alle proprie esigenze. La ricerca è stata completata con l’analisi di 19.998 tweet italiani contenenti la parola marketing, attraverso un modello di machine learning. Il 60% dei tweet risulta di carattere neutro, i restanti si dividono equamente tra positivi e negativi. Abbiamo intervistato la professoressa Mauri mentre era in viaggio. Dettaglio che ai più potrebbe sembrare superfluo, ma, come spesso accade, nei dettagli si nascondono verità e contraddizioni.

Professoressa Mauri, qual è il motivo per cui insieme al suo team ha deciso di fare questa ricerca?
Perché ci siamo accorti che gran parte della letteratura sul marketing degli ultimi venti anni è negativa e che la funzione del marketing è sempre meno rappresentata nel top management delle aziende. La nostra ricerca, come del resto lo è sempre quella universitaria, altro non è che un momento di verifica. Sia chiaro: il nostro lavoro non dà una tendenza, è una fotografia.

Che cosa non vi convinceva della letteratura?
La gran parte di questi studi si basa su speculazioni autorevoli e non sui numeri. La nostra ricerca si basa su 2.500 interviste, tra manager, imprenditori e consumatori, a cui si aggiungono i dati scaricati da Twitter, da cui emerge una polarizzazione del giudizio. Quindi non solo non c’è una percezione totalmente negativa del marketing, ma le persone intervistate che lavorano in questa funzione sono soddisfatte e contente nonostante sia da migliorare l’integrazione di questa funzione in azienda, superando pregiudizi che inquadrano il marketing come una funzione minore.

“Advanced Customer Marketing”: è questo il titolo del nuovo corso di formazione proposto dalla LIUC Business School e diretto da Chiara Mauri. Un percorso rivolto sia a chi lavora già nel settore, sia a laureati che hanno approfondito questi temi durante gli studi universitari

Ci sarà stato però un momento in cui questo declino, anche se solo nella percezione, è iniziato.
Il marketing, che in genere gestisce brand e marchi, ha iniziato a perdere terreno quando si è lasciato scappare il cliente. Nel momento in cui il cliente è diventato centrale tutti se ne sono appropriati iniziando a parlare di customer. Tutti, tranne il marketing. Quando i mercati sono diventati maturi, la concorrenza si contendeva i clienti, che avevano soppiantato brand e prodotto. Il cliente è il cuore attorno al quale girano i soldi e ha un ruolo attivo nel determinare il valore prodotto dall’impresa.

Internet e i social network hanno avuto un ruolo in questo processo? Che cosa fa oggi il responsabile marketing in un’azienda?
I modelli si sono evoluti e con essi gli strumenti digitali a disposizione. II mondo social, che è composto da giovanissimi, non ha emarginato il marketing. Ci sono anche pregiudizi da sfatare sui social a partire dal falso mito del post come contenuto creato rapidamente e senza programmazione, senza un vero lavoro dietro. Chi lo fa professionalmente sa che non è così. Tutti questi strumenti hanno contribuito a disegnare nuove prospettive nel rapporto con i clienti e nessuna di queste strade ha cancellato quella precedente. Oggi il marketing in azienda è una funzione complessa chiamata a gestire moltissimi soggetti esterni, fornitori nelle varie specializzazioni.

L’accusa che il marketing manipola è dunque solo un pregiudizio, una banale generalizzazione?
Da fuori si vede solo la punta dell’iceberg, ma sotto c’è una massa di persone che si occupano di marketing che lavorano seriamente, che fanno analisi e studi accurati per le aziende che poi hanno anche ricadute per la società. Detto questo, non capisco per quale motivo gli economisti fanno spesso previsioni errate, senza che nessuno dica niente. Invece il marketing che non fa neanche previsioni viene puntualmente accusato di manipolare le persone. È un fatto curioso, non trova?

La specializzazione in marketing alla LIUC ha il maggior numero di iscritti alla laurea magistrale, la LIUC Business School propone a sua volta un corso avanzato. Da una parte la decadenza della materia nella letteratura scientifica, dall’altra il successo tra gli studenti. Anche questo fenomeno è curioso.
Gli studenti arrivano dopo il triennio dove hanno incontrato il marketing di base e devono scegliere quale indirizzo prendere. Con Internet i curricula si sono arricchiti di corsi sul digitale e sulle nuove tecnologie e per i ragazzi questo è uno stimolo enorme, è il loro mondo e quando arrivano alla magistrale sanno molto bene cosa vogliono. Gli stimoli del marketing ci raggiungono in più modi con una tecnologia che realizza una sorta di ubiquità che qualcuno chiama anche omnicanalità che richiede uno sforzo adattativo, naturale per un nativo digitale, non così scontato per gli adulti, meno abituati ai cambiamenti, soprattutto quando sono così veloci e continui.

Un’altra evidenza della ricerca è che gli esperti di marketing sono sempre meno presenti negli ambiti dove si prendono decisioni, come ad esempio i Cda e i board societari.
L’effetto di quella trasformazione si è fatto sentire anche nei luoghi dove si decidono strategie e investimenti: nel 95% casi c’è una persona della finanza e in meno del 50% una del marketing. Ora la devo lasciare perché devo prendere il treno, mi aspettano per un Cda di una società.

Ma come, ha appena detto che gli esperti di marketing sono sempre meno rappresentati nei luoghi dove si decide...
E lo ribadisco. Io sono l’eccezione che conferma la regola.



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