Gloria Campaner-pianista-che-ama-Taino

È nel silenzio pieno di energia di Boscoforte che l’artista veneta di fama internazionale, Gloria Campaner, ama ricaricarsi dopo le sue tournée in giro per il mondo. Ed è qui che Varesefocus l’ha raggiunta: “C’è una gran quiete e colori meravigliosi”

Gli occhi verde foglia di Gloria Campaner traggono nutrimento dalla luce obliqua d’inizio autunno e si riempiono di mille sfumature associandosi alla luminosità del suo sorriso. La pianista di Jesolo è per qualche tempo a Boscoforte di Taino, nella residenza messa a disposizione dal Borletti-Buitoni Trust, che nel 2014 le aveva assegnato, prima pianista italiana a riceverla, una borsa di studio. Il parco della residenza è immerso nel silenzio, un luogo magico e pieno di energia che l’artista predilige per ricaricarsi dopo le tournée, anche se con la pandemia gli impegni si sono notevolmente ridotti. Gloria Campaner, 34 anni, è stata un enfant prodige del pianoforte, incominciando a suonare per gioco a 4 anni, allieva di Daniela Vidali, per poi tenere il primo recital a 5 e debuttare con l’Orchestra Sinfonica di Venezia a 12, con il Kinderkonzert per pianoforte di Franco Margola, che fu eseguito anche dal suo idolo Arturo Benedetti Michelangeli. Allieva di Bruno Mezzena, Fanny Solter, Konstantin Bogino e Sergio Perticaroli, perfezionatasi a Pescara e alla Hochschule für Musik di Karlsruhe, vincitrice di molti concorsi internazionali tra cui il prestigioso Paderewski International Piano Competition di Los Angeles e l’Ibla Grand Prize, l’artista veneziana ha suonato con importanti orchestre nel mondo, collaborato con artisti come Sergej Krylov, Johannes Moser, Giovani Sollima o il Quartetto di Cremona e inciso alcuni cd dedicati a musiche di Schumann e Rachmaninov. Nella quiete di Boscoforte Gloria è ritornata da Verona, dove ha partecipato a uno spettacolo dedicato al 250° anniversario della nascita di Beethoven, assieme all’Orchestra Canova diretta da Enrico Pagano e da lui fondata a Varese e allo scrittore Alessandro Baricco. Ora l’attendono diversi impegni, ma l’incertezza per l’epidemia di Covid-19 continua e grava sulla possibilità di programmare ad ampio raggio.

Lei ha incominciato a suonare il pianoforte grazie a una vicina di casa che gliene regalò uno bianco e rosso in miniatura quando aveva 3 anni: se avesse potuto avrebbe scelto un altro strumento?
Adoro il violino e ho studiato la tromba, da pianista amo suonare musica da camera, condividere le emozioni con altri strumentisti. In famiglia non ci sono musicisti, mia madre si dilettava di pittura e danza, mio padre era un attore, però ho un cugino, Luca Campaner, famoso chitarrista blues.

A quale dei suoi maestri deve di più?
A tutti, persone meravigliose e grandi insegnanti da cui si ha tanto da imparare anche umanamente. Il mio modello è stato Arturo Benedetti Michelangeli (Gloria ha studiato con uno dei suoi migliori allievi, Bruno Mezzena, ndr) e quando stavo partecipando alle selezioni per il Premio Van Cliburn a Lugano, andai a Pura per visitare la sua tomba. Una signora anziana mi indicò la via senza che glielo chiedessi, trovai una croce e due piccoli lumini, ne accesi uno inginocchiandomi sulla neve. Piansi. Benedetti Michelangeli sosteneva che non basti una vita per fare bene una sola cosa, io ho un po’ capovolto questa sua visione, mi sono abituata a mettere a fuoco la vita e ad accettare l’ignoto, l’inaspettato e il diverso, perciò ho fondato l’associazione “C-Sharp” che si legge “see sharp”, vedi chiaro, un laboratorio che insegna ai giovani musicisti a superare le difficoltà e lo stress emotivo. Ho portato la musica nelle favelas e in luoghi dove la povertà è assoluta, suonando davanti a bambini che non possedevano nulla se non il loro sorriso.

“Occorre lasciar parlare il cuore e sapersi rialzare dopo le cadute, ascoltare e sapersi ascoltare, stare nel letto del proprio fiume in cui l’acqua però si rinnova”

Lei che è giramondo come tutti gli artisti, che rapporto ha con la sua città d’origine e con la natura?
Adoro Venezia, anche se sono nata a Jesolo, che alla fine è un piccolo paese di pescatori, su una lingua di terra tra mare e laguna in cui c’è acqua di ogni gradazione salina. Amo anche la montagna e qui a Boscoforte mi trovo benissimo, c’è una gran quiete e colori meravigliosi. Nella vita seguo l’istinto, ma ogni tanto sento il bisogno di normalità, qualche volta sono stata anche “fuori centro”. Occorre lasciar parlare il cuore e sapersi rialzare dopo le cadute, ascoltare e sapersi ascoltare, stare nel letto del proprio fiume in cui l’acqua però si rinnova. Però ci si deve mettere in gioco, non giudicare mai ma usare gli altri come specchio, dando sempre un parere creativo.

Lei spazia da Respighi e Schumann alla musica contemporanea, alle pietre che suonano di Pinuccio Sciola e in passato era parte di una band rock.
La mia versatilità deriva in parte dall’insegnamento di Bruno Mezzena, che non voleva mai che si suonassero brani troppo noti e mi proponeva Schönberg. Però ho voglia di eseguire la musica di oggi, molti compositori mi hanno dedicato i loro pezzi e ho partecipato a diverse prime assolute. La musica è di chi la ascolta e il bello della contemporaneità è che puoi parlare e confrontarti con l’autore. Ora ho un progetto in corso con uno dei più celebri minimalisti americani, Nico Muhly, gli ho scritto per capire meglio ogni dettaglio della partitura, ma è l’approccio che uso con qualsiasi brano che leggo per la prima volta e guardo con occhi nuovi, perché non bisogna adagiarsi sui cliché. Ogni artista lancia un messaggio personale ogni volta che suona qualcosa. Con Sciola ho collaborato con gioia, diceva di accarezzare le pietre perché avevano un cuore tenero e conservavano la memoria della loro origine. Il basalto, per esempio, ha una voce sorda e gutturale, quella della Madre Terra.

Come si è trovata a lavorare con l’Orchestra Canova, nata a Varese dalla volontà del suo giovane direttore Enrico Pagano?
Molto bene. Ho uno splendido ricordo dell’esperienza all’Arena di Verona. Enrico, che conoscevo già come violoncellista, è stato bravissimo a tenere compatti tutti i protagonisti in una struttura frammentata che comprendeva narrazione ed esecuzione musicale. È stata un’esperienza totalizzante.

Quali sono le passioni di Gloria Campaner oltre la musica?
Desideri irrealizzabili… Conoscere Leonard Bernstein, un musicista totale.



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