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Una terrazza panoramica in cui rilassarsi, un albergo da cui ammirare di notte le luci del lago, un bar e un ristorante in cui gustare piatti tipici della tradizione culinaria lacustre, un punto di partenza per escursioni a piedi, in bicicletta oppure, per i più coraggiosi, in deltaplano e parapendio: l’impianto di risalita che dal centro di Laveno Mombello porta in cima al monte Sasso del Ferro è come la porta di un caveau che custodisce un tesoro naturalistico dalle mille opportunità  

Immaginate una tiepida giornata primaverile a mille metri di altitudine, lontani dai rumori della città, di fronte a voi la meravigliosa catena del Monte Rosa. Se abbassate lo sguardo, invece, vi appariranno in tutta la loro bellezza il Lago Maggiore, le Isole Borromee e persino la sponda piemontese del lago. A destra potrete scorgere, in lontananza, la Svizzera. E ancora, alla vostra sinistra il Lago di Monate e, se la giornata è particolarmente limpida, forse potreste persino ammirare la città di Milano. Vi starete chiedendo se esista davvero un luogo così, da cui poter godere di una simile vista a 360 gradi. Certo che esiste e non è neppure lontano da Varese: basta arrivare a Laveno Mombello, superare il centro abitato in direzione Luino e, quando la strada inizia a salire, prendere a destra per via Tinelli. Dopo una cinquantina di metri troverete la stazione della funivia, che al costo di 10 euro andata e ritorno, vi condurrà su in alto, oltre le nuvole, ad apprezzare un panorama ineguagliabile.

L’impianto di risalita a fune di Laveno porta, in una decina di minuti circa, verso la vetta del monte Sasso del Ferro raggiungendo la località “Pizzone”, impropriamente rinominata “Poggio Sant’Elsa” (nome della moglie del primo costruttore, un imprenditore di Legnano). Alla partenza sarà possibile scegliere se salire fino in cima all’aperto o al chiuso con una bidonvia biposto. Dopo appena (si fa per dire) un chilometro e mezzo di salita dolce, con un dislivello di circa 700 metri, arriverete a destinazione: ad accogliervi, un albergo, un bar e un ristorante con terrazza panoramica e, ovviamente, una vista da mozzare il fiato.

Se siete amanti del trekking, potrete partire alla volta di meravigliose passeggiate più o meno lunghe, con diversi gradi di difficoltà. Sono infatti svariati i sentieri montani che partono dal Sasso del Ferro, anche per gli amanti della mountain bike, che potranno esplorare diverse escursioni in bicicletta (si consigliano biciclette Downhill, perché i sentieri a volte possono risultare particolarmente irregolari). Ma non è finita qui. Gli appassionati degli sport aerei, infatti, in cima alla funivia di Laveno Mombello possono trovare pane per i propri denti: è dal 1975 che la cittadina varesina è diventata patria Europea del Volo Libero, grazie alle piattaforme di lancio da cui partono le discese di deltaplani e parapendii, che sfruttano le correnti termiche favorevoli che a certe altitudini di certo non mancano. Ma non solo sport e attività fisica, se invece lo scopo della visita in cima alla vetta del monte Sasso del Ferro è semplicemente il relax, anche in compagnia di bambini, è possibile trovare nell’area attrezzata sotto al ristorante il luogo perfetto in cui far giocare i più piccoli, mentre i grandi potranno godersi un po’ di sole, in attesa di gustare un bel pranzo della cucina tradizionale lacustre e non solo.

L’impianto di risalita a fune di Laveno porta, in una decina di minuti circa, verso la vetta del monte Sasso del Ferro raggiungendo la località “Pizzone”, impropriamente rinominata “Poggio Sant’Elsa”

A raccontare qualcosa in più sulla storia della funivia di Laveno è Paola Mattioni, che con il figlio Giampaolo e la nuora Alessia, si occupa della gestione dell’Albergo Ristorante Funivia. “Correvano gli anni ‘60, quando l’imprenditore Mario Bianchi ebbe l’idea di realizzare un impianto di risalita. I lavori iniziarono di lì a poco e nell’aprile nel 1963 l’impianto fu inaugurato – spiega Mattioni –. Per alcune difficoltà economiche, tuttavia, Bianchi decise di chiudere l’attività e si cercò, perciò, qualcuno che potesse prendere le redini di questo progetto”.  E a chi toccò questo compito? “Il parroco del paese, conoscendo la grande passione di mio padre Giampaolo Mattioni e di mio zio Paolo Rossi per la montagna, chiese loro se per caso non fossero interessati a rilevare quella attività. È così che ha avuto inizio la nostra avventura”, racconta ancora Paola Mattioni. In sintesi, nel 1965 la società Rossi & Mattioni di Gemonio subentrò nella gestione dell’impianto e in quegli anni Mattioni decise di aprire il piccolo comprensorio sciistico sul Sasso del Ferro, composto da una manovia e da una sciovia, dove si svolsero i “Giochi delle Gioventù” a livello provinciale nel 1974. “Quasi tutti i bambini della zona hanno imparato a sciare su quella pista lunga un chilometro: pensate che ci hanno perfino organizzato un ‘Trofeo Topolino’ ed è nata anche la scuola da sci Cuvignone, che tutt’ora esiste. Poi purtroppo di neve non ce ne è stata più e la pista è stata chiusa”, precisa la figlia di Mattioni. 

Insieme alla pista da sci è stato costruito l’Albergo oggi tre stelle, che conta 18 camere, 60 posti letto e 500 posti a sedere nelle due sale interne ed esterne, dove è possibile organizzare convegni e persino matrimoni. Meta turistica che registra una significativa presenza di ospiti stranieri, la funivia che dal centro di Laveno porta a Poggio Sant’Elsa trasporta ogni anno molti passeggeri. “C’è una distinzione da fare: nel periodo pre-Covid superavamo i 70.000 visitatori annui, poi c’è stato un forte decremento dovuto anche all’incidente del Mottarone – spiega Paola Mattioni –. Stiamo pian piando tornando a pieno regime, e anzi, abbiamo acquisito una maggiore frequentazione anche da parte dei visitatori italiani. La nostra clientela è per la maggior parte composta da stranieri, circa il 60-70%, che rimangono sempre incantati dal paesaggio e dalla quiete che possono godersi quassù”.

È ormai tempo di scendere a valle, ma non prima di fare un’ultima domanda: gli altri soci del ramo Rossi, di cosa si occupano? “Bruno Rossi e Marino Rossi, figli di mio zio Paolo, seguono rispettivamente il discorso legato alla gestione della funivia e della parte amministrativa della società”. Ed è proprio a Bruno, che ha una attività a Cocquio Trevisago, che sulla via del ritorno chiediamo di raccontarci qualcosa di più su come si gestisce una funivia. “La vita tecnica di una funivia è di 40 anni, dopo di che, stando alla normativa, l’impianto va rifatto totalmente: è quello che è successo a noi nel 2004. Essendo i costi di rifacimento molto alti, oltre al nostro investimento, abbiamo avuto la fortuna di poter beneficiare di un bando regionale che ha coperto i costi del 35%. Per la restante cifra, abbiamo potuto contare anche sul sostegno della Provincia di Varese, del Comune di Laveno Mombello e della Comunità Montana delle Valli del Verbano. Il costo totale di ristrutturazione è stato di 2.215.000 euro, che sono serviti per mettere a norma l’impianto e rimetterlo in funzione nel marzo del 2006”, racconta Bruno Rossi. 

In cosa consistono i controlli di una funivia? “A parte le strutture in cemento armato, viene controllata annualmente la fune di trazione, tutta la componentistica e l’impianto di frenatura. Ogni due anni questi controlli vengono fatti alla presenza di un funzionario del Ministero e ogni 5 anni viene fatta una revisione speciale. Per noi la sicurezza viene prima di tutto, ci teniamo che la nostra clientela possa utilizzare il nostro impianto senza avere alcuna preoccupazione”, conclude Rossi.  



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