La-favola-del-bosco

Fate, guardiani e streghe: questi i personaggi, scolpiti nel legno da Sergio Terni, che si possono incontrare lungo il sentiero 17 che da Cerro di Caldana sale al Forte di Orino in cima al Campo dei Fiori

Il paragone con i grandi del passato non lo turba. È giovane, scolpisce per divertimento nel polveroso laboratorio sotto casa o nel fitto del bosco popolato da cervi e cinghiali. Lavora esclusivamente il legno, di cedro, di castagno o di betulla che sia: “Sento più il legno della pietra e del marmo – confessa – il legno è morbido e caldo e al momento occupa i miei interessi”. Sergio Terni, 43 anni, nato a Cocquio Trevisago, di professione impiegato e gran camminatore in montagna, è uno scultore autodidatta. Ha imparato a intagliare frequentando le botteghe artigianali come si usava a Firenze ai tempi di Andrea del Verrocchio, maestro di Leonardo da Vinci.

Ha donato alla chiesa di Cerro un crocefisso a mezzo busto. Ma l’opera che gli ha dato la notorietà è il “Popolo del bosco”: fate, guardiani e streghe con cui ha reso vivo il sentiero n. 17 nel tratto che da Cerro di Caldana, sulle alture di Cocquio (450 metri sul livello del mare) sale al Forte di Orino in cima al Campo dei Fiori (1.139 metri), seguendo il tracciato del sentiero 10A Velate-Orino. È come entrare in una favola di Walt Disney. Ovunque si volga lo sguardo a destra e a sinistra, inoltrandosi tra faggi e conifere, penetrando tra felci e noccioli, appaiono i magici abitatori della selva. “Le mamme mi ringraziano perché i figli entrano volentieri nel bosco per vedere le mie sculture a contatto con la natura – spiega – e una volta tanto non stanno davanti al computer”. I bambini vengono con le famiglie in forma privata e in gita scolastica dall’asilo infantile di Caldana e dalle elementari e medie di Cocquio, Azzio, Cuvio e dintorni. Durante l’Ottobre Caldanese, la festa dei mestieri, si organizzano rappresentazioni teatrali lungo il “Sentiero delle fate” con attori amatoriali vestiti da fauni.

Sergio Terni è uno scultore autodidatta. Ha imparato a intagliare frequentando le botteghe artigianali come si usava a Firenze ai tempi di Andrea del Verrocchio, maestro di Leonardo da Vinci 

Quasi tutte le opere risalgono al 2016, ma l’artista sta lavorando a nuovi personaggi (l’elfo, lo scoiattolo). Lo spettacolo inizia appena fuori dalle case di Cerro, in località La Colma, segnalato dalle apposite palette. Una pergamena in legno annuncia che “non puoi vivere la favola se ti manca il coraggio di entrare nel bosco”. Ed ecco comparire la figura del guardiano, che accoglie il viandante facendo capolino dal tronco di un castagno, come il capocomico a teatro affacciandosi al proscenio. Ecco la dea Berta desunta da leggende celtiche, il gigantesco ragno in agguato sulla tela di alluminio, la realistica vipera strisciante, il gufo attento alle prede da ghermire, la strega brutta e sdentata, secondo tradizione, a cui qualcuno ha infilato al polso un braccialetto di perle.

“Il successo mi ha sorpreso, non me lo aspettavo - ammette l’autore -. Scolpire non è facile. Devi trasmettere un’idea, un’emozione. E prima di usare lo scalpello trascorrono mesi di progettazione, di calcoli, percentuali, misure e studi dell’anatomia del corpo umano. Non è solo picchiare il legno con il mazzuolo. C’è lo studio, c’è la ricerca. Ho cominciato frequentando per tre anni il laboratorio di Luigi Pogliani a Brenta che mi ha insegnato a intagliare il legno, una tradizione che a Varese ha pochi cultori. Frequento corsi di scultura in Valle d’Aosta con il maestro Giuseppe Binel e ad Ortisei in Valgardena con Mattia Kostner. Le sculture fanno parte di me, io parlo con loro, do loro la mia anima e con la mia attività sogno di donare qualcosa di bello agli altri”.
In primavera nel bosco non è raro imbattersi nei caprioli appena nati. Bisogna assolutamente evitare di toccarli, raccomandano gli esperti, se la madre non riconosce l’odore li abbandona. Il sentiero è zona di caccia. Quand’è stagione ospita battute anche notturne per il contenimento delle specie nocive, come cinghiali e nutrie. 

“Scolpire non è facile. Devi trasmettere un’idea, un’emozione. E prima di usare lo scalpello trascorrono mesi di progettazione, di calcoli, percentuali, misure e studi dell’anatomia del corpo umano”

È zona di turismo domenicale e talvolta si verificano episodi di vandalismo. La vipera scolpita da Sergio Terni scivola sinuosa sopra un masso e appare all’improvviso a chi percorre il viottolo. Forse ha spaventato qualcuno e, in passato, l’hanno strappata e gettata tra i cespugli. Il sentiero 17 è anche una meravigliosa area di trekking, di recente colpita da violente tempeste che hanno rovesciato alberi di alto fusto mettendo a rischio le case. Per questo sono in corso abbattimenti preventivi e i taglialegna vanno e vengono con i trattori.
Ma la favola del bosco conserva intatto il suo fascino. La materia prima sono i castagni morti che l’artista individua lungo il sentiero. “È il legno che resiste meglio all’usura del tempo, contiene il tannino e non marcisce. Ma tende ad aprirsi e va lavorato contro vena. Meglio del pino, in ogni caso, che tende a seccare”. Se il bosco è incantato, il laboratorio di Sergio Terni nello scantinato della casa dove abita a Cocquio non è meno seducente. Ovunque cunei, mazzette, punzoni, martelli, mazzuoli, scalpelli, busti, teste e mezzibusti a metà lavorazione, cavalletti, seggiolini e disegni di tavole anatomiche appesi alle pareti. E poi colle, raspe per limare, sgorbie per scalpellare in un classico disordine d’artista. 

Nel laboratorio si coglie l’attrazione che l’arte sacra esercita su di lui. L’artista ci mostra il legno di cedro su cui sta realizzando il bassorilievo di S. Bernardo, una statua di oltre due metri per l’esterno della chiesa dell’Annunciazione a Cerro di Caldana. Raffigura il Santo che tiene a bada un diavoletto, in vernacolo il “ciapin”, rappresentato su una tela antica all’interno della chiesa: “Il cedro contiene la resina, è profumato e pastoso, ideale per l’esterno”. È attratto dalla figura di Cristo. Ci mostra le fotografie a colori dei modelli che stimolano la sua fantasia: “Il volto di Cristo è ricco di mistero – dice – e per raffigurarlo ci vuole umiltà”. Infine, un sogno da realizzare. “Mi piacerebbe collaborare con l’ente Campo dei Fiori – confessa –. Vorrei scolpire una grande figura di alpinista da porre al Forte di Orino, sulla sommità del Campo dei Fiori. Me lo immagino ritto in piedi in un luogo panoramico, affacciato sul precipizio a scrutare l’orizzonte. Per dare a chi guarda un senso di libertà e di infinito”. 



Articolo precedente Articolo successivo
Edit