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Varano Borghi, grazie alla propria storia industriale, rappresenta, per perfezione architettonica, uno dei pochi casi di villaggi operai aziendali ancora riconoscibile nel suo impianto originario. Una caratteristica che si sta trasformando in occasione di turismo a chilometro zero

Un universo sociale, fianco a fianco allo stabilimento. Fatto di spazi per ogni momento della vita, a partire dalla casa: è il mondo della fabbrica-villaggio di Varano Borghi, unico esempio di company town in provincia di Varese, tra i pochissimi in Italia. Qui, su una collina incastonata tra un lago e una torbiera, tre generazioni di imprenditori illuminati - i Borghi originari di Gallarate - crearono infatti, pressoché da zero, un villaggio ideale, pensato come elemento centrale nella produttività della fabbrica. A distanza di un secolo e più, il destino del paese è ormai in gran parte distinto da quello dello stabilimento (che pure ancora ospita due imprese, Borghi 1819 e Tbc Tessuti Italiani), ma le architetture fisiche e il modello sociale sono una curiosità da scoprire, divenuta anche occasione di turismo a chilometro zero. 
L’ha certificato l’ultima edizione delle Giornate di Primavera del Fai, il Fondo per l’Ambiente Italiano: sono state oltre 4.500 le persone che in due soli giorni, nel marzo scorso, sono venute a scoprire Varano Borghi, accompagnate da cinque diversi percorsi di visita predisposti dalla Delegazione del Seprio del Fai in collaborazione con la Pro Loco e cinque scuole superiori del territorio.

In provincia non sono pochi i casi di villaggi operai aziendali inseriti all’interno di paesi o città, ancora riconoscibili nelle architetture e nell’impianto originario, per quanto a volte “inquinato” da interventi successivi negli anni del Boom economico. A Saronno c’è il minuscolo villaggio Frua degli anni Venti, a Gallarate l’antico quartiere intorno alla grande fabbrica Carminati e quello - più compatto - del cotonificio Bellora. O ancora le case per operai e dirigenti della cartiera di Cairate, in Valle Olona. Solo a Varano, però, si può scoprire l’articolata struttura sociale di una vera e propria “company town”, che si è sovrapposta e ha pressoché sostituito il minuscolo villaggio originario. 

Su una collina incastonata tra un lago e una torbiera, tre generazioni di imprenditori illuminati - i Borghi originari di Gallarate - crearono da zero un villaggio ideale, pensato come elemento centrale nella produttività della fabbrica

Percorrendo le strade del piccolo centro si scoprono via via le semplici palazzine che diedero il la all’insediamento, le elaborate abitazioni per tecnici specializzati e impiegati (di gusto vagamente anglosassone), le case per i contadini-operai, che passavano dall’aratro al telaio, manodopera aggiuntiva nei momenti di picco della produzione. E ancora i servizi collettivi, come l’ospedale, la sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso, l’albergo, le stalle, la chiesa che l’architetto Paolo Cesa Bianchi progettò prendendo spunto dalle forme della collegiata di Castiglione Olona. Sono edifici che hanno subito improvvide manomissioni nel Dopoguerra e dove vivono in qualche caso anche forme di degrado e abbandono più recente, ma che testimoniano l’attenzione posta nella progettazione e nelle finiture, dalle modanature in cotto alle decorazioni dipinte. Il villaggio si dispone sul leggero declivio della collina, con al culmine la maestosa Villa Borghi, abitazione della famiglia proprietaria della grande fabbrica tessile: nata dal rimaneggiamento di un precedente edificio, riplasmata nelle forme eclettico-barocche visibili al visitatore odierno, è stata recuperata nel 2013 ed è oggi un hotel con centro convegni e spa.

Accanto alla piazzetta antistante alla villa s’incontra subito l’alberata piazza Matteotti, con le palazzine (un tempo affrescate) che indirizzano lo sguardo verso la sobria facciata della chiesa. Di qui l’asse centrale del villaggio, viale Vittorio Veneto, accompagna poi alla scoperta degli altri edifici, disposti in ordine cronologico pressoché perfetto, dalla fine dell’Ottocento fino agli anni Dieci. Verso il fondo del viale alberato le case dell’epoca dei Borghi lasciano il posto a più moderne palazzine postbelliche, che raccontano il passaggio dall’epoca del capitalismo paternalistico all’intervento pubblico nell’edilizia. Pur nella modestia delle dimensioni - ai tempi della Seconda Guerra Mondiale contava circa 1.300 abitanti - Varano Borghi appare quasi come una piccola città, in cui è possibile riconoscere un disegno accurato ed elementi architettonici ricorrenti, nell’uso del cotto, dell’intonaco. Il visitatore più curioso, spingendosi nella periferica via Trieste, scoprirà persino un insieme di case con loggiato in pietra e mattoni risalenti al Dopoguerra: abitazioni private, estranee al disegno originario del borgo, che però riecheggiano ancora il linguaggio architettonico scelto dall’architetto Cesa Bianchi per gli edifici del villaggio dei Borghi.

Alla famiglia di industriali gallaratesi è dedicato anche un agile volumetto - “La stoffa dei Borghi” - pubblicato in occasione del recupero della villa e che può essere utile a chi volesse conoscere la storia dell’avventura imprenditoriale. Una vicenda che parte dal capostipite Pasquale Borghi nel 1819 e cresce con il contributo fondamentale del nipote Luigi che – esule risorgimentale dopo la rivoluzione liberale fallita del 1848 – in Gran Bretagna “scoprì” la rivoluzione industriale e la importò in Lombardia. Mentre Napoleone fu il protagonista della fase di sviluppo edilizio del paese. I nomi dei Borghi ritornano anche nella cappella gentilizia nel cimitero del villaggio, appena periferico, nella cui struttura si ripresenta il motivo degli archi in mattoni che si trova su tanti edifici del paese. 

Esempi di villaggi aziendali sono presenti anche a Gallarate e Saronno, ma solo a Varano si può scoprire l’articolata struttura sociale di una vera e propria “company town”

Tre sono le generazioni della famiglia che hanno ideato, avviato e portato alla fase culminante l’universo industriale e sociale imperniato sul villaggio: una vicenda che ricorda quella dei Crespi originari di Busto Arsizio, che in tre generazioni tra il 1878 e il 1920 edificarono dal nulla il villaggio di Crespi d’Adda, a fianco del fiume da cui la fabbrica traeva forza motrice. Dal 1995 il paese in provincia di Bergamo, perfettamente conservato nelle sue forme originarie, è divenuto patrimonio dell’umanità Unesco. Rispetto a Crespi d’Adda, Varano Borghi oggi è segnata maggiormente dalle manomissioni successive, ma al contempo si può apprezzare la grande varietà di edifici, che racconta la struttura articolata. 

Camminando si può così immaginare il movimento di giovani operaie residenti al convitto, di operai con famiglia, degli impiegati più istruiti e meglio alloggiati, degli ingegneri e dei clienti della fabbrica che venivano ospitati per soggiorni più o meno lunghi nell’albergo. Si può immaginare le ore di riposo serale nella piazza alberata, dove anche oggi in estate c’è sempre un tavolino con sedie da posizionare all’ombra in qualunque momento del giorno (una volta a settimana, al venerdì, c’è il mercato). Ed è proprio in piazza che si può immaginare la vivace vita di villaggio di un tempo, in un paese altrimenti molto silenzioso. E dopo la visita al villaggio ci si può concedere un po’ di riposo nella zona del sottostante lago di Comabbio: anche qui gli operosi Borghi impiantarono una modernissima piscicoltura, con tanto di stand all’Expo di Milano del 1906 e una produzione di aringhe in scatola e bottarga destinate anche all’esportazione, al pari dei tessuti prodotti nella grande fabbrica. La stoffa dei Borghi, appunto. 



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