Una collezione archeologica composta da circa 600 oggetti e una artistica fatta di 1.500 opere: il Sacro Monte varesino è custode di un gioiello che rappresenta la meta ideale per gli amanti della storia, dell’arte e della geografia. Fedele espressione del pittore, scultore, architetto, scenografo, ma soprattutto collezionista milanese che ne fece il suo rifugio prediletto

Per chi non lo conoscesse o desiderasse ritornarci, vale sicuramente la visita uno dei più bei musei varesini. Si tratta della casa museo di Lodovico Pogliaghi, al Sacro Monte di Varese, che porta il nome di questo importante artista e collezionista del secolo scorso. Milanese di ottimi natali, noto per la sconfinata cultura e attività, a un certo punto della sua vita decise di ritirarsi per sempre nella casa studio da lui costruita, in origine solo laboratorio e deposito delle sue ricche collezioni d’arte (oggi 1.500 opere) e archeologiche (circa 600 oggetti). Il Pogliaghi divenne così nel tempo Sacromontino a tutti gli effetti. Tanto che si occupò anche della realizzazione dell’altare del Santuario dedicato alla Vergine, nonché della sistemazione architettonica del cimitero locale, dove è sepolto accanto alla consorte Maria Rizzi. Era pittore, scultore, architetto e scenografo apprezzato e ancora raffinato decoratore (suoi i mosaici per la tomba di Giuseppe Verdi a Milano, così come gli stucchi della Basilica di San Vittore in Varese). Aveva insomma una competenza paragonabile a quella degli artisti del Rinascimento. Tanto che, avendogli qualcuno fatto notare che in un documento, anziché scrivere come data di nascita il 1857, avesse indicato il 1557, aveva risposto, usando il dialetto che tanto gli piaceva sfoggiare: “Hoo ming sbagliaa a scriv, hoo sbaglia a nass”, ovvero “Non ho sbagliato a scrivere, ma a nascere”.

Tornando alla casa laboratorio, divenne nel tempo quell’ampio museo che oggi si offre al godimento di chi la visita. Corpo principale del complesso è la Villa ottocentesca, da lui poi costruita, che si staglia alta sul profilo del paesaggio con ingresso dalla parte alta della via Sacra. Si accede dal coreografico giardino tra mura in sasso e scenografie classicheggianti di statue romane. Il secondo edificio rustico in legno, e primo studio, è ancora oggi luogo espositivo, visitabile a richiesta. La dimora, con timpano dorato realizzato a mosaico, ha loggiati con volumi simmetrici ma diseguali. E di sala in sala rivela al piano nobile, nella disposizione estrosa che ricalca in pieno quella originale voluta dal Pogliaghi, la varietà di interessi del collezionista. Per la geografia e la storia, espressa attraverso oggetti di utilità ed estetica molto diversi tra loro: vetri, tappeti, tessuti, mobili antichi dell’Occidente e dell’Oriente collezionati in anni di ricerca.

Tra i pezzi di maggior richiamo sono due sarcofagi egizi che vi portò lo stesso Pogliaghi, soddisfacendo la sua passione archeologica. E attorno ai quali il museo ha di recente costruito un particolare percorso dedicato alle scuole. L’opera artistica più interessante della collezione è una scultura greca, un Dioniso di scuola prassitelica in marmo bianco, che lui stesso identificò come tale e restaurò, dopo l’acquisto nel 1893 dalla collezione Borghese. Altri due interessanti pezzi sono lo Stamnos (recipiente per liquidi) a figure rosse e nere, rinvenuto a Tarquinia, probabilmente reperto scovato tra vasi attici provenienti dai ricchi centri etruschi. Del Morazzone, gloria pittorica del’600, è il Cristo eucaristico, con firma dell’artista, parte di un tabernacolo ligneo realizzato quasi certamente negli anni di lavoro che lo portarono a operare nelle chiese varesine, in primis in Basilica e poi alla Via Sacra.

Tra i pezzi di maggior richiamo sono due sarcofagi egizi che vi portò lo stesso Pogliaghi, soddisfacendo la sua passione archeologica. E attorno ai quali il museo ha di recente costruito un particolare percorso dedicato alle scuole 

Figlio di una musicista e pittrice e di un ingegnere ferroviario, il Pogliaghi aveva in gioventù assecondato l’amore per l’arte, coltivato in famiglia intraprendendo studi alla Accademia di Brera, dove conobbe Giuseppe Bertini. Con lui collaborò in lavori di decorazione, riallestimento e restauro al museo Poldi Pezzoli di Milano. Sempre per Milano realizzò la imponente porta centrale del Duomo dedicata alla Vergine, con splendidi motivi gotici. É stata di recente oggetto di restauro, da parte del laboratorio San Gregorio, la copia della stessa in gesso (10 metri di altezza per 6 di larghezza), prodotta dall’artista durante i lavori preparatori, tra le testimonianze di maggior interesse del museo Sacromontino. Il restauro è stato promosso dalla Parrocchia di Santa Maria del Monte in partnership con la veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano e il sostegno di Fondazione Paolo VI, Fondazione Pogliaghi, Arcidiocesi di Milano, Università degli Studi dell’Insubria, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Regione Lombardia. Che ha coperto il 70/% delle spese. La copertura totale è arrivata poi da privati visitatori e aziende. 

Donato alla Santa Sede per volontà dell’artista, il museo è dal 1937 posto sotto il patrocino della Veneranda Biblioteca Ambrosiana. Dopo la morte di Pogliaghi, nel giugno del 1950, il 5 luglio del 1952 fu aperto per la prima volta al pubblico. Seguì un restauro a cura di Alberto Ferrari, Giorgio Invernici e Silvano Colombo, grazie alla fondazione Cariplo e alla Ambrosiana, che permise poi dal 2005 l’alternanza di mostre temporanee. La sua riapertura definitiva è datata 2014 e ora è parte integrante del circuito museale Sacromontino, insieme con il museo Baroffio e del Santuario e la cripta dello stesso, in un unico itinerario di arte e di fede. 

Per informazioni su aperture e prenotazioni biglietti: 
Casa Museo Lodovico Pogliaghi
info@casamuseopogliaghi.it - 328 8377206



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