È una posizione di metà classifica quella assegnata ai ragazzi italiani dalle principali graduatorie mondiali sulla padronanza della lingua anglosassone. Un gap di conoscenza, ma anche per la competitività delle imprese

Nel mondo del lavoro il termine competenza ha un significato molto importante. Le skill, siano esse tecniche, trasversali, digitali o linguistiche hanno un vero e proprio ruolo chiave. Quali sono dunque le più importanti? Quali rendono un curriculum vitae interessante agli occhi dei reclutatori? Domande a cui è difficile dare una risposta valida e univoca, soprattutto se consideriamo che il mondo del lavoro è formato da settori molto diversi tra loro, che richiedono proprie competenze specifiche. Una, però, mette tutti d’accordo: la competenza linguistica che si posiziona in qualsiasi impresa tra i gradini più alti del podio. Conoscere una o più lingue straniere garantisce una maggiore possibilità nella ricerca di un posto di lavoro. Oggi in una dimensione di mercato globale e globalizzato, dove la mobilità è una costante sempre più in ascesa, saper parlare e scrivere in almeno un’altra lingua straniera, rappresenta un importante valore aggiunto.

La domanda, però, che subito si pone è se oltre all’inglese è importante conoscere altre lingue straniere e soprattutto per quale motivo.  La risposta è quasi scontata: oltre alle lingue più classiche come appunto l’inglese, lo spagnolo e il tedesco, conoscere gli idiomi parlati nei mercati cosiddetti emergenti può fare realmente la differenza. Cina, Russia, mondo Arabo sono i primi esempi lampanti di economie dall’importanza crescente e dalle sempre più strette relazioni con le imprese varesine.  È questo il punto: conoscere le lingue straniere non significa solo avere maggiori opportunità di lavorare all’estero, ma soprattutto averne in Italia. Il nostro è uno dei Paesi più industrializzati al mondo con un alto tasso di export. Le imprese italiane si posizionano nei primi posti della classifica mondiale calcolato per numero assoluto di imprese che esportano, intrattenendo dunque rapporti economici e commerciali con l’estero. In questo scenario nazionale Varese non fa eccezione. Anzi proprio l’industria locale è una di quelle a più alta vocazione internazionale con il 45% del valore aggiunto prodotto che viene destinato all’export, uno dei tassi più alti in Italia.

L’importanza dunque delle conoscenze linguistiche è un punto condiviso dalle stesse imprese che si trovano costantemente a doversi confrontare con un mercato internazionale, dove una comunicazione errata o difficoltosa rischia di mandare a monte un’intera trattativa. Nell’affrontare i mercati internazionali e nel rimanere competitive promuovendo il made in Italy nel mondo, il valore della conoscenza dell’inglese diventa sempre più importante e il costo della sua mancata conoscenza diventa sempre più elevato.
A confermarlo Patrizia Ghiringhelli, Joint Managing Director and Marketing and Promotion Manager della Rettificatrici Ghiringhelli di Luino: “Per un’azienda come la nostra che esporta circa il 90% del proprio fatturato la conoscenza delle lingue straniere è un requisito fondamentale per quasi tutte le figure presenti nella nostra organizzazione. Ad eccezione infatti del comparto produttivo, in tutte le aree aziendali il personale impiegato ha una buona conoscenza della lingua inglese e in molti casi di una seconda lingua straniera. Nella selezione dei candidati oggi viene data sempre maggiore importanza alla padronanza dell’inglese: dai clienti ai fornitori sempre più spesso è la lingua anglosassone ad essere usata come prima lingua nella corrispondenza, nella documentazione e nello scambio di informazioni. Padronanza che deve essere intesa come assoluta quando si tratta di personale addetto alla vendita o all’assistenza, al quale come detto viene richiesta la conoscenza di almeno una seconda lingua che nel nostro caso può essere quella tedesca, francese o spagnola”.

I dati che arrivano dall’ultimo rapporto annuale dell’EF EPI (English Proficiency Index), l’ente che rileva il livello di conoscenza dell’inglese: la competenza della lingua da parte degli italiani è fra le più basse d’Europa

Non si discute quindi, la conoscenza dell’inglese è indispensabile. Difficile quindi comprendere i dati che arrivano dall’ultimo rapporto annuale dell’EF EPI (English Proficiency Index), l’ente che rileva il livello di conoscenza dell’inglese: la competenza della lingua da parte degli italiani è fra le più basse d’Europa. Basti pensare che l’Italia, insieme alla Francia e alla Spagna (tre delle maggiori economie del continente), presentano lacune persistenti nelle competenze in inglese, piazzandosi a circa metà nella classifica mondiale EF EPI 2018. Una situazione che dovrebbe far riflettere, considerando che l’inglese sta cambiando il modo in cui le idee fluiscono da un luogo all’altro e che il futuro del mercato del lavoro è internazionale e parlare inglese è una delle competenze di base necessarie per accedervi.

Quello della formazione linguistica è dunque uno dei migliori investimenti professionali e personali. Sempre più spesso molte famiglie fanno tutti gli sforzi necessari per iscrivere i propri figli a corsi specifici o programmi con esperienze di studio all’estero (Brexit permettendo). Numerosi anche i professionisti che investono nell’apprendimento dell’inglese, che rimane l’unica lingua ad avere una ricchezza di possibilità formative fuori da un contesto scolastico di apprendimento. Anche perché, mentre altre competenze, come quelle digitali ad esempio, seppur sempre più importanti, vengono richieste in alcuni settori in particolare, quello della padronanza della lingua inglese è, viceversa, richiesta trasversalmente da tutti i comparti, in quasi tutti i ruoli, fornendo così alla persona che l’ha in dote numerose opportunità di cooperazione, lavoro e mobilità internazionale. Sembrano concetti scontati, quasi banali che dovrebbero essere patrimonio comune. Eppure, le classifiche continuano a suonare un campanello d’allarme per i giovani italiani. Come dire: il 6 in pagella non basta più. 



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