“Skype numero massimo partecipanti”, “download Zoom gratis italiano”, “Teams come funziona”. Queste alcune frasi, quasi inesistenti nei mesi precedenti, che sono risultate tra le più frequenti nel mese di marzo 2020 sui motori di ricerca. La provincia di Varese e l’Italia intera hanno rocambolescamente osservato lo smart working attraversare il famigerato “chasm” di Geoffrey Moore (1991). Si tratta di quella forte linea di demarcazione, descritta come un baratro, che ogni tecnologia affronta quando passa dal mercato degli early adopters, i visionari, che adottano pratiche e strumenti per la curiosità di esplorare cose nuove, a quello degli early majority, cioè i pragmatici che, disinteressati delle novità fini a se stesse, comprano prodotti e strumenti solo quando si riscontra un vero bisogno. Potremmo parlare per giorni della generale impreparazione con cui si e arrivati ad affrontare l’emergenza a inizio marzo. È un dato di fatto che, per molte imprese manifatturiere, approntare i propri addetti d’ufficio a un lavoro remoto, anche non “smart”, non fosse esattamente tra le priorità strategiche. O che, culturalmente parlando, il lavoro a distanza sia visto con una certa dose di diffidenza, in Italia, nell’ambiente lavorativo più tradizionale. Ma, per la prima volta in questo secolo, un fattore esogeno non controllabile come Covid-19, sta introducendo nuove dinamiche, inter e intra aziendali. E la parte più interessante è stata la risposta delle imprese di fronte alla necessità: la mobilitazione generale nelle prime due settimane di marzo ha smosso anni di staticità organizzativa con scatti tecnologici degni del più giovane Usain Bolt.

L’emergenza Coronavirus ci ha permesso di capire (obbligandoci) che possiamo lavorare in maniera diversa. La panoramica sulle aziende della provincia di Varese e sugli strumenti utilizzati per costruire una nuova normalità

La pubblicazione di nuovi decreti sempre più restrittivi ha accelerato il passaggio a smart working di decine di migliaia di addetti in poche settimane, con il record di solo uno o due giorni per alcune organizzazioni. In una survey sottoposta dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese a un campione di circa 100 imprese, è emerso un dato veramente interessante sul grado di adozione del lavoro intelligente: 9 aziende su 10 lo stanno facendo. L’Unione Industriali, supportando le imprese in questo delicato processo multidisciplinare, si è anche posta il quesito di quali fossero gli strumenti che abbiano permesso questa vera e propria trasformazione digitale. Quali sono quindi questi strumenti utilizzati per il lavoro da casa? Molti. Ed è giusto fare alcune distinzioni tra le categorie più comuni.

Software per videochiamate

Sebbene il metodo più utilizzato in azienda per contattare un cliente, un fornitore, un collega di un’altra sede o qualsiasi persona esterna al proprio luogo di lavoro sia solitamente quello di inviare una mail oppure alzare il telefono, si sa che l’opportunità di potersi parlare faccia a faccia, magari condividendo dei documenti a schermo, permette sempre di cogliere delle sfumature diverse rispetto a una semplice telefonata o a uno scambio asincrono di email. Anche se c’e chi fa le videochiamate su WhatsApp come alternativa semplice e gratuita, sono gli strumenti professionali a farla da padrone, anche grazie al valore aggiunto delle funzionalita extra, con Skype/Skype for Business, Microsoft Teams, Google Hangouts e Zoom tra gli strumenti utilizzati da oltre il 75% degli intervistati.

Software per la comunicazione interna tra colleghi

Lavorare a distanza ha reso evidente come l’email e il telefono non fossero  sufficienti a soddisfare tutte le necessità di comunicazione per agevolare il lavoro tra più persone. Anche in questo caso presenti i gruppi WhatsApp, affiancati sempre da strumenti più professionali come Slack e Microsoft Teams, già molto diffusi negli Stati Uniti. Per capire meglio l’effetto smart working: Teams è cresciuto di 12 milioni di utilizzatori nella sola settimana dall’11 al 18 marzo 2020.

Software per la gestione e la condivisione di documenti aziendali

Le soluzioni scelte ricadono all’interno di 3 categorie fondamentali. Primo: VPN, ovvero collegare i computer remoti alla rete aziendale attraverso una connessione privata e sicura (oltre il 75%); secondo: strumenti per la virtualizzazione dei desktop aziendali come TeamViewer; terzo: gestione dei file con sistemi in cloud, ad esempio Dropbox, Google Drive o soluzioni Microsoft Sharepoint/Onedrive. È importante sottolineare come, fra queste 3 categorie, non ci sia un migliore o un peggiore, ma la diversa natura delle soluzioni stesse sia più o meno confacente a esigenze aziendali ben distinte. I risultati ottenuti dall’adozione di questi strumenti non solo gli effetti positivi dovuti alla continuità lavorativa: molte persone stanno scoprendo benefici sia professionali sia personali, dal non dover fare i pendolari per 2 o più ore al giorno, all’essere più vicini alla famiglia (e non “troppo vicini” perchè in uno smart working senza virus il problema delle scuole chiuse non ci sarebbe), il poter lavorare senza distrazioni e, in generale, lavorare meglio. Ed è proprio questo “lavorare meglio” il vero significato di smart working e non, come alcuni pensano, “lavorare a distanza”. Il contatto umano, al netto delle quarantene forzate, rimane fondamentale e centrale nelle relazioni lavorative. Per concludere, ricordiamoci di una cosa: dobbiamo uscire il prima possibile dalla mentalità del “facciamo le cose così finché non passa l’emergenza”. Perchè stiamo lavorando “a casa” e non “nonostante si stia a casa”. Non ne usciremo a breve e sicuramente le cose non torneranno uguali a prima. Questa corsa si spera dunque non sia servita solo per lavorare da remoto, ma anche a capire che si può lavorare diversamente e che deve essere ragionata internamente e discussa una “nuova normalità”. Questi strumenti rimarranno utili e parte integrante della vita lavorativa anche dopo il rientro in ufficio. Se così non fosse, non avremo imparato nulla.

 


 

 

 

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