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È una delle società sportive più antiche del territorio. In quasi 140 anni di storia, il poligono varesino ha affrontato diversi cambi di proprietà, per poi approdare all’attuale conformazione composta da quattro ambienti di tiro, due al chiuso e due all’aperto. È proprio qui che nascono, si allenano e gareggiano campioni nazionali di tiro con la pistola e la carabina ad aria compressa, e non solo

Il Tiro a segno nazionale di Varese è una delle più antiche società varesine, nata insieme alla Ginnastica e Scherma nel 1883. Nel 1884 avviene la scissione e la struttura si sposta in via Poligono 9, dove si trova tutt’ora, alloggiata in uno storico edificio di mattoncini rossi. A cavallo dei due conflitti mondiali, il poligono viene requisito dallo Stato, per poi essere restituito, al termine della guerra, in concessione d’uso a titolo gratuito, ma con l’obbligo di manutenzione e di implementazione delle attività che vi vengono svolte e senza alcuna sovvenzione statale. Da allora molte cose sono cambiate: le distanze di tiro si sono notevolmente ridotte, dai 300 metri di un tempo si è passati ai 50-25-10 metri attuali e oltre all’attività di tipo militare, si sono aggiunte diverse discipline di carattere sportivo. Si spara in quattro ambienti, due al chiuso e due all’aperto. Al chiuso, gare e allenamenti si svolgono in una palestra, dove si pratica il tiro con la pistola e la carabina ad aria compressa con distanze di 10 metri, mentre per le armi da fuoco, si spara in galleria a 25 metri, in uno stand che ne permette l’uso fino a una certa potenza cinetica. All’aperto, sempre con armi da fuoco, si spara su due distanze, 25 e 50 metri, seguendo tutte le norme che rendono questa pratica sicura. Il poligono apre le porte a Varesefocus in concomitanza di una delle gare nazionali ad aria compressa, valevole per la selezione dei partecipanti ai campionati italiani. Ad aspettarci e farci da cicerone, Marco Bianchi, che oltre a far parte del Consiglio Direttivo, è anche istruttore di secondo livello, ufficiale di gara e a sua volta atleta. Dopo aver visitato i vari ambienti di tiro e la struttura in generale, ci spostiamo nella parte più storica del poligono. Ad accoglierci è proprio il Presidente Mauro Terzi. 

Non deve essere semplice gestire una struttura come questa, specialmente in questo periodo, dove è facile associare questa disciplina a una pratica considerata poco educativa.
Mai parole potrebbero essere più vere - ammette il Presidente del tiro a segno varesino - ma come avete avuto modo di constatare, la realtà è completamente diversa. In questa pratica non esiste un nemico, è una gara con se stessi. Qui si impara l’autodisciplina, la concentrazione, l’accrescimento dell’autostima, non a caso è utilizzata a scopo terapeutico anche per persone con problematiche mentali. Nelle gare è proibito indossare mimetiche e negli allenamenti con bersagli mobili, sono proibite sagome umane o di animali. Questa attività è praticata anche da atleti disabili e persino da persone non vedenti, che tramite dei sensori sonori possono valutare la loro vicinanza al bersaglio.

A che età è possibile cominciare a praticare questa disciplina?
Si può cominciare a iscriversi all’età di soli 10 anni compiuti, ma con il consenso dei genitori, ovviamente.

È un’attività costosa?
Non più di tante altre, si paga una quota associativa annua di poco più di 100 euro e poi, a seconda della disciplina scelta, si paga una tariffa giornaliera di noleggio linea-armi e bersagli, con prezzi che variano dai pochi euro con la carabina ad aria compressa a cifre più consistenti con le armi da fuoco.

È possibile fare una prova, prima di iscriversi?
Abbiamo pensato ad un’attività promozionale proprio per chi vuole provare: si possono frequentare 3 incontri di 2 ore per volta, dove, seguiti da tecnici federali di primo e secondo livello, vengono insegnate le norme di sicurezza, le nozioni di base di carabina e pistola ed è possibile provare a sparare.

Immaginiamo che sia con le quote associative che finanziate la vostra attività, quanti associati avete?
La nostra attività si divide in due parti distinte: una sportiva sotto l’egida del Coni con fini olimpici, l’altra, sotto il Ministero degli Interni e della Difesa, per il rilascio delle certificazioni per gli operatori del settore a guardie giurate, Polizia di Stato, Polizia Locale, addestramenti armati e anche per privati che necessitano del certificato di idoneità al maneggio delle armi. Abbiamo circa 500 associati volontari e 650 soci d’obbligo, ovvero gli operatori del settore.

È uno sport praticato anche da donne?
Eccome! Due dei nostri fiori all’occhiello sono proprio ragazze, una di 18 anni e una di 30, rispettivamente Linda Colombo e Valentina Strada, che partecipano ai campionati italiani. 

 

Le campionesse varesine

Sono Linda Colombo (18 anni) e Valentina Strada (30 anni) i fiori all’occhiello del Tiro a segno nazionale di Varese.

Come vi siete avvicinate a questa disciplina? 
(Ci risponde per prima Linda): “Per me è successo tutto per caso: ero a pranzo da amici e per gioco ci siamo messi a sparare con un fucile giocattolo con i tappi. Il padrone di casa che era un frequentatore del tiro a segno, stupito della mia precisione mi ha portato al poligono a fare una prova. Da quel momento non ho più smesso e oggi, finita la scuola, vengo quattro volte alla settimana ad allenarmi 2 ore e mezza per volta”.

In cosa consiste l’allenamento?
Linda: “Spezzettiamo l’azione di tiro analizzandone i singoli movimenti e cercando di migliorarli”.

Mantenere la concentrazione per un’ora e mezza durante la gara non deve essere facile.
Linda: “Durante una gara esistono sempre delle fasi calanti ed è in questi momenti che si vedono i veri campioni. A me ogni tanto succede di andare in crisi se sto sparando molto bene, allora la pressione cresce esponenzialmente e subentra la paura di sbagliare. È in quel momento che per ritrovare la calma provo a sfruttare gli insegnamenti del mio mental coach e cerco di visualizzare i miei punti di forza, pensando che se farò le cose come so fare, tutto andrà bene e così ritrovo subito la calma”.

E tu Valentina come hai cominciato?
Valentina: “Io sono venuta qui con un amico, l’istruttore mi ha visto e mi ha detto: ‘Dai, prova anche tu’. Così ho cominciato. E pensare che prima mi dedicavo al pattinaggio artistico... Per quanto riguarda le gare, a differenza di Linda, ho un tiro molto più istintivo e quindi vado in crisi se comincio a pensare troppo, devo lasciarmi andare”.

Esistono riti scaramantici durante le gare?
Valentina: “Sì, ci sono persone che mettono sempre un certo capo di abbigliamento, dispongono le cose in un certo modo sul tavolo e se per caso qualcosa cambia nei loro schemi non si ritrovano più”.

Quali sono le vostre ambizioni future?
Linda: “Mi piacerebbe arrivare a partecipare ai campionati europei”.
Valentina: “Io non sono più una ragazzina e le mie soddisfazioni me le sono già prese. Mi interessa semplicemente gareggiare e divertirmi”.



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