Annalisa Monfreda: “Dobbiamo metterci in testa che ‘dire i fatti non equivale a dire la verità’. La verità sta nel peso che diamo alle notizie, nell’ordine con cui decidiamo di darle, nel tipo di approfondimenti che cerchiamo di fare”

"Il suono del Coronavirus e il trillo dei messaggi WhatsApp che si incolonnano sullo schermo. E il silenzio fuori dalla finestra. Da ogni finestra”. La pandemia ha sorpreso tutti. Anche i giornalisti che all’improvviso si sono ritrovati in una condizione che non avevano mai conosciuto. Non è come la guerra, perché lì affronti un nemico e non devi mantenere le distanze. I giornali poi sono un’opera collettiva e hanno rituali, riunioni, momenti di confronto, spazi condivisi. Tutto questo nel giro di pochi giorni si è via via ristretto, facendo trovare i giornalisti da soli e spesso alle prese con uno smart working obbligato a cui non erano abituati. Ascoltare le voci di alcuni di loro ci può aiutare a capire cosa è successo e come l’informazione possa cambiare a partire da una emergenza sanitaria drammatica.

 

Il compito del giornalismo e la pandemia

“Il compito non facile del giornalismo in questa crisi - racconta Annalisa Monfreda, Direttore di Donna Moderna - è guidare i lettori attraverso la complessità e l’incertezza. I quotidiani, cercando titoli facili o notizie ad effetto, spesso hanno commesso l’errore di fare da megafono a certezze parziali, senza esplicitare il contesto di dubbio in cui venivano espresse. E questo ha contribuito al clima di generale spaesamento. D’altra parte, è sui quotidiani che abbiamo letto gli interventi, le opinioni, le inchieste migliori che ricorderemo di questi mesi. Dobbiamo metterci in testa che ‘dire i fatti non equivale a dire la verità’. La verità sta nel peso che diamo alle notizie, nell’ordine con cui decidiamo di darle, nel tipo di approfondimenti che cerchiamo di fare. Più che mai, ogni scelta in questo momento, deve essere ragionata”. Carlo Bartoli, Presidente dell’Ordine dei giornalisti della Toscana, ha visto svolgere un buon lavoro da parte dei colleghi: “Il sistema dell’informazione ha risposto in maniera positiva alla sfida della pandemia. In questo periodo le paure dei cittadini potevano essere sfruttate per vendere qualche copia in più o per generare qualche manciata di contatti in più con titolazioni azzardate e servizi indulgenti nei confronti di rimedi miracolosi, complottismi di vario tipo, strizzando l’occhio all’insofferenza di chi non accetta regole e limitazioni fondamentali per garantire la salute altrui. Ciò non è avvenuto e il giornalismo ha reso un servizio fondamentale alla nostra comunità, aiutandola a capire, facendo ogni sforzo per individuare e denunciare errori o inadempienze”.

Luca De Biase: “L’impegno a sviluppare informazioni documentate si è improvvisamente trovato al centro della mediasfera. Il giornalismo metodologicamente corretto ha ritrovato importanza”

“L’epidemia - secondo Luca De Biase, Caporedattore de Il Sole 24 Ore è uno dei maggiori esperti di innovazione - ha spostato improvvisamente l’attenzione del pubblico verso la ricerca di fonti attendibili. L’impegno a sviluppare informazioni documentate si è improvvisamente trovato al centro della mediasfera. Il giornalismo metodologicamente corretto ha ritrovato importanza. L’avversario non era più nella confusione dei social, ma nel giornalismo stesso: il lavoro di inchiesta, il servizio umile e preciso, la narrazione razionale hanno riconquistato attendibilità; ma si sono ritrovati di fronte le forme giornalistiche della narrativa tragica cinicamente orientata a impaurire il pubblico senza offrire soluzioni, oppure le scelte editoriali orientate al piatto asservimento alle logiche narrative impostate dal potere politico. L’evoluzione richiesta al giornalismo è chiaramente quella di offrire informazioni documentate, senza altro scopo che quello di consentire ai cittadini di formarsi la loro opinione su quanto avviene. Non è un risultato scontato. Ma questa crisi ha dimostrato che non è neppure impossibile”. Matteo Bartocci, Direttore editoriale delle edizioni digitali de Il manifesto, riprende un tema molto dibattuto in passato: “Il giornale di carta, oggetto novecentesco che sembrava destinato all’oblio, è oggi un bene essenziale, di quelli da tenere in vita per decreto in un’Italia in quarantena da un mese. La matrice che ci unisce tutti è internet, sempre più vicino al collasso, ma il nostro mondo fisico, reale, è ristretto all’osso. Il giornale quotidiano, come in Harry Potter, esiste anche nel mondo del Coronavirus. A questo servono i giornali: a informare e a formare. È il plasma che alimenta i nostri neuroni, che ci fa sentire meno soli, che ci fa incazzare, che ci consola, che ci illumina con una cosa che non sapevamo, che ci accompagna nel distinguere le priorità e il vero dal falso”.

La qualità del giornalismo e le comunità

Bartocci tocca una questione centrale per il giornalismo: la sua qualità. Argomento su cui concentra la sua analisi Alessandro Galimberti, Presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia: “Il giornalismo lombardo ha dato il meglio di sé nel lavoro di testimonianza e di cronaca, sfidando difficoltà, divieti, rischi (non ultimo quello di contagio), con il passar dei giorni e l’aggravarsi della pandemia è riuscito anche a sintonizzarsi mirabilmente sulle frequenze dell’inchiesta per superare narrazioni embedded monocordi. 

Alessandro Galimberti: “Il dovere deontologico di non ricorrere a sensazionalismi, tanto più in situazioni di pericolo per la salute collettiva, raramente è stato osservato all’inizio dal mainstream”

Sul resto invece luci e ombre. Il dovere deontologico di non ricorrere a sensazionalismi, tanto più in situazioni di pericolo per la salute collettiva, raramente è stato osservato all’inizio dal mainstream. Il rispetto della privacy dei malati ha registrato talvolta scivolate, la selezione degli ospiti di trasmissioni televisive giornalistiche (ma soprattutto quelle di infotainment, che hanno alle spalle redazioni giornalistiche) non sempre è stata all’altezza della missione né soprattutto utile a orientare il pubblico. Ma a confondere l’opinione pubblica e a provocare reazioni irrazionali sono state purtroppo le notizie non complete, non verificate o non attendibili, iniziando dal caos sui decreti governativi di lockdown che, come tutti ricordiamo, avevano generato anche fughe notturne di massa, oltre ad assalti a supermarket”.

Digitale, organizzazione e futuro

“L’informazione digitale ai tempi del Coronavirus - secondo quanto espresso dal direttivo dell’Associazione Nazionale Stampa Online, Anso - ha aperto nuovi scenari e conferma l’importanza delle piccole realtà editoriali che operano sul territorio. L’emergenza sanitaria sta cambiando abitudini e quotidianità, spingendo sull’acceleratore del digitale, con le testate online locali che si sono viste più che triplicare le visite. Nell’emergenza i canali informativi, attraverso la loro autorevolezza e attendibilità, diventano una fonte indispensabile dai quali andare ad attingere notizie e aggiornamenti”.

Il giornalista Michele Mezza: “Ho notato lo sforzo di costruire i quotidiani come sintesi di una lunga giornata in rete, caratterizzando le prime pagine con titoli e servizi di supporto civile, di integrazione al senso comune, più che di vera informazione”

Una valutazione in tal senso arriva anche dalle analisi di Michele Mezza, giornalista esperto di tecnologie: “L’informazione professionale ha spostato ancora di più il suo baricentro sul web, rendendo sempre più fruibile, competitivo e utile lo spazio online rispetto alle versioni tradizionali di giornali e Tg. Ho notato lo sforzo di costruire i quotidiani come sintesi di una lunga giornata in rete, caratterizzando le prime pagine con titoli e servizi di supporto civile, di integrazione al senso comune, più che di vera informazione. L’emergenza rende più visibile il ruolo del giornalismo territoriale come navigatore, tom tom potremmo dire della comunità, più che vettore di informazioni, che circolano per le vie più diverse e sussidiarie. Infine, una considerazione per il futuro: la smaterializzazione della redazione, con lo spopolamento dei desk porterà ad un’ulteriore torsione sulla struttura materiale dei gruppi editoriali”.

 

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