comunicare-o-non-comunicare

“Non temete i momenti difficili, il meglio viene da lì”, diceva Rita Levi Montalcini. Con questa convinzione, anche i comunicatori delle imprese portano avanti il loro lavoro ai tempi del Coronavirus

"In tempi normali non avremmo reso nota questa operazione, ma il Paese vive momenti difficili e credo sia dovere di tutti noi, aziende e cittadini, agire e chiamare tutti all’azione.” Le parole di Matteo Liberali, Ceo di Lu-Ve a commento del comunicato di presentazione delle attività benefiche messe in campo dalla sua azienda, esemplifica la situazione complessa in cui si trovano anche i professionisti della comunicazione in tempo di Coronavirus. “Non vogliamo soltanto offrire un aiuto concreto alle strutture cliniche - prosegue la dichiarazione - vogliamo anche mostrare un segno di vicinanza, di stima e di gratitudine per la loro lotta a difesa della comunità e di tutti noi”. Prendiamo in prestito queste parole come esempio del pensiero di molti imprenditori e comunicatori delle imprese varesine e per affrontare un tema che resta uno dei più delicati. Come comunicare in tempo di crisi? Come regolarsi in una situazione così imprevedibile e così delicata per ciascuno, sia dal punto di vista umano che da quello professionale? Comunicare o non comunicare, quindi? Questo sembrerebbe il problema. La risposta di grandi, piccole e medie imprese, realtà iperlocali e brand di fama internazionale, è stata chiarissima: continuare a comunicare ma, per usare un termine tanto impiegato in questo periodo, riconvertendo la produzione. Abbandonati i messaggi fortemente commerciali, le aziende hanno iniziato ad intraprendere strade diverse, con maggior spazio alla narrazione e all’ascolto, con campagne meno aggressive, legate al contesto, dalle parole alle immagini.

Fin dall’inizio quando, per fare un esempio, i marchi della moda da Armani a D&G al Gruppo Pianoforte, con i brand Yamamay e Carpisa, in pieno clima da fashion week, si sono attivati con iniziative benefiche comunicate in modo rapido ed efficacissimo. Ed è proprio in questo campo - le iniziative benefiche - che si gioca grande parte della partita della comunicazione, perdonate il paragone che può sembrare poco rispettoso. Il racconto della solidarietà, infatti, diventa, simbolo di una strategia di comunicazione e marketing che deve continuare, perché la vita non si ferma e contemporaneamente tiene presente non solo la responsabilità verso il contesto economico e sanitario, ma anche la sensibilità condivisa. In un momento in cui ai singoli si chiede tout court di rinunciare ciascuno a buona parte della propria libertà per il bene di tutti, le aziende si fanno interpreti di quella responsabilità sociale che era tema del momento ben prima della pandemia. E questo implica il raccontarlo, non senza fatica.

Il racconto della solidarietà diventa simbolo di una strategia di comunicazione e marketing che deve continuare, perché la vita non si ferma e contemporaneamente tiene presente non solo la responsabilità verso il contesto economico e sanitario, ma anche la sensibilità condivisa

Perché prendiamo proprio la solidarietà come esempio? Semplicemente perché è un dato di fatto, meraviglioso e di grande impatto. La provincia di Varese ha visto fiorire moltissime iniziative portate avanti dalle imprese per sostenere chi si adopera per fronteggiare l’emergenza Coronavirus e tutta la collettività. Persone e aziende hanno intrapreso vie benefiche personali, mettendo in campo anche straordinarie idee innovative: da cospicue donazioni alla solidarietà digitale, dalla tecnologia 3D alla realtà aumentata in favore delle strutture sanitarie, dagli elicotteri e gli aerei e i mezzi di sanificazione messi a disposizione per l’emergenza, fino ai dolci regalati ai medici e agli ingredienti per la pizza distribuiti ai dipendenti. Ma le azioni benefiche, per loro natura, esemplificano un altro dato di fatto: la difficoltà in questo momento di comunicare. Se da una parte, infatti, l’etichetta e il comune sentire, consiglierebbero di compiere in silenzio e discretamente i propri atti di generosità, in questo momento storico è importante diffondere il valore, mostrare vicinanza (per citare Liberali) e, se possibile, generare emulazione.

Partendo da qui, per guardare più in generale a tutta la comunicazione, dall’ufficio stampa al marketing, dalla redazione all’agenzia, il professionista di settore si trova di fronte a una domanda non facile. Che non è realmente “comunicare o non comunicare”, ma piuttosto “in che modo”. Con lucidità verrebbe da rispondere: facendo ciascuno il proprio mestiere per il proprio settore, tenendo i piedi ben saldi nel contesto, con una capacità di informarsi in modo eccellente e da fonti ufficiali e certe e, insieme, con una attenzione alla formazione sui nuovi trend per poter raggiungere al meglio il proprio target. Ma, soprattutto, con una grande capacità empatica di ascoltare, tenendo presente la difficoltà e, persino, il dolore delle famiglie, dosando sapientemente un silenzio rispettoso al racconto orgoglioso e sincero del proprio operato.

 

12 consigli per i comunicatori

Global Alliance for Public Relations and Communication Management ha diffuso 12 consigli per la comunicazione responsabile sulla pandemia. Lo scopo è ricordare che la comunicazione è chiave per modellare il sentimento, per aiutare a superare la crisi e per essere pronti a un futuro migliore.

 

Ecco i 12 consigli diffusi dalla Ferpi Federazione nazionale relazioni pubbliche:

1. Prima di comunicare, pensa all’impatto del tuo messaggio al di fuori della tua organizzazione;

2. Non nascondere l’impatto della pandemia: sii realistico nelle tue comunicazioni, basandoti su dati di fatto;

3. Usa un linguaggio semplice e chiaro per ridurre al minimo la drammatizzazione della situazione;

4. Includi una visione di speranza;

5. Diffondi buoni esempi e buone prassi;

6. Identifica e legittima le emozioni delle persone;

7. Dai la priorità alle informazioni provenienti da fonti ufficiali;

8. Evita di condividere notizie false: sii critico nei confronti delle fonti di informazione;

9. Non saturare le reti con inutili messaggi;

10. Non perdere tempo nella mera critica della comunicazione pubblica. Prova ad essere costruttivo con l’ente pubblico per migliorare la comunicazione;

11. Supporta il lavoro dei media fornendo informazioni accurate al momento giusto;

12. Lo humour può essere un antidoto a sentimenti depressivi e di crisi, purché non sia frivolo.

 

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