Il-gigante-di-pietra

Per tutti è il “Bernascone”, nome tratto dall’architetto che nel XVII secolo ne progettò la costruzione. Da allora il campanile della Basilica di San Vittore è il simbolo (non solo religioso) di tutta la città di Varese. Ecco perché il cantiere che oggi ne cura il restauro rappresenta anche un momento di rinascita collettiva. Un’opera dai mille risvolti. Architettonici, storici, economici e tecnologici

Ingabbiato dai ponteggi, imponente per le sue dimensioni, il campanile della Basilica di San Vittore, sembra da qualche tempo uno dei nuovi grattacieli del quartiere di Citylife a Milano. La sua costruzione risale invece al marzo del 1617, quando in seguito all’ampliamento della basilica e all’abbattimento del suo vecchio campanile, su pressione di Carlo Borromeo prima, (1582) e Federico Borromeo poi, (1612) il progetto fu affidato all’architetto Giuseppe Bernascone, meglio conosciuto come il Mancino e ubicato all’esterno della basilica. Bernascone, a quei tempi, era l’architetto più in voga del momento, e molto conosciuto per aver realizzato 20 anni prima, il “Viale del Rosario,” e il campanile del Santuario di S. Maria del Monte (1599). Nel progetto iniziale, l’altezza del campanile avrebbe dovuto essere di 72 metri, per poter essere visibile fuori dalla cinta muraria, e far sì che le sue campane potessero venire udite anche in lontananza. I lavori ebbero inizio con la realizzazione di robuste fondamenta, per ovviare ai cedevoli terreni adiacenti la basilica, e la sua costruzione proseguì spedita fino al 1634, anno nel quale il Bernascone morì. (Si pensa per l’epidemia di peste narrata dal Manzoni). 

Il progetto venne poi ripreso da Giulio e Giuseppe Baroffio, e andò avanti a rilento, anche per la mancanza di fondi. Venne ultimato parecchi anni dopo, nel 1773. Essendo nel frattempo cambiati i gusti, lo stile da manierista divenne barocco, e anche il campanile fu modificato e innalzato fino a raggiungere l’altezza di 77,90 metri, che a tutt’oggi ne fanno l’edificio più alto della città. I materiali utilizzati per la sua costruzione furono il serizzo grigio della Val d’Ossola, e il laterizio rosso, che si può notare sulla sua facciata. Il monumento è giunto sino a noi senza particolari interventi di restauro, resistendo persino alle cannonate di rappresaglia austriache, ad opera del feldmaresciallo Karl Von Urban, indispettito che le campane avessero suonato a festa, durante la battaglia di Varese, all’ingresso dei garibaldini in città. Il recente presentarsi di alcune crepe nel basamento, e il distacco dall’alto di alcuni calcinacci, hanno fatto temere dei danni strutturali. Da qui la decisione della Curia di programmare una serie di importanti interventi, prima di indagine e poi di restauro.

A fare da progettista è l’architetto Giorgio Vassalli: “Nonostante gli anni, possiamo dire che in generale il campanile gode di buona salute, la parte statica non presenta lesioni; l’architetto Bernascone ha fatto veramente un ottimo lavoro e di progettazione e di costruzione”.  Vassalli custodisce ancora il progetto originale. Dispiega sulla scrivania un foglio vecchio di secoli: “Purtroppo molto conciato - commenta dispiaciuto - ma ha un’enorme importanza storica, è infatti l’unico progetto del Bernascone giunto sino ai giorni nostri”. Mostra la piantina di come era la basilica di San Vittore e dove era situata la precedente torre campanaria al suo interno.

Un breve flashback, per tornare subito ai giorni nostri: “I problemi più grossi - spiega l’architetto - sono oggi legati all’alterazione dei materiali, specialmente della parte lapidea. Il restauro verterà quindi soprattutto in un lavoro di manutenzione e ripristino conservativo, sia dell’interno, che dell’esterno del monumento”. La causa maggiore di degrado è legata “all’inquinamento atmosferico, che ha decretato un alterazione di alcune parti lapidee, causandone la sfogliazione, e il successivo distacco parziale in alcuni punti”, continua Vassalli.

Prima, l’analisi approfondita del campanile, e una sua documentazione fotografica per sezioni. Poi, la valutazione di come intervenire sul manufatto e la presentazione di una proposta alla Curia e successivamente alla Soprintendenza delle Belle Arti. Queste le fasi da cui ha mosso i primi passi il progetto. “Ottenuta l’approvazione e i finanziamenti, è stata indetta una gara d’appalto, che è stata vinta dalla Gasparoli Srl di Gallarate, storica impresa di restauri dal 1854, che ha al suo attivo importanti cantieri come: la Galleria Vittorio Emanuele, le Basiliche di S. Ambrogio e S. Lorenzo, la Cà Granda a Milano, la Mole Antonelliana a Torino”. Salvo imprevisti il tempo totale dei lavori sarà di quattordici mesi. “Siamo partiti da una campagna diagnostica su materiali e strutture, con un controllo ravvicinato in particolare degli elementi sporgenti in quota”, racconta l’architetto Paolo Gasparoli dell’azienda varesina Gasparoli Srl: “Per il restauro abbiamo previsto: interventi di demolizione della struttura interna e la manutenzione di scale, corrimani, impalcati; il restauro della cella campanaria, del belvedere e della cupola; il restauro e la manutenzione dei paramenti esterni, lapidei e in laterizio; l’adeguamento degli impianti”.

Per quanto riguarda le alterazioni lapidee del serizzo, che, come spiegato dall’architetto Vassalli, sembrano rappresentare uno dei problemi più gravi riscontrati “verranno usati dei consolidanti, e dove vi sono rischi di grossi distacchi, i pezzi verranno imperniati, mentre per piccole porzioni incollati.  A seguire verrà fatto un consolidamento corticale, rifatte le sigillature, e infine dato un protettivo”, continua Gasparoli con piglio molto tecnico e preciso. Il cantiere è iniziato nella seconda metà di novembre 2020, con la costruzione dell’imponente ponteggio. “In questo momento - racconta ancora Gasparoli - stiamo eseguendo puliture con acqua e detergenti neutri su tutte le superfici; sono state anche eseguite iniziali campionature sulla cupola in rame, e su altre superfici per approvazione della direzione lavori e della Soprintendenza. Sulle parti alte, sotto il belvedere, sono in corso impegnative operazioni di estrazione dei sali solubili, con impacchi di polpa di carta e acqua distillata su velinature in carta giapponese. I lavori proseguiranno alacremente, come previsto dal cronoprogramma, e la loro conclusione è prevista per dicembre 2021”.  

Intervista al Prevosto "Un cantiere da 1milione di euro"

“Che io sappia, no, solo piccoli restauri negli anni Settanta, ma niente di più”. Nella storia del campanile della Basilica di San Vittore non c’è memoria di un’opera di ristrutturazione simile a quella che oggi ha “impacchettato” il simbolo di Varese. “Noi invece - rivela a Varesefocus, il Prevosto della città, Monsignor Luigi Panighetti – abbiamo programmato un intervento più massiccio, dopo che vi sono stati i primi distacchi di pezzi lapidei dal campanile”.
Da dove si è partiti per trovare le risorse economiche necessarie ad una tale opera?
Il caso ha voluto che la Fondazione Cariplo, proprio in quel periodo, avesse indetto un bando sui progetti emblematici maggiori, e che quell’anno Varese fosse tra le province che ne potevano fruire; abbiamo quindi potuto partecipare, e successivamente vincere.
Qual è l’importo stimato per il restauro?
La cifra stimata, è stata valutata nel milione di euro, ma penso che con la scontistica ottenuta, alla fine riusciremo anche a spendere qualcosa di meno. La somma finale è stata raggiunta anche grazie al supporto della Regione Lombardia.  A entrambi gli enti siamo profondamente grati per il sostegno al restauro di questo edificio, che rappresenta un importante emblema per la città.
Esistono iniziative religiose legate al campanile?
L’otto dicembre, festa dell’Immacolata Concezione, i vigili del fuoco issano sul campanile una corona per onorare la madonna e invocare la sua protezione sulla città. Questa manifestazione si svolge oramai da trenta/quaranta anni, ed è molto sentita in città.  



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