Il-Gran-Premio-della-vita

La neonata associazione dilettantistica Wheelchairgp, organizza gare di carrozzine elettroniche, per ragazzi affetti da malattie neuromuscolari come la distrofia. Lo scopo è quello di divertirsi

‘‘Non posso correre? E chi l’ha detto?” Michele Sanguine, presidente della neonata Associazione Sportiva Dilettantistica Wheelchairgp, è un ragazzo di 33 anni, gran parte dei quali passati seduto sulla propria carrozzina elettronica a causa della distrofia muscolare di Duchenne, una patologia che si manifesta dopo qualche anno dalla nascita. Michele abita a Gallarate, ha mollato l’hockey, sport che praticava, per iniziare a correre, poiché non va veloce come Alex Zanardi, uno dei suoi miti, ma fin da bambino ha sempre avuto la passione per la guida. Un amore che ora, con la sua associazione, è riuscito a trasformare in realtà. E non importa se non c’è un campionato e una classifica a punti. Quel che conta è che Michele è riuscito a portare in pista un bel po’ di ragazzi, che con le loro carrozzine, si sfidano, si divertono, ma soprattutto dimostrano che, quando c’è la forza di volontà, non c’è barriera che tenga per chi deve convivere con una disabilità. Michele, quando inizia a raccontarci la sua storia, parte dall’hockey, sport che ha praticato e che gli ha acceso la lampadina per mettersi in pista. Non più sul ghiaccio, ma sull’asfalto. Non più corse dietro a un disco, ma griglie di partenza, sorpassi, traiettorie da seguire, traguardi di tagliare. Non più partite, ma gare.

Michele, come nasce l’idea del Wheelchairgp?
Per anni ho giocato a hockey in carrozzina, ma c’era una cosa che proprio non riuscivo a sopportare. Ovvero anche lì i giocatori più forti fisicamente scendevano in campo, mentre gli altri erano spesso in panchina e stavano a guardare. Insomma cercavo uno sport in cui tutti fossero protagonisti, potessero esprimersi e mettere alla prova le proprie capacità. Così ho chiuso con l’hockey ed è nata l’idea delle corse con le carrozzine elettroniche. Qui non conta la disabilità, ma l’abilità. Non conta il fisico, ma la bravura a guidare il mezzo. Basti pensare che ci sono ragazzi affetti da distrofia muscolare che non riescono nemmeno a parlare, eppure a guidare, con la bocca, sono davvero tosti.

Come hai iniziato?
Guidare è sempre stato il mio desiderio. Più le macchine che le moto e con la mia carrozzina posso assecondare la mia passione. Prima però non facevo gare, ma mi divertivo comunque.

Andavi in pista?
No. E nemmeno per strada. Purtroppo Gallarate, ma un po’ tutte le città non sono agevoli per chi ha una disabilità: troppi ostacoli, non ci sono percorsi ciclabili. Gli unici posti dove mi divertivo a guidare erano o nei centri commerciali, oppure, qualche volta, al Terminal di Malpensa, nell’area delle partenze. Insomma mi dovevo arrangiare.

Ora invece dove corri?
Non c’è ancora un campionato vero e proprio. Per il momento vengono organizzate manifestazioni che durano una giornata e solo con lo scopo di divertirci. In provincia di Varese abbiamo provato a gareggiare sulla pista di go-kart a Cassano Magnago o a Induno Olona, dove poche settimane fa si è tenuta una della nostre gare.

E i gran premi come si svolgono?
Come una gara vera e propria. Fino all’anno scorso ognuno correva da solo e contava il cronometro. Da quest’anno invece abbiamo cambiato formula, ci sono differenti categorie a seconda della velocità che può raggiungere una carrozzina, la più veloce non supera i 15 chilometri orari e sulla griglia di partenza schieriamo un gruppo di concorrenti. Insomma proprio come un gran premio.

Vista la tua passione per le auto, chi è il tuo pilota preferito?
In realtà sono due: Michael Schumacher e Alex Zanardi, che tra l’altro mi piacerebbe incontrare e conoscere. Ho una grande ammirazione per Zanardi. Lui non è nato disabile, eppure ha avuto la forza e la capacità di trasformare in energia positiva ciò che la vita gli ha riservato. Non è facile ritrovarsi su una carrozzina. Io lo capisco, perché la mia forma di distrofia non si manifesta subito. Io sono in carrozzina da quando avevo 12 anni e ricordo, infatti, quando facevo fatica a camminare, all’inizio si pensava che fosse un fatto di pigrizia, poiché la distrofia di Duchenne non si riconosce subito. Insomma non è stato facile, anche se devo dire che guidare mi piace, anzi mi ha aiutato a vivere meglio la mia malattia.

Oltre alla guida hai altre passioni?
La musica. Scrivo canzoni e faccio musica funky rap. Il mio nome d’arte è Toro Seduto, ho appena inciso una brano e girato il video. Ma non solo. Mi piace anche la radio e condurre trasmissioni radiofoniche. L’ho anche fatto alla radio della LIUC – Università Cattaneo.

Torniamo ai gran premi e alle wheelchair. Obiettivi per il futuro?
Prima di tutto vogliamo continuare a divertirci, perché i ragazzi che partecipano poi esprimono grande apprezzamento sulla nostra chat. Poi vogliamo strutturare ancor meglio gli eventi e per questo abbiamo deciso di costituire un’associazione dilettantistica. Insomma di strada da fare ne abbiamo ancora tanta e vogliamo percorrerla tutta. 

 



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