Due-cuori-e-un rifugio-al-Cuvignone

Che si tratti di una visita estiva, alla ricerca di un fresco ristoro oppure di un’escursione culinaria invernale, alla ricerca di piatti tipici e prelibati, a poco più di tre ore a piedi da Laveno si nasconde, a circa 1.000 metri di altitudine, il perfetto ristoro per camminatori. Esperti e non

Sarà perché si trova al centro di una serie di percorsi perfetti per bellezza e gradi di difficoltà, perché è immerso nella natura ma allo stesso tempo facile da raggiungere anche in auto, perché la polenta e cinghiale riscaldano anche i giorni più freddi, fatto sta che il Rifugio Cai De Grandi Adamoli all’Alpe Cuvignone nel comune di Castelveccana, è sempre una buona idea. E forse, l’ingrediente segreto che trasforma un rifugio di montagna nel Rifugio con la R maiuscola sono i due gestori, Enrico e Daniela. Il Rifugio Adamoli si trova a pochi passi dal Passo Cuvignone a circa 1.000 metri. Meta di ciclisti, escursionisti, appassionati di montagna, è collocato in posizione perfetta per godere di una panoramica vista da più punti. Dal caratteristico balcone naturale del “Poggiolo”, a tre minuti di camminata, lo sguardo spazia sul lago Maggiore, sul Rosa, sullo Zeda e su numerose altre cime dell’arco alpino. Per chi ha voglia di camminare un poco di più, si può salire fino al sentiero dei Pizzoni di Laveno dove, procedendo sulla cresta, la vista spazia in tutte le direzioni.

Un altro aspetto positivo del Rifugio è che si può goderne (pandemie permettendo) tutto l’anno: per prendere fresco nelle stagioni più calde, vivere la natura, ammirare i colori dell’autunno, la neve in inverno. Il Rifugio è infatti aperto in ogni stagione dell’anno e capita di trovare la luce accesa per godersi la stufa o una cioccolata calda. La cosa migliore da fare prima di salire al Rifugio, soprattutto in questi periodi, è comunque verificare i giorni di apertura sul sito web ufficiale e chiedere verifica prima al gestore, Enrico Finotto (tel. 3667012735; enrico.solemite@gmail.com; CAI di Besozzo). “Il Rifugio offre una cucina dai sapori antichi, semplici e ricercati dei nostri nonni”, lo descrive il Cai. I piatti forti? La polenta col brasato e lo spezzatino di funghi quando c’è. Anche il tagliere di salumi e formaggi mentre si aspetta il pasto caldo è una coccola a cui abbinare un buon bicchiere di rosso della casa dopo una lunga camminata. In estate si può mangiare fuori, in inverno c’è spazio dentro, con il calore di stufa e camino. Le torte sono da provare: ogni tanto c’è anche quella di pane, un’antica ricetta povera della tradizione. Anche nei momenti in cui è chiuso, il Rifugio resta la perfetta meta per un’escursione, perché la strada per arrivarci è suggestiva come gli scorci a cui ti accompagna.

Il Rifugio Adamoli si trova vicino al Passo Cuvignone a circa 1.000 metri.  Meta di ciclisti, escursionisti, appassionati di montagna, è collocato in posizione perfetta per godere di una panoramica vista da più punti

Si può arrivare a piedi al Cuvignone partendo dal lago, da Laveno. La camminata in questo caso è di circa 3 ore e abbastanza impegnativa, con parti di salita con una pendenza del 30%. Dopo la parte più ripida però la camminata diventa una piacevole escursione tra i boschi passando anche per borghi pittoreschi, come Vararo e Casere. Per chi parte da Laveno, i metri di dislivello sono 800. Ma si può salire fino a Vararo, lasciare l’auto e partire da lì: in questo caso i metri di dislivello sono “solo” 400 e la durata della camminata è di circa un’ora e mezzo. Il Rifugio, un grande edificio bianco, è raggiungibile anche in auto, seguendo le indicazioni per l’Alpe Cuvignone. Una facilità che lo rende amato e godibile da tutta la famiglia, anche dai più anziani o chi ha difficoltà a camminare. Si chiama così perché è dedicato al nipote del senatore morto a 20 anni, a cui sono dedicati altri edifici a Besozzo, suo paese di nascita. Per ricordarlo, la famiglia diede un forte contributo in denaro per la costruzione della struttura. Oggi il Rifugio è vivo più che mai, anche in inverno, grazie a due persone speciali, Enrico e Daniela, lui del Varesotto, lei toscana, lui già gestore di un mitico circolo di paese a Monvalle, lei che ha lasciato la Toscana per vivere una vita semplice sulle Alpi. Un mix che ha reso questo posto speciale, a cui si unisce Lupetta, il loro cagnolino.

Al Rifugio Adamoli, 997 metri di altezza, verso il Passo del Cuvignone, l’aria profuma di erba e di pini, è fresca e leggera. In inverno, anche quando a valle pare non sia poi così freddo, può darsi che lassù ci sia ancora la neve, che il passo sia chiuso e che si debba raggiungere il Rifugio a piedi. Insomma, niente è facile e niente è scontato. Ma cosa spinge a gestire un rifugio? Lo spiega Enrico: “È una scelta di vita direi. Io e Daniela abbiamo sentito quando è arrivato il momento giusto. Gestire un rifugio è un modo per fare accoglienza, di rapportarsi all’ambiente, ai clienti, al lavoro, più autentico da un certo punto di vista. Con ritmi più umani”. La cosa più bella? “Amo stare quassù. So che sembra vago, ma è tutto qui. Staccarsi un attimo da alcuni ritmi. Vivere a contatto con la natura”.

Dal Rifugio De Grandi Adamoli ci sono numerosi sentieri e itinerari per gli escursionisti di ogni livello che amano passeggiare o fare belle foto. Ad esempio, seguendo i Pizzoni si può arrivare a Laveno. Oppure, partendo da Caldé frazione di Castelveccana, si può salire con un sentiero che si chiama La Cresta e arrivare fino a sotto il rifugio: sono circa un paio d’ore e mezza di cammino, ad andatura turistica. Qui attorno ci sono anche begli itinerari verso il Monte Nudo e il Monte Crocetta, dove, se il vento è buono, si potrà assistere allo spettacolo dei lanci con il parapendio. 

Una gita in montagna ai tempi del Covid

“Rifugi: fotografia di una stagione anomala” è la riflessione del Club Alpino Italiano sulla stagione dei rifugi montani 2020 approfondita a novembre scorso su Montagne360. Il quadro emerso è che, considerate le premesse, per la montagna l’estate scorsa ad esempio, nonostante i limiti imposti dalla pandemia, è andata bene. Soprattutto sono andati bene i gestori dei rifugi, che si sono dimostrati caparbi, determinati e straordinariamente responsabili: hanno rispettato le regole nazionali, i protocolli sanitari e le raccomandazioni del Cai, con una notevole capacità di adattarsi con flessibilità al nuovo contesto e alle nuove modalità di lavoro che si sono dovute adottare. I contributi evidenziano però anche la necessità di riflettere sull’eccessiva affluenza registrata nei picchi di stagione o nei weekend. Un’affluenza caratterizzata, purtroppo in diversi casi, da una mancanza di cultura e di rispetto per i territori montani. 
Tutto questo richiama un ulteriore impegno del Club Alpino nell’educare e nell’insegnare a frequentare le terre alte a un numero sempre maggiore di persone, a partire dalla scelta delle mete delle escursioni. La montagna, soprattutto quest’anno di emergenza sanitaria, è stata riscoperta anche da chi non era abituato a questo tipo di ambienti e strutture. Una bella notizia, ma anche un impegno da parte di Cai, Guide e rifugi montani, a contribuire a rendere il visitatore consapevole e a proteggere tradizioni, identità locali ed equilibri naturali spesso molto delicati. In questi mesi, le attenzioni vanno anche alla sicurezza di sé e degli altri. I partecipanti a un’escursione devono rispettare le norme di igiene, di distanziamento e quant’altro inerente all’utilizzo di Dispositivi di Protezione Individuali (DPI) secondo quanto disposto dalle Autorità competenti in quel momento, con lo scopo di limitare la diffusione del contagio virale. L’ideale durante la passeggiata è mantenere una distanza interpersonale di almeno 2 metri, in bicicletta di almeno 5 metri, come raccomanda il Cai per le escursioni dei suoi soci. Evitare scambi di attrezzatura, oggetti, cibi, bevande o altro tra i partecipanti a un’escursione o se non appartenenti allo stesso nucleo familiare. Portare sempre con sé mascherina e igienizzante, ma attenzione a disperdere mascherine o altri dispositivi di protezione individuale lungo il percorso: tutto va portato a casa con sé, così come i rifiuti.



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