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Varesefocus ha intervistato il rapper milanese, classe ‘94, Mirko Martorana, in arte Rkomi

Rkomi, pseudonimo di Mirko Martorana, è un rapper milanese classe ’94, il quale, dopo aver misteriosamente affisso un manifesto nella metropolitana di Milano, sul quale comparivano il suo nome e alcuni giudizi espressi da altri artisti su di lui, rivela di aver intenzione di pubblicare l'album “Dove gli occhi non arrivano”, interamente prodotto da Charlie Charles. Questo disco è stato presentato, come prima tappa degli instore, nello spazio di Varese Dischi, dove una lunga coda di fan ha atteso il giovane artista.

Perché hai scelto un titolo così evocativo?

È un titolo che è una domanda, un’affermazione, una negazione. Invito a non fermarsi all’apparenza, anche musicale, di un artista.

Hai detto che ti piace classificare le tue produzioni con un colore: quale sceglieresti per questo disco?

Abbiamo scelto l’arancione, però è un arcobaleno di colori, perché ogni brano tocca un genere, emotività e sensibilità differente; comunque colori molto vivaci.

Per quanto riguarda le collaborazioni hai scelto artisti molto variegati: come mai Elisa, Jovanotti e Carle Brave? E perché tra tutti i rapper proprio Ghali e Sfera?

È stata la musica stessa che ha scelto, che ha richiamato una voce come la loro. Sono collaborazioni nuove, non volevo ripetermi perché odio farlo. Ci sarà tempo per collaborare nuovamente con i miei “soci” di sempre, ma volevo cambiare e mettermi alla prova.

“Dove gli occhi non arrivano” è un disco variegato, che vanta la presenza delle voci di Elisa, Jovanotti, Ghali, Carle Brave, Sfera e Dardust

Che ruolo ha avuto Charlie Charles (il produttore del disco) all’interno di questo album?

Ha avuto parecchi ruoli, ha riordinato quelle che sono le follie dei musicisti. Siamo andati in Sudafrica e lui è riuscito a “pulire e sporcare” dove ce ne era bisogno.

Infatti, sei volato in Sudafrica: che valore ha aggiunto questo viaggio?

Un valore enorme, non ne sono ancora consapevole, con i prossimi progetti valorizzerò l’effettivo viaggio. Abbiamo lavorato, da zero, a molti brani con musicisti pazzeschi, ho vissuto la musica in un modo nuovo. In questa terra ci sono jam session (riunioni di musicisti che si ritrovano per una performance musicale senza nulla di preordinato), ogni locale è aperto a tutti, è open mic. C’è il sassofonista di una band con il cantante di un’altra band con il pianista di un’altra ancora. Artisticamente ha dato tantissimo.

Come è cambiato il tuo rapporto nei confronti della scrittura e nella ricerca delle parole rispetto al precedente album “Io in terra”?

Non è cambiato per nulla in realtà, sono cambiati i miei ascolti, le mie letture e le mie informazioni, sono cresciuto e questo ha portato a una maggiore maturità.

Nella traccia “La U” dici che vorresti riempire Assago: per un artista milanese rappresenta la consacrazione?

Rappresenta un grande momento di condivisione, può anche significare questo però, non è ego, ma un mio sogno.



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