In un’infografica dell’Ufficio Studi Univa il racconto di come in provincia di Varese l’industria tessile (e non solo) si sia riconvertita alla produzione di mascherine e Dpi per affrontare l’emergenza Covid-19. Con una capacità di reazione senza precedenti e con pochi paragoni in Italia

Neanche 6 mesi fa leggevamo su tutti i quotidiani l’appello alle aziende del capo della Protezione Civile Angelo Borrelli per produrre mascherine, in particolare chirurgiche, da destinare soprattutto agli operatori sanitari, sollecitando il “reinsediamento delle filiere sul territorio” per fronteggiare quella che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha definito “la più grande e profonda emergenza degli ultimi 60 anni”. Così le istituzioni a tutti i livelli si sono accodate lanciando appelli alle aziende per fronteggiare la pandemia che in Europa si è manifestata duramente, per prima, proprio nel nostro Paese. L’Italia ha dunque recepito, con il Decreto “Cura Italia” del 17 marzo, anche le raccomandazioni della Commissione Europea che invitava a “garantire che l’offerta di Dpi e di dispositivi medici […] soddisfacesse la domanda […] pur senza pregiudicare un livello adeguato di protezione della salute e della sicurezza degli utilizzatori”.

Abbiamo così imparato a distinguere tra mascherine chirurgiche (che l’Istituto Superiore di Sanità è stato incaricato di validare in deroga), Dpi – Dispositivi di Protezione Individuale (come le mascherine FFP2-3, che l’Inail è stata incaricata di validare in deroga) e mascherine per la collettività. In tutta Italia numerose aziende si sono dimostrate disponibili a riconvertirsi. La provincia di Varese, dalla tradizione tessile centenaria e con una notoria filiera nel settore, non è certo stata da meno: rispondendo ad una survey lanciata dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese a metà marzo, circa 90 imprese si sono mostrate interessate alla riconversione. 

Aziende appartenenti a tutta la filiera. Non solo realtà industriali che ragionevolmente potevano operare come confezionisti (tessiture, maglifici, ricamifici), ma anche tintorie e stamperie, aziende produttrici di tessuto e realtà che operano per la sua nobilitazione (trattamenti e finissaggio). Non sono mancate interessanti eccezioni anche fuori dal settore tessile: un’azienda con il core business nei macchinari ha iniziato a produrre anche Tnt (utilizzato per le mascherine chirurgiche); un altro esempio ancora è quello di un’impresa che normalmente opera nel campo delle soluzioni per l’additive manufacturing e che ha riconvertito le proprie competenze per realizzare mascherine in 3D. Il fiume di idee, intraprendenza e ingegno imprenditoriale che caratterizza il tessuto industriale varesino è sfociato in un mare di idee in mesi di disperazione.

Molte le realtà che hanno investito, non solo acquistando confezionatrici e macchinari per la saldatura, ma anche in ricerca, facendo ad esempio testare in laboratori privati prototipi, materiali e trattamenti innovativi. All’interno di questa filiera meritano un novero particolare le aziende che hanno riconvertito la produzione per realizzare mascherine chirurgiche, ottenendo o la marcatura CE o l’autorizzazione alla commercializzazione dall’Iss. Per queste aziende la strada non è stata in discesa: realizzare delle mascherine chirurgiche significa produrre dei dispositivi medici che rispondano a stringenti requisiti di salute e sicurezza, realizzati implementando un sistema di gestione della qualità che implica un controllo sull’intero processo di produzione per garantire che quei requisiti di sicurezza vengano sempre mantenuti su tutti i prodotti. La complessità del processo di riconversione è dimostrata anche dal fatto che dall’entrata in vigore del Decreto che derogava l’Iss per la validazione, al pieno rodaggio del sistema è passato più di un mese (lo dimostra la distribuzione temporale delle autorizzazioni rilasciate). Sta di fatto che sul territorio nel giro di poche settimane si è creata una nuova filiera produttiva. Le imprese hanno dato prova di una capacità di reazione imponente, che ha fatto di Varese la quarta provincia in Italia per numero di autorizzazioni rilasciate dall’Iss.   



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