Le licenze necessarie, qualche consiglio sulle esche, tutti i pesci che si possono trovare nei vari specchi e corsi d’acqua locali, con le indicazioni delle specie protette. Ecco un piccolo manuale per chi si vuole aggregare agli oltre 4.500 pescatori che si contano sul territorio

In tenda sul lago per catturare la carpa del secolo, o armati di zaino e scarponi a caccia della regina dei torrenti, la bellissima e colorata trota fario, al confine con la Svizzera. Lucci d’inverno e cavedani a primavera, tinche quando viene il caldo e boccaloni d’autunno dalla barca o sulla riva, con mosca o verme, ma anche “morto manovrato” o “filibustiere”. Siamo approdati nel pianeta pesca: passatempo, divertimento, sport vissuto tutto l’anno seguendo le stagioni dei pesci e le regole per le catture. Siamo di fronte a un’attività in grado di contagiare - e far sognare - un vero e proprio esercito di appassionati. Gli ultimi dati parlano di circa 4.500 iscritti alla Fipsas, la Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquee in provincia di Varese, ma nel complesso i pescatori sono di più, almeno di un terzo. I permessi per pescare in tutte le acque pubbliche del Varesotto sono infatti due: oltre al tesseramento federale Fipsas (30 euro annui) c’è anche il bollettino regionale da 23 euro e quindi con una cinquantina di euro si può pescare senza pensieri in fiumi e laghi della nostra provincia, con tanto di copertura assicurativa (e sono previste deroghe speciali di prezzo per gli anziani e i minori di 18 anni).

Discorso diverso nei laghetti privati per la pesca alla trota e altri pesci, dove il divertimento è assicurato anche senza licenza pagando a ore in specchi d’acqua dove avvengono frequenti immissioni di capi. Una riserva, in pratica, e non a caso spesso proprio questi laghetti sono campi di gara. C’è solo l’imbarazzo della scelta, insomma: siamo o no la “provincia dei sette laghi”? Quindi è il posto giusto dove mettere l’esca in acqua. Di fatto non occorre una vera e propria licenza come per la caccia: è sufficiente portarsi appresso le ricevute dei pagamenti e un documento d’identità; ma le regole vanno conosciute bene perché un’altra cosa da sapere quando si “esce” riguarda attrezzature consentite e periodi di divieto, misure minime e specie proibite, vedi l’alborella. Tutto si trova comunque sul sito della Fipsas, mentre è la Regione - e non più la Provincia - l’ente su cui ricadono le competenze.

Ma i pesci, ci sono? E dove? La risposta è: dappertutto. Un tempo erano le Polaroid ad immortalare la preda, oggi basta accedere all’album fotografico del telefono di un amico pescatore per rimanere impressionati di fronte a prede catturate in posti tutt’altro che sconosciuti, magari solo snobbati dall’occhio del neofita, capaci però di custodire prede ambite. Il Lago Maggiore, principale bacino idrico, con la sua rete di piccoli e grandi affluenti, è il posto per eccellenza da cui si può partire, perché racchiude l’universo di quell’attività che gli eruditi chiamano “alieutica”.

Ed è qui che la pesca diventa racconto e leggenda.

Sul Lago di Varese negli ultimi anni si è sviluppato un turismo speciale e legato al “carp fishing”, una tecnica statica dove si deve aspettare così tanto che gli adepti si muovono in tenda

Lago Maggiore vuol dire la grande trota marmorata del fiume Giona, pesce nobile, vorace predatore del fondo di acque mosse, un tempo catturata con un potente colpo di fiocina e oggi al centro di importanti attività di conservazione: essere crepuscolare e dai disegni ipnotici, fior di pescatori sostengono sia imprendibile, ma chi conosce i luoghi sa come catturarla. Difatti in queste valli c’è ancora chi pesca alla Valsesiana con la “Canna di Nizza” - l’Arundo donax -, un arbusto flessibile e molto comune a cui viene legato un sottile crine di cavallo con attaccate le imitazioni delle mosche, rigorosamente fatte a mano e sommerse: pesca primitiva e micidiale, è pura conoscenza empirica della natura, dei materiali che scivolano sull’acqua, presentando ai pesci piccoli insetti artificiali, convincenti imitazioni di quelli veri. Una tecnica simile a quella adottata dai pescatori a mosca del Margorabbia e degli altri fiumi tra Valcuvia e Luinese dove sono state istituite apposite zone “no kill”: il pesce viene rilasciato perché pescato con particolari ami senza ardiglione (ma oltre alla grande abilità, qui è necessario un permesso speciale).

Ancora: partenza e arrivo del traghetto, a Laveno Mombello. Un signore pesca lanciando in continuazione un’improbabile imitazione di un pesce di colore giallo fosforescente. Cosa mai potrà prendere con quell’esca che non somiglia neppure alla lontana a un piccolo pesciolino di lago? Dopo diversi minuti di lotta sbuca dalle acque la bocca enorme di un luccio che pesa sei chili: un attimo prima era lì, invisibile e in agguato sotto gli occhi dei turisti che aspettano di imbarcarsi. Una decina di metri più in là ecco il Boesio, anch’esso contributore del Verbano, a prima vista non proprio un esempio di limpidezza. Bene, nell’alto Boesio, dalle parti di Cuvio, sempre sfogliando gli scatti dell’amico pescatore ecco una trota fario dai pallini gialli e rossi di quattro chili catturata - e rilasciata - in una pozza d’acqua fonda qualche spanna.

E poi altri laghi, non meno interessanti del Verbano e dei suoi affluenti. Quello di Varese racchiude un patrimonio enorme di lucci, persici e persici trota. Qui i maestri sono i pescatori professionisti che escono all’alba sui barchini, memorie storiche di catture strepitose belle da ascoltare e immaginarsi. Anche ai pescatori sportivi è consentito pescare dalla barca sul lago di Varese, e i permessi possono venir acquistati ora anche sul sito della Cooperativa pescatori. Sempre qui sul lago negli ultimi anni si è sviluppato un turismo speciale e legato al “carp fishing”, una tecnica statica dove si deve aspettare così tanto che gli adepti si muovono in tenda: ad avvisare dell’abboccata ci pensa un rilevatore sonoro collegato alla lenza. Qui, e anche in altri bacini minori come Comabbio e Monate c’è poi l’oramai tradizionale pesca del siluro - tiranno venuto dall’Est con una bocca spaventosa che tutto si mangia - e del suo cugino, il pesce gatto (i diritti di pesca di questi laghi sono di proprietà della società Due Laghi srl e la pesca è consentita solo ai rivieraschi da riva). Ancora, il Ticino, grande fiume azzurro che esce dal Verbano è altro luogo di pesca a partire dai primi metri del suo corso in terra italiana, sotto al ponte di ferro di Sesto Calende e da lì giù giù per tutto il corso dove c’è il regno dei vietatissimi barbi canini e dove di recente è stato addirittura trovato un esemplare di storione, il grande pesce famoso per dare il caviale (anche lui specie protetta che non può essere pescata).

A Comabbio e Monate si è diffusa da tempo l’oramai tradizionale pesca del siluro - tiranno venuto dall’Est con una bocca spaventosa che tutto si mangia - e del suo cugino, il pesce gatto

Interessanti sono anche i laghi minori, ricchi di fascino e biodiversità come il lago di Brinzio, accessibile alla pesca sportiva previa iscrizione alla locale Associazione Pescatori dilettanti di Brinzio. C’è il lago di Ghirla, casa di predatori come il luccio e la trota che potrebbe diventare presto luogo di ripopolamento con specie alpine quali il pregiato salmerino. Per le tecniche di pesca e le esche da impiegare è sempre bene informarsi, anche se gran parte dei sistemi è consentito. Per i “vecchi” c’è il “morto manovrato”, un sistema dove l’esca è un pesce che viene animato per catturare lucci e sandre (lucioperca) in fiumi e laghi, e c’è il filibustiere, pesciolino finto con un’ancora alla coda molto diffuso nel Lago Maggiore per catturare i cavedani. Gli amanti della modernità, al “cucchiaino” metallico e al “rapalà” (pesce finto realizzato in balsa) preferiscono esche siliconiche, imitazioni di grandi vermi, rane e quant’altro possa venire scambiato per qualcosa da mangiare, da predare dal cacciatore solitario che si nasconde sotto la foglia di ninfea, o tra le erbe sommerse. Ma bisogna fare piano, perché altrimenti il sogno rischia di non avverarsi.



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