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Negli stabilimenti della SWM tutto è pronto per una nuova avventura: “Stiamo preparando le linee per la messa in produzione dei nuovi mezzi Euro 4 che cominceremo a realizzare tra qualche giorno”. Tra “off road” (enduro), “on road” (classiche e da strada) e 125 il catalogo dell’azienda conta ormai ben 10 diversi modelli di moto. “Dopo le 3.050 vendute l’anno scorso, prevediamo di salire a 6mila quest’anno e a 10mila entro il 2018”. Una crescita che è già di per sé un primo importante successo.

Tornare in carreggiata è forse l’espressione meno adatta per descrivere la storia recente degli stabilimenti di Biandronno che producono soprattutto moto da enduro

Passeggiare negli stabilimenti della SWM sulle sponde del Lago di Varese insieme a Ennio Marchesin del Marketing Departement ha, infatti, dell’epico. Non tanto perché qui si è fatto un pezzo di storia del motociclismo italiano. In questo caso a dare il sapore dell’impresa è il presente e i progetti futuri dell’azienda. Perché a Biandronno l’industria motociclistica rischiava di scomparire. 
Il flashback va a pochi anni fa. Era il 2013. In questi stessi spazi produttivi 200 dipendenti sfornano le storiche moto da enduro dell’Husqvarna. Prima (dal 1987) sotto le insegne di MV Agusta Group, poi (dal 2007) sotto quelle della capogruppo BMW. I tedeschi, però, decidono di lasciare la provincia di Varese e vendere tutto agli austriaci di KTM. Un passaggio di proprietà che rischia di lasciare il vuoto, un altro luogo di archeologia industriale. Gli interessi di KTM, infatti, sono solo per il marchio. Le moto Husqvarna, famose in tutto il mondo, fanno gola. Ma solo per il brand. Da qui la decisione degli austriaci: chiudere tutto e spostare la produzione oltre le Alpi. Varese sembra giunta al capolinea della produzione di moto “off road”. Nessuna trattativa è possibile con KTM. La decisione è presa e irrevocabile. Ma c’è chi nelle potenzialità degli stabilimenti di Biandronno crede ancora e cerca l’impresa impossibile. Riaprire i cancelli, dar vita a una nuova produzione italiana. I progetti, d’altronde, ci sono. Gli impianti anche. Il know-how non ne parliamo. Il terreno è fertile per far nascere una startup. Ne è convinto un ingegnere e progettista di lungo corso del settore, il varesino Ampelio Macchi. Ciò che manca sono i capitali. Che arrivano, dall’Estremo Oriente. Decisivo è l’incontro con il Chairman del colosso cinese Shineray Group: Daxing Gong. 

Manca, però, ancora un tassello: il brand da mettere sulle nuove moto made in Varese. Partire da zero creandosi un’immagine tutta nuova? “Sarebbe stato troppo difficile, ci serviva un nome e un logo subito riconoscibili, per padri e figli. Qualcosa che parlasse della storia dell’industria  italiana delle due ruote. Qualcosa che indicasse subito la qualità del prodotto a cui puntavamo e puntiamo”, racconta oggi Leandro Scomazzon, Chief Operating Officer dell’azienda. E un marchio, diciamo così disponibile, che rispondesse a tutte queste esigenze c’era: SWM, appunto. Un nome che riporta gli amanti delle moto agli anni ’70 e ’80 quando questo marchio lombardo (di Desio) faceva innamorare tutti gli appassionati del fuori strada a due ruote e che mieteva successi nei campionati enduro, nazionali e internazionali. Così si arriva ad un accordo con la famiglia proprietaria e viene rilevato il brand. 

Tutto è dunque pronto. Biandronno parte, anzi riparte con una produzione sorretta da capitali provenienti dalla Cina, ma “con un’idea industriale tutta italiana, dalla progettazione alla produzione”, ci tiene a precisare Sandro Caparelli, del Sales Departement di SWM. D’altronde il tricolore campeggia ovunque. Sulle moto, così come sulle brochure, dove si leggono frasi come “Designed & Made in Italy”, “Progettate, e Costruite in Italia”. Non degli slogan, ma delle semplici constatazioni. “Perché così è”, incalza lo Coo, Scomazzon: “Proprio la possibilità di poter rilanciare un marchio dalle qualità tutte italiane è alla base della decisione di Shineray Group di investire qui a Varese”. Sono pari a 20 milioni di euro le risorse messe in campo fino ad oggi. Un flusso di capitali dall’estero sul nostro territorio che ha permesso di salvare un progetto industriale e di garantire il lavoro di 70 persone. 

Dopo le 3.050 moto vendute l’anno scorso, la SWM di Biandronno prevede di salire a 6mila quest’anno e a 10mila entro il 2018

L’obiettivo è quello di raddoppiare ogni anno i volumi delle vendite. Il mercato è senza confini. Dall’Italia, a tutta l’Europa. Dall’Asia, all’America Latina, fino all’Australia. Con gli Stati Uniti nel mirino, dazi doganali annunciati dal Presidente Trump permettendo, ma soprattutto non appena i motoveicoli SWM otterranno le omologazioni necessarie per la messa sulle strade a stelle e strisce. Il lavoro sulla rete dei concessionari a livello mondiale comincia, comunque, a dare i propri frutti. Le motociclette già imballate per la spedizione in Argentina; la stampante 3D in funzione per la prototipazione di nuovi pezzi; i preparativi del reparto corse per la prossima prova al campionato di enduro del team SWM; l’accordo con l’Inter, complice le due proprietà di comune origine cinese, per far apparire il marchio SWM ai bordi del campo di San Siro: dove vuole arrivare lo stabilimento di Biandronno? “In realtà l’obiettivo è già tracciato, anche perché all’azionista glielo abbiamo promesso: arrivare a quota 20mila moto vendute in un anno”, confida Caparelli che, però, subito precisa: “I nostri tempi di sviluppo non sono sicuramente paragonabili a quelli dei colossi cinesi, ma la meta è tracciata e ci vogliamo arrivare, senza fare nemmeno un passo indietro sulla qualità dei nostri prodotti”.

Facendo leva su un concetto che è alla base di tutta questa storia che ha molto dell’incredibile: “Il collegamento con il territorio e con tutto un indotto che da questa operazione un po’ folle, ma riuscita, hanno tratto vantaggio”, conclude Marchesin del Marketing che svela come gli uffici di Biandronno abbiano di recente anche sviluppato il design di alcune auto che Shineray Group produrrà e venderà in Cina in joint venture con BMW. Ma questa è tutta un’altra storia.  



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