Al giorno d’oggi, un’impresa può forse permettersi di fare solamente pubblicità? Tralasciando il coinvolgimento diretto dei suoi consumatori nei processi decisionali e progettuali? Ascoltare criticità, richieste e, perché no, suggerimenti da parte di chi acquista il prodotto o il servizio che si sta commercializzando, oggi, è pressoché di fondamentale importanza. 

Da Carosello ai nuovi spot pubblicitari, fino ad arrivare al “racconto digitale” e al Socialing. Ecco come è cambiata nel tempo la comunicazione di prodotto. Una volta l’obiettivo era convincere, oggi la parola d’ordine è coinvolgere

Ne è la prova l’app Friendz, esempio di esperimento in cui chi compra diventa in prima persona testimonial del prodotto acquistato. Un’idea di social media marketing, sviluppata da una startup del Varesotto, che ha già ottenuto un finanziamento di 100 mila euro e che nei suoi primi 10 giorni di vita ha coinvolto oltre 600 persone in funzione di beta-tester. “Friendz non è la solita app per le foto – spiegano gli startupper sul loro sito –. È un’applicazione che ti permette di diventare il volto del brand che ami postando foto sui social. Per fare queste foto dovrai semplicemente seguire le regole delle nostre campagne ed in cambio riceverai dei crediti convertibili in gift card”. Facile, semplice, intuitivo e di grande successo. 
Ma dal tempo in cui gli italiani rimanevano incollati allo schermo durante Carosello, ad oggi cosa è cambiato? A fronte delle enormi trasformazioni attraverso cui il nostro Paese è passato in poco meno di un secolo, come si sono evoluti i comportamenti dei consumatori? “Gli italiani non sono più gli stessi del secolo scorso, anche solo per livello di scolarità”, commenta Andrea Farinet, Professore Associato di Economia e Gestione delle Imprese della LIUC – Università Cattaneo. “È stimato che nel 2020, l’80% della popolazione sarà in possesso di un diploma di maturità e il 40% di una laurea, contro i rispettivi 25% e 6% del 1900. 

È necessario, perciò, costruire un nuovo rapporto. Il marketing, inteso come condizionamento mentale del consumo, andava bene 30 anni fa: nel 2016, l’85% della pubblicità su grandi network non ha generato alcun riscontro economico. L’economia si è allontanata dalla società e in questo quadro qual è la funzione dell’impresa? Andare incontro al consumatore sposando i suoi reali bisogni”.   
Le imprese più inclini al cambiamento e gli studiosi di marketing che cercano di interpretare gli scenari del futuro, riconoscono la potenzialità che la tecnologia ha nell’avvicinare le esigenze del business a quelle dello sviluppo sociale. Il Socialing indica esattamente questa nuova via. 

“Nel 2016, l’85% della pubblicità sui grandi network non ha generato alcuno riscontro economico: l’economia si è allontanata dalla società e quindi cambia il ruolo dell’impresa”

Ma cosa si intende esattamente con il termine Socialing? “Si tratta di un neologismo composito che nasce dalla fusione di ‘social’ e ‘marketing’ e rappresenta la volontà di avvicinarsi al mondo della cultura economico-aziendale, di quella economico-digitale e del cosiddetto terzo settore”, spiega di nuovo Farinet. Il Socialing, insomma, nasce da un ripensamento della vita economica contemporanea e si prefigge di riportare l’essere umano al centro dell’attenzione. 
“Gli obiettivi del Socialing? Favorire nuovi approcci etici e responsabili ai consumatori e ai mercati; mettere al centro le esigenze reali degli individui; ristabilire il primato della dimensione umana e sociale; utilizzare i social network come strumenti di condivisione, trasparenza e dialogo. 

L’idea fondamentale è – precisa Farinet – che la digital transformation e i nuovi media possano rendere possibile un cambiamento reale dei mercati e del rapporto con i consumatori”. In altre parole, si può sviluppare connessioni emotive tra brand e avventori, colmando il gap formatosi negli ultimi anni e il Socialing è una delle strade possibili da percorrere in questa direzione.
Ma per comprendere senza pregiudizi i cambiamenti che avverranno nel prossimo futuro, può rivelarsi utile ripercorrere le grandi trasformazioni che il nostro Paese ha vissuto in passato, nel suo viaggio dalla povertà all’abbondanza. Provvidenziale, in questo senso, l’accordo biennale siglato tra l’Archivio del Cinema Industriale della LIUC e l’Archivio Storico Luce Cinecittà, allo scopo di promuovere iniziative culturali e formative dedicate ai temi della storia d’impresa, del lavoro e dello sviluppo economico. 

Oltre 30 mila ore di documentari industriali dai primi del ‘900 ad oggi, più di 12 mila cinegiornali e quasi 5 mila documentari. Un patrimonio filmico inestimabile che riporta alla luce, ad esempio, una rappresentazione “futurista” della città di Milano nel 1929, fabbriche di prodotti di consumo “di massa” negli anni ‘30 e ‘50 come la Motta, fino ad arrivare ad una delle icone del Miracolo economico: la Vespa Piaggio. Con l’arrivo degli anni ’70, iniziava la contestazione del “consumismo” e dei suoi miti. Ma le ribellioni e il periodo d’oro di Carosello, amatissimo contenitore pubblicitario che scandiva le serate di grandi e piccini, si affiancano ad una crescita esponenziale della società dei consumi. Quanto sembra distante, oggi, la realtà descritta nel cinegiornale dell’inaugurazione della Maxi Standa di Castellanza, nel settembre 1971, definito “primo ipermercato italiano di dimensioni europee”, dotato di negozi satelliti come Banca, bar, parrucchiere e autolavaggio. Come verrebbe data oggi quella notizia sui social network?  



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