Una storia di arte e di poesia

Al Museo d’Arte di Mendrisio, un percorso in 8 sezioni che intreccia pittura e scrittura

Si può parlare e scrivere di arte in tanti modi, ciascuno può avere la propria chiave di interpretazione. Ma quando a raccontarla sono i letterati, scrittori o poeti, ecco che il filo del narrare può essere d’oro. E farsi sublime il risultato di quel sottile, elevato interrogarsi dello scrivente, che va a toccare le corde dell’anima dell’artista, a frugare nel cuore delle sue opere, persino a strappare il senso di una vita. L’artista può conoscere nel suo andare momenti di altezza inarrivabile, ma anche sfiorare abissi di solitudine. Il poeta lo sa bene. E insegue luci e ombre, indaga quelle pagine di lavoro e di quotidianità, osserva delusioni e cedimenti, ma ne coglie tutto il senso.

Lo carica su di sé e lo fa quasi proprio, simile a un bambino che assaggia la vita: ogni volta, per ogni incontro, come fosse la prima volta. Di questi incontri, tra scrittori e artisti che si conoscevano tra loro e frequentavano gli stessi ambienti, ci parla la mostra di Mendrisio “Una storia di arte e di poesia”, curata da Simone Soldini, in corso al Museo d’Arte Moderna fino al 6 luglio. Rassegna che si rifà alla lezione altissima di Roberto Longhi, il maestro tra gli storici dell’arte, “figura fondamentale e carismatica”, ma soprattutto grande scrittore, il faro cui, a partire dagli anni ‘30, aveva guardato un’intera generazione di appassionati di arte. Non è un caso la sottolineatura di una nota frase di Longhi, da cui prende spunto la mostra: “Riconsegnare la critica, e perciò la storia dell’arte, nel cuore di una attività letteraria”.

Francesco Arcangeli, Roberto Tassi e Giovanni Testori, i primi 3 degli 8 letterati poeti scelti da Soldini, vissero la critica d’arte come attività principale. Mentre Attilio Bertolucci, Francesco Biamonti, Dante Isella, Giorgio Orelli e Vittorio Sereni la consideravano un’attività secondaria. “Ma tutti erano alla ricerca di quella ‘equivalenza’, tra scrittura e immagine, di un ‘parallelo’ o di un rispecchiamento tra poesia e pittura”, come racconta la mostra, che porta dall’informale degli anni ‘50 al nuovo figurativo degli anni ‘80. Non stupisce che l’idea sia venuta a Soldini, per anni Direttore di un museo dove si sono succedute rassegne di altissimo livello e appassionata ricerca. Le abbiamo raccontate da queste pagine, e quasi sempre avevamo potuto notare che, accanto alle opere di protagonisti in mostra, quali Carlo Carrà o Guccione, per citarne solo due, nelle vetrine delle sale fossero sempre anche le testimonianze di poeti e scrittori, compagnon de route degli amici artisti.

Brevi saggi o fondamentali testi di storia dell’arte firmate dagli stessi o riviste come Paragone, fondata da Longhi o libri di poesie, come quelli di Bertolucci e Sereni, che compaiono anche qui, nelle vetrine della prima sala grande. Dedicata agli 8 letterati, con un’opera, per ciascuno di loro, accanto al testo dell’artista prediletto. Indispensabile punto di partenza per sottolineare l’importanza di quel vicendevole sguardo critico che avrebbe dato tanti frutti. Non ci fosse stato, non avremmo oggi tale ricchezza di opere e di altissimi scritti. Accade invece in questa mostra, divisa in 8 sezioni. Con lavori di altissimo livello firmati da Giorgio Morandi, Francis Bacon, Alberto Burri, Luigi Broggini, Filippo De Pisis, Franco Francese, Alberto Giacometti, Renato Guttuso, Hans Hartung, Paul Klee, Fausto Melotti, Ennio Morlotti, Giancarlo Ossola, Ruggero Savinio, Graham Sutherland, Vittorio Tavernari, Varlin. Ma molti altri sono i nomi e le opere da incontrare. Molte hanno a che vedere anche con il territorio varesino, che ha dato i natali a Isella, Sereni e Piero Chiara. E che ha accolto Guttuso come un figlio.

Nello studio velatese dell’amico Renato nascevano ineguagliabili tramonti. Incendi veri e propri, nei cieli color cobalto delle più pure giornate, come nell’olio in mostra a Mendrisio, del 1958: “Tramonto sul lago di Varese”. Scrittore e filologo noto a livello internazionale il primo, Isella, fu a sua volta appassionato e coltissimo conteur di cose d’arte, nonché raffinato collezionista innamorato del ‘600. Fu amicissimo del poeta luinese Sereni, altra gloria letteraria e scopritore di talenti per Mondadori, capace di cimentarsi nella critica d’arte con la sua raffinata vena lirica, in larga parte rivolta al paesaggio luinese. Si vedano in proposito la foto di Renato Guttuso al cavalletto nel ‘79, nello studio di Velate, con Dante Isella alle spalle e anche la bella istantanea di quest’ultimo con Attilio Bertolucci durante le giornate dedicate a Sereni nel 1991, a Luino (tratte dall’archivio Isella). Dov’era quel mondo, caro anche al terzo amico citato in catalogo e in mostra, Piero Chiara, amico di Tavernari, a sua volta prediletto e raccontato spesso da Arcangeli e dallo stesso Guttuso. I 3 si frequentavano a Varese e spesso abbinavano ai loro lavori (opere d’arte o libri) i lavori dei compagni. Accadeva così che Chiara scrivesse per le opere di Tavernari e che Tavernari lavorasse di pennello per gli scritti di Chiara. O che solcassero insieme la porta dello studio del maestro di Bagheria.

Al quadro di Guttuso in mostra si accompagna, per l’appunto, il commento di Isella che racconta le peripezie del pittore per ritrarre il poeta Montale negli anni ‘30, quando, sceso a Roma in un albergo di poco prezzo, dovette affrontare una notte insonne per la presenza di numerosi topi. Lo stralcio narrativo è tratto dal catalogo “Mecenati e pittori”, pubblicato in occasione della mostra del 2002 per villa Menafoglio Litta Panza. Se qui prevale l’ironia, a colpire in mostra sono spesso anche parole forti, come quelle, “violentemente” descrittive, di Giovanni Testori e lo si vede in margine alla stupenda opera di Varlin “Bondo nella neve” (1970-72), che colloquia nella sala grande con lavori di Giacometti e Francis Bacon. Scrive Testori: “Lassù a pochi chilometri da Chiavenna, dove amava scendere quasi ogni giorno, a ridosso dei verdi, precipiti monti, fra poche case e pochissimi compaesani, Varlin udì, ascoltò e seguì con una dedizione folle e assoluta la voce delle Madri (…) spalancò le finestre del suo mondo minore e le spalancò talmente da sfasciare figure, case, spazi, templi e tempi. Al vento che cominciò a far tremare ogni dimensione, anche quelle delle avanguardie recenti e lontane, tutto, pur restando umilissimo, diventò enorme, acquistò per l’appunto la non afferrabile entità e misura di loro, i fantasmi. ‘Enter ghost’: dicevano a un certo punto delle tragedie, le didascalie shakespeariane. E così dicono, senza bisogno di didascalie, le ultime, grandi e insperate tele di Varlin” (Corriere della Sera, 17 maggio 1992).

Interessante e ricco di informazioni il catalogo di Casagrande, che verrà distribuito anche nelle librerie, con testi di Simone Soldini, Claudio Spadoni, Antonio Rossi e schede introduttive alle 8 sezioni della mostra di: Clelia Martignoni (Sereni), Renato Martinoni (Isella), Matteo Grassano (Biamonti), Silvia Trasi (Bertolucci), Ariele Morinini (Orelli), Giuseppe Frangi (Testori), Roberto Bazzocchi (Arcangeli), Ivo Lari (Tassi). Con ampie ricerche, documenti e foto, testimonianza di momenti preziosi della storia dell’arte in un territorio ricco di incontri, di forti personalità culturali e artistiche che spazia fino alla Pianura Padana.

Una storia di arte e di poesia

Arcangeli, Bertolucci, Biamonti, Isella, Orelli, Sereni, Tassi, Testori e i loro artisti
A cura di Simone Soldini e del Museo d’Arte di Mendrisio (CH).
Fino al 6 luglio 2025
Museo d’arte Mendrisio, Piazzetta dei Serviti 1, Mendrisio
Da martedì a venerdì: dalle ore 10.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 17.00
Sabato, domenica e festivi: dalle ore 10.00 alle 18.00

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