Seguendo il filo di Napoleone
Federica Mancini, storica dell’arte varesina, esperta di conservazione dei beni culturali e responsabile di collezioni al Louvre, svela il suo nuovo progetto
La varesina Federica Mancini, storica dell’arte, esperta di conservazione dei beni culturali e responsabile di collezioni al Louvre, svela il suo nuovo progetto che la porta a “dipanare la matassa” di un pezzo importante, anche economico, di storia francese, tra espressioni artistiche, società e tessile-moda. Sono oltre 6.000 i disegni dedicati alle uniformi dei diplomatici in corso di catalogazione al Museo parigino

Oltre 6.000 disegni: un’opera immane. Cosa ne è emerso?
Quest’ultima mia avventura è nata quasi per caso: si rendeva necessaria la catalogazione di un consistente corpo di disegni che si è rivelato una vera miniera d’oro. Non si trattava solo di abiti di personaggi di alto rango, diplomatici, funzionari e religiosi, ma anche di personale di servizio e persino decorazioni d’interni, tendaggi o elementi delle carrozze. I disegni più noti erano destinati al giorno dell’incoronazione di Napoleone ad imperatore, ma di fatto si ripercorre tutta la storia francese fino a fine ‘800, durante i primi decenni della Terza Repubblica (1870-1920). È risultato subito evidente che se ne sarebbe ricavato un censimento storico di valore inestimabile, in grado di dare un’idea dell’intensissima attività sartoriale e della diffusione mondiale del modello parigino.
È partita da un territorio con una forte vocazione tessile, per trovare il tessile al Louvre!
Sembra di dipanare un filo. La sorpresa, in effetti, è stata quella di poter ricostruire uno spaccato tanto prezioso di storia della moda, in special modo della ricamatura, ma anche delle filiere produttive, della vita e delle relazioni di sarti e stilisti parigini. Le opere restituiscono un ritratto dell’epoca molto vivace, a partire da una visione chiara dei rapporti gerarchici e del potere, che passano anche da abiti e decori, mettendo in luce le abitudini di governanti e diplomatici.
Cosa l’ha colpita di questa storia di potere?
La raffinatezza. Indubbiamente emerge uno spaccato del mondo del potere e della moda, che si intrecciano, che sono insieme savoir-faire ma soprattutto lusso e sfarzo. Un’attenzione al dettaglio, che caratterizzava le uniformi diplomatiche oltre due secoli fa, con obiettivi simili alla haute couture, da un punto di vista tecnico, ma portando avanti un discorso in filigrana, decisamente più sottile e complesso.
Si discosta un po’ dai suoi lavori più legati all’arte strettamente intesa…
Fin da ragazza, quando ho preso il patentino di guida turistica, ma già prima dai banchi di scuola, la mia passione per la storia dell’arte era ben chiara così come la speranza di lavorare al Louvre. In questo versante del ricamo nel tessile ho potuto apprezzare un mondo nuovo, come Agatha Christie alla ricerca degli indizi nascosti sui disegni, con iscrizioni di nomi, date, ruoli amministrativi insieme al motivo da ricamare, con indicato se a filo d’oro, d’argento, su velluto o panno. Federico Zeri diceva che per capire un’opera è fondamentale studiarne la cultura che la circonda. In questo lavoro posso vedere il progetto da una angolazione nuova che diventa anche storia della cultura ed economica. Da una parte c’è l’obiettivo di riabilitare il disegno come forma d’arte a tutti gli effetti, restituendogli il giusto prestigio, dall’altra quello di mettere in luce una produzione poco conosciuta, perché spesso gli archivi dei laboratori non sono stati conservati. Il campo dei disegni da ricamo rimane praticamente inesplorato. Questo progetto mira ad esplorarlo e a raccontare la genesi dell’industria del lusso, concentrandosi sulla parte della creazione stilistica del capo. E sulla storia della maison Picot e dei proprietari successivi con le sue influenze e il prestigio a livello internazionale, per restituire a tutti quei nomi, all’inizio sconosciuti, il loro spessore di professionisti e persone protagonisti di un mondo scomparso.


