OltreLago, il grano nuovo

A Laveno-Mombello, sulle rive del Lago Maggiore, prende forma l’installazione monumentale dell’artista Gabriele Garbolino Rù

OltreLago è il nome dell’installazione di Gabriele Garbolino Rù, artista e scultore piemontese noto, esposta a Laveno-Mombello nello spazio affacciato sul Lago Maggiore, antistante la Galleria Ottonovecento. Polo museale che dal 2001, in quanto spazio d’arte propositore di cultura, accanto alla conservazione della collezione permanente, si impegna nella ricerca e valorizzazione di artisti contemporanei italiani, affermati ed emergenti come Angelo Accardi, Stefano Bombardieri, Giorgio Tentolini, Giorgio Laveri, Antonio Pedretti. Dal 2020, nella nuova sede in via De Angeli, è consuetudine esporre grandi opere scultoree, grazie anche al solidale supporto, da diversi anni ormai, dell’azienda Goglio Spa di Daverio. Lo scorso anno era presente l’opera “Rosa Pallido Fenicottero” di Stefano Bombardieri e quello precedente Silvano Cei con “Schegge d’acqua”.

Quest’anno è stata collocata l’installazione gioiosa e molto particolare, curata da Stefano Silvestri, di Gabriele Garbolino Rù (1974), docente di Anatomia Artistica all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Dove, ottenuta la maturità artistica, si era a sua volta diplomato in Scultura sotto la guida di Riccardo Cordero. Oggi Garbolino è un artista di fama internazionale, le sue opere in terracotta, marmo, bronzo, alluminio e molto altro fanno parte di collezioni museali, tra cui il Parco di Scultura di Ostellato (Fe), la Fondazione Gianadda di Martigny (Ch) e il Parco d’Arte Quarelli (At) oppure sono esposte come monumenti pubblici. Gabriele Garbolino Rù ha partecipato a rassegne come la Biennale di Montreux, Equinozio d’Autunno a Rivara e Arte alle Corti a Torino, tutte nel 2023. Le sue personali più recenti si sono tenute a Bologna (“Ipotesi per un ritratto contemporaneo”), Agrigento (“Gabriele Garbolino Rù”) e Montevarchi (“Ritratto Multiforme”). Nel 2015 e nel 2024 ha vinto i concorsi Cei (Conferenza Episcopale Italiana), con opere per la Chiesa Redemptoris Mater a Cinisi (Pa) e per la Cappella del Buon Pastore, sede della Cei a Roma.

L’artista ha realizzato per Laveno 6 teste in marmo di nuotatori, 5 sono di giovanissime modelle (solo una è un autoritratto) immerse con le colorate cuffie nel verde del prato, come fosse una piscina color smeraldo vogliosa di sconfinare nel lago. Per chi osserva l’installazione l’effetto principale è, da subito, di avere sotto gli occhi una grande piscina animata da provetti nuotatori. Ma si potrebbe anche leggere il tutto come motivo di riflessione in un momento storico particolare, come quello che stiamo vivendo: forse persino richiamo a una voglia di lavacro (bagno ristoratore o purificatore), a una sete di vivere in acque pulite e, invece, non più rispettate dall’uomo. Rese torbide non solo dalla contaminazione irrispettosa di un mondo che non ama la natura, ma addirittura dal sangue dei sacrificati. Garbolino ha ricreato qui, nell’oasi verde di un prato fresco, la giocosa visione di un mondo altro, diverso, leggero, desideroso di nuovi spazi aperti e puliti sotto il cielo e sull’acqua.

Si leggono, nel lavoro del bravo artista, consolazione e una promessa benefica: è il salutare desiderio di evasione, innocente come lo sguardo delle sue nuotatrici. Lo si scopre osservandone i visi, bellissimi sotto cuffie da bagno e occhialini colorati e la loro voglia di andare. In galleria sono in mostra altre tre opere scultoree di Garbolino. La stessa dolcezza di un viso di bimba si ritrova in “Grano Nuovo”, opera del 2020 dedicata alla figlia che gioca seduta sulla sabbia, in un morso di spiaggia che le corre attorno. “Il titolo – spiega il curatore – ci fa riflettere sulle nuove generazioni, che, proprio come il grano nuovo, sono l’avvenire”.

Una seconda opera di Garbolino, intitolata “Torso”, ci rivela invece “in un virtuosismo classico, la conoscenza anatomica dell’autore, veicolata attraverso materiali duri ed eterni come il bronzo”. Nello spazio della galleria è anche una recente testa di bimbo in ceramica dipinta, sempre di Garbolino, forse omaggio alla ceramica lavenese: che ripropone il tema e il titolo di OltreLago, ma in materiale e dimensioni diverse. E guarda alla grande ceramica di Andlovitz e di Antonia Campi. Molti grandi maestri sono stati qui, studiando e lavorando con passione, in questo spicchio di lago e di cielo. E varrebbe il viaggio, un altro viaggio nella bellezza, per sentirsi raccontare e conoscere le opere esposte al vicino Museo di Cerro Midec, a pochi chilometri di distanza nell’antica casa Perabò, dove la storia della ceramica lavenese, e non solo, è raccontata fin dalla nascita. Spiega il curatore Saporiti che è consuetudine della galleria richiedere di presentare un’opera in ceramica a chi espone qui: “Non solo perché siamo in una delle patrie della ceramica”, ma perché “la ceramica è storicamente la prima manifestazione di arte scultorea che conosciamo, dopo la scoperta del fuoco”.

L’arte, insomma, che si rivede anche in quei profili perfetti, già pronti a fare la loro parte: nella vita e nel mondo. Il loro maestro, padre delle creature anche nella vita reale, sta alle loro spalle, le guarda, le segue, le protegge. Ma le lascia avanzare verso il futuro e la vita. C’è qualcosa di speciale, a nostro parere, in OltreLago, in quest’opera così diversa che torniamo di nuovo ad osservare, collocata davanti al Verbano: a starla a spiare sarebbe possibile non solo veder fremere i fili d’erba, ma ascoltare anche i singulti sommessi dell’acqua e il respiro trattenuto delle giovanissime nuotatrici e l’argentino rimbalzo degli schizzi. Forse è proprio un messaggio di speranza dedicato ai giovani, e soprattutto alle donne, ora più che mai vittime assolute, sempre loro, della rabbia del mondo. Si avverte nella finezza dei visi, nella sacralità del silenzio che accoglie il loro respiro, tutta la bellezza dell’arte ellenica. E appare, lo stesso luogo, come un tempio di pace. Dove chiunque possa sostare, ritemprarsi e forse anche i pastori Titiro e Melibeo, di virgiliana memoria, ritrovarsi vicini.

Per raccontarsi destini di prosperità, anziché l’esproprio di Melibeo dalla terra amata, una sorte ancora oggi attuale e temibile, come vediamo ogni giorno, per tanti poveri popoli. Lo stabilimento lavenese sorgeva proprio nell’area dove oggi sono collocate nuove strutture abitative e turistiche, davanti al Porticciolo. Il rimpianto per la sottrazione della vecchia fabbrica cara ai lavenesi, portatrice di lavoro e bellezza negli anni, dove Spertini, Andlovitz, Anna Campi, Reggiori e molti altri maestri hanno lavorato, è lenito dalla speciale cura dei nuovi spazi. Con tanto verde, fiori e la presenza di locali e caffè eleganti e curati. Laveno sarebbe da servire tutta così, su di un piatto di bellezza e attenzione all’ospite in vacanza. Nella raccolta avvenenza dello stupefacente panorama off erto al viaggiatore che, arrivando in treno, si trova davanti una cerchia serrata di monti affacciata sul lago. Oppure, giungendo in traghetto da Intra, osserva il paese, raccolto nel verde attorno al campanile, col suo grumo di case riflesse nell’acqua. O sparpagliate nell’intrico boschivo del Sasso del Ferro, là dove la bidonvia s’eleva verso il cielo. Una piccola Capri.

OltreLago

Galleria d’Arte Ottonovecento
Viale De Angeli 40, Laveno Mombello
Fino al 1° ottobre 2025

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