L’impresa di trasformare le canzoni in film

Tradurre in prodotti cinematografici le storie e le vite dei più famosi cantanti, musicisti e band: questo il compito di Sergio Vitaliti, varesino, Vicepresidente – Head of Finance di Polygram Entertainment

“Quello che realizziamo noi è un prodotto sempre più richiesto dal pubblico. La gente non vuole più solo sentire la musica, la vuole vedere, vuole immedesimarsi nei suoi protagonisti, vivere le loro vicende”. Sergio Vitaliti, classe 1977, varesino, laureato all’Università LIUC nel 2001 in economica aziendale, dopo un diploma di ragioneria all’Itc Daverio, è oggi Vicepresidente – Head of Finance di Polygram Entertainment, società del gruppo dell’Universal Music. Un ruolo di vertice in un comparto specifico del più ampio settore music & entertainment. Ossia quello della produzione di film, documentari, cartoni animati e serie su band, musicisti e cantanti. Due titoli che danno l’input al fenomeno, grazie all’enorme successo di pubblico e riconoscimenti a livello globale, sono quelli di “Amy” (2015), vincitore di un Academy Award per Migliore Documentario e del film sulla storia dei Queen e di Freddie Mercury “Bohemian Rhapsody” (2018). Entrambi non sono stati prodotti da Polygram, ma Universal Music ha in tutto o in parte i diritti musicali degli artisti di cui si parla.

“L’ecosistema video – racconta Vitaliti – non è mai stato così complesso e stimolante come oggi. Abbiamo assistito a un numero senza precedenti di fonti di creazione di contenuti, piattaforme di distribuzione e canali di fruizione e, di conseguenza, a un aumento complessivo del tempo dedicato alla visione di video. La televisione tradizionale ha storicamente dominato in termini di consumo video, ma il video digitale, in particolare quello mobile, è il formato in più rapida crescita per consumo. Tutti questi sviluppi hanno fatto aumentare il quantitativo di output che il mercato può assorbire, accrescendo la domanda di prodotto video e hanno offerto maggiori opportunità per poter connettere direttamente artisti e fan”.

Proprio per questo Universal Music decide, ad un certo punto, di rispolverare il brand di Polygram, storica major discografica, per affidargli la produzione di questo genere di film. Obiettivo: curare dall’inizio alla fine tutta la filiera, si direbbe in gergo industriale. “Io arrivo nel 2018”, continua a raccontare la sua storia Sergio durante un’intervista a Varesefocus che rilascia tramite video-call direttamente dalla sua casa a Los Angeles, dove vive dal 2010. “Prima di arrivare a Polygram ho lavorato per i precedenti tredici anni per Vivendi a cui Universal Music fa riferimento”. Per la holding francese, dal 2005, Vitaliti ricopre prima la posizione di Financial Director Europe per Blizzard Entertainment (proprietà di Vivendi), poi lavora nel dipartimento Audit, Progetti Speciali e Controlli Finanziari di Vivendi Holding, occupandosi di audit, controlli interni e operazioni di M&A delle società di Vivendi, soprattutto per il Nord e Sud America. Poi la nuova avventura in Polygram: “Arrivo con la produzione del documentario su Pavarotti, diretto da Ron Howard”. Esce nel 2019. L’anno dopo è la volta del documentario “The Bee Gees: how can you mend a broken heart” diretto da Frank Marshall e a seguire, molti altri.

“Da startup, anche se facente parte di un gruppo dell’entertainment di primo ordine, ad affermata società di produzioni cinematografiche e TV, il viaggio è stato lungo ed impervio, ma come sempre, il duro lavoro e l’umiltà premiano”. Di tutti questi progetti, racconta Sergio, “io entro a far parte sin dall’inizio. Il mio dipartimento è quello che rende finanziariamente possibile ciò che hanno in mente i creativi. Verifichiamo la sostenibilità economica e curiamo il budget. E se tutto quadra si dà il via libera alla produzione. Qui è fondamentale il rispetto dei tempi e del budget. Gestire eventuali sforamenti. Anticipare i problemi e risolverli”. Una gestione di un processo complesso che richiede hard e soft skill. “Le hard sono sicuramente quelle legate alla preparazione tecnica che si acquisisce con studio ed esperienza. Anche i più grandi creativi e i miglior tiktoker al mondo hanno bisogno di qualcuno che gestisca la parte finanziaria del successo”. Quel qualcuno sono manager come Vitaliti: “C’è bisogno però anche di competenze relazionali e di comunicazione. Lavori con l’entourage di star del calibro del regista Ron Howard o di Sir Paul McCartney. Tutte persone di fronte alle quali devi saper tenere il punto, con cui a volte sei costretto a dire dei no, anche se a malincuore, o comunque a mediare. In questo settore è anche fondamentale essere in grado di distinguere le persone che hanno un progetto importante per le mani da quelle invece che non hanno le basi per portare a termine un contenuto o anche solo i contatti giusti per avviarlo”. In poche parole: “Devi saper tenere i creativi con i piedi per terra”. Ben piantati nella realtà della finanza e della sostenibilità economica.

Ultimo lavoro curato, il documentario uscito di recente su Netflix “Selena y Los Dinos: A Family’s Legacy”, su una delle cantanti latine più influenti di sempre: Selena Quintanilla, uccisa nel 1995. “Magari meno conosciuta da noi, ma dal grande seguito in Nord e Sud America”. Non sempre però il primo approdo di un prodotto di entertainment sono le piattaforme. “Dipende”, spiega Vitaliti che si occupa anche di questo aspetto della filiera: “La parte della vendita funziona per windows, finestre. Tradizionalmente si parte con i cinema, dove il film rimane per periodi sempre più brevi. Magari settimane o addirittura giorni. Poi il produttore generalmente torna proprietario dei diritti e li vende alle piattaforme di streaming. Solo alla fine si arriva alla tv in chiaro. Non sempre però. Sui canali via cavo arriva solo il prodotto di migliore qualità. I prezzi a cui si vende qui sono in genere più bassi”. Il mondo però sta cambiando: “Le piattaforme sono sempre più importanti e spesso sono loro a gestire l’uscita nei cinema anche se per pochi giorni, giusto quelli che danno poi il diritto di partecipare agli Oscar”.

Il successo Vitaliti se lo è guadagnato sul campo: “Ho fatto tante esperienze partendo dall’Italia, poi Parigi, oggi la West Coast. Spesso mi sono buttato, ma sempre rimettendomi in gioco con studio e tanto spirito di sacrificio. Dormendo poche ore a notte e dando l’anima su progetti e nuovi incarichi”. In tutto questo “lo studio alla LIUC è stato fondamentale, così come il ruolo del placement subito dopo la laurea. Ricevevo decine di telefonate al giorno dalle aziende. Anche la vita nel campus mi ha aiutato”. Uno studente modello? “Oddio, sono uscito con un voto molto alto, sulla condotta invece…”

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